2021-06-18
L’obbligo vaccinale per i sanitari lascia ospedali e Rsa senza personale
L'imposizione della puntura a medici e infermieri, pena il demansionamento o sospensione, danneggia Asl e cliniche prive dei lavoratori necessari a sostituire chi rifiuta il siero. Solo in Piemonte sono almeno 20.000.L'azienda tedesca Curevac comunica il fallimento dei test sul farmaco. Crollo del titolo del 50%. Bruxelles aveva già opzionato 405 milioni di dosi, l'Italia 30. Silvio Garattini: «Strada chiusa».Lo speciale contiene due articoli.Non hanno voluto il vaccino ma se li spostano o vengono lasciati a casa, chi rimane a lavorare nei reparti e nelle residenze per anziani? La notizia che solo in Piemonte, a giugno, siano 5.000 i dipendenti della sanità pubblica non vaccinati, aiuta a comprendere perché fatta una legge si debba poi poterla applicare. Il problema non viene risolto con imposizioni e sanzioni. Almeno 700 operatori socio sanitari, 550 infermieri e 250 medici della Regione amministrata da Alberto Cirio non hanno rispettato l'obbligo vaccinale del decreto 1 aprile. Sommandoli ad altri addetti del settore, sono almeno 20.000 in terra sabauda. Sembra che provvedimenti come demansionamenti, o sospensione dal lavoro senza stipendio dei recalcitranti al diktat non scatteranno prima della fine dell'estate. Il Piemonte almeno è stato trasparente, ha reso noti i dati, mentre le direzioni sanitarie di Regioni come Lombardia, Veneto, Emilia Romagna o Lazio non comunicano i numeri della defezione. Il decreto legge del governo Draghi, lo ricordiamo, ha disposto l'obbligo della vaccinazione anti Covid per coloro che lavorano in ospedali, cliniche private e case di riposo, ma anche in farmacie e negli studi professionali a diretto contatto con i pazienti. Il sanitario in grado di dimostrare con un certificato di esonero, rilasciato dopo aver presentato documentazione clinica, che il vaccino lo espone a un rischio per la salute, può non farsi la punturina senza subire conseguenze. Eccezioni a parte, immunizzarsi con un farmaco anti Covid costituisce requisito essenziale per l'esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative di medici, infermieri e personale socio sanitario, pena lo spostamento ad altre mansioni anche di livello inferiore che non «implicano contatti interpersonali». Quando una diversa assegnazione non è possibile, dovrebbe scattare la sospensione non retribuita dal lavoro «fino al completamento del piano vaccinale nazionale e comunque non oltre il 31 dicembre 2021». Il condizionale è d'obbligo, perché se davvero le aziende sanitarie locali e gli ordini professionali dei farmacisti avevano una ventina di giorni di tempo per comunicare la sospensione a quanti non hanno osservato l'obbligo, in base agli elenchi dei servizi informativi vaccinali, da aprile ad oggi avremmo conferma di decine di migliaia di cambi di mansioni e di un numero assai elevato di persone costrette a casa, perché non collocabili in altra posizione. Pochissimo, quasi nulla invece filtra. Facendo due conti, con la penuria di medici e infermieri nei nostri ospedali e centri salute, solo guardando al Piemonte sarebbe drammatico sostituire 550 infermieri e 250 medici che non vogliono vaccinarsi. Che cosa li mettono a fare? Dove vanno a trovare altri sanitari da mettere in corsia? Secondo Fnopi, la Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche, in Italia mancherebbero tra i 50 e i 60.000 infermieri. Una «carenza documentata da molto tempo e che ogni anno peggiora», ha spiegato la presidente, Barbara Mangiacavalli, sottolineando come «ora, con il necessario recupero di un'assistenza di qualità anche verso i pazienti non Covid, potrebbe trasformarsi in un serio rischio per la salute». Il Sole 24 Ore ipotizzava a metà maggio che fossero ancora 85.000 i sanitari non vaccinati in tutta Italia. Se siano tanti o pochi e se rappresentino davvero un problema per i pazienti, non sono in questo contesto le questioni fondamentali: chiediamoci perché una legge non viene rispettata. Senza entrare nel merito se sia giusto o meno un obbligo vaccinale solo per medici e infermieri, e delle motivazioni che «possono essere plurime» come ha sottolineato l'ex pm Antonio Rinaudo, coordinatore dell'area giuridica dell'Unità di crisi del Piemonte, proviamo a comprendere quali margini di manovra possano avere le Asl, che dovrebbero sospendere i sanitari non vaccinati. Spostandoli dalla sala operatoria, o dalla corsia, all'archivio documenti? E chi azionerà bisturi e flebo al loro posto? Sicuramente toccherebbe ai colleghi, costretti a ulteriori turni e a rinunciare a ferie perché il personale è risicato, quindi appare chiaro che un'azienda sanitaria locale si prende tutto il tempo possibile prima di decidere sospensioni di medici, infermieri e di coloro che realizzano attività di supporto diagnostico e terapeutico. Franco Massi, presidente di Uneba, la principale associazione di categoria del settore sociosanitario, su Vita.it un mese fa osservava anche: «Sembra che i legislatori non sappiano che coloro che si occupano dell'alimentazione e dell'igiene personale degli ospiti, così come della pulizia dei luoghi, sono più vicini agli anziani di medici ed infermieri». Aggiunse che in questo senso «il legislatore manca totalmente di coerenza». C'è un'altra questione, paradossale. Il personale sanitario vaccinato, che entra in contatto con un positivo al Covid, deve comunque sottoporsi a quarantena perché non è certo che non possa trasmettere il virus. Qual è allora il senso di un obbligo vaccinale?<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/obbligo-vaccinale-rsa-senza-personale-2653421877.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="flop-curevac-efficacia-solo-al-47" data-post-id="2653421877" data-published-at="1623971271" data-use-pagination="False"> Flop Curevac: efficacia solo al 47% Brutte notizie in casa Curevac. L'azienda farmaceutica tedesca ha infatti annunciato ieri di aver fallito l'obiettivo per il suo vaccino «CVnCoV». In uno studio di Fase 3, il preparato ha dimostrato efficacia pari al 47%, insufficiente per lo standard qualitativo per un vaccino contro il Covid, che l'Organizzazione mondiale della Sanità ha posto al 70%. «Avevamo sperato in risultati più solidi nell'analisi, ma abbiamo scoperto che è difficile ottenere un'elevata efficacia a causa della presenza di questa gamma di varianti senza precedenti. Stiamo continuando lo studio fino all'analisi finale», ha affermato Franz-Werner Haas, amministratore delegato di CureVac. «Inoltre, l'ambiente ricco di varianti sottolinea l'importanza di sviluppare vaccini di nuova generazione man mano che continuano ad emergere nuove varianti di virus». L'analisi ad interim si è basata su 134 casi di Covid nello studio con circa 40.000 volontari in Europa e America Latina. I tamponi positivi, 124, sono stati sequenziati. Il 57% dei casi è stato causato dalle cosiddette «varianti di preoccupazione» più altamente trasmissibili. Tra i ceppi identificati, però, non c'erano quello sudafricano e indiano. Un'ulteriore debolezza del preparato riguarda le fasce d'età dove si è rivelato più efficacie, ossia tra i più giovani, ma non negli over 60, proprio la categoria che maggiormente necessita di essere immunizzata. «Continueranno i trial e proveranno a cambiare formulazione, dosaggio, tempistiche, e non è escluso che i dati possano migliorare, ma direi che probabilmente questa strada si è chiusa», ha osservato il farmacologo Silvio Garattini, presidente dell'Istituto Mario Negri. L'azienda, sostenuta dal governo tedesco, dagli investitori Dietmar Hopp, dalla Fondazione Gates e dalla GlaxoSmithKline, aveva l'obiettivo di produrre fino a 300 milioni di dosi nel 2021 e fino a un miliardo di dosi nel 2022 Di conseguenza, l'esito deludente delle sperimentazioni su quello che doveva essere il terzo vaccino a tecnologia mRna sul mercato (come Pfizer e Moderna, efficaci al 95%) è un duro colpo anche per l'Europa, con cui CureVac aveva firmato un accordo per la fornitura di 405 milioni di dosi (di cui 180 opzionali). E la stessa Italia ne attendeva oltre 30 milioni, una cifra superiore a quella dell'intera fornitura del vaccino Johnson & Johnson. «La Commissione europea e gli Stati membri, nello Steering board, seguono da vicino la questione della ridotta efficacia del vaccino di Curevac, e attendono la valutazione dell'Ema», ha dichiara un portavoce dell'Esecutivo comunitario. «Il contratto stipulato con l'azienda farmaceutica, è disponibile online, e prevede una serie di clausole anche sulle scadenze di consegna delle dosi», spiega il portavoce a chi chiede se vi sia la possibilità di rescindere il contratto. «Ma - aggiunge - non stiamo assolutamente conducendo questo tipo di discussione». Il primo effetto del flop dell'azienda, com'era prevedibile, è stato il tonfo in Borsa del titolo, crollato del 50,6%, da 94,79 dollari a 47,64 dollari per azione.
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
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Mark Zuckerberg (Getty Images)