2020-06-26
Obama e Biden incastrati dal biglietto dello «007». Indagini illegali su Trump
Obama e Joe Biden (Getty images)
La Corte federale d'appello ha chiuso il caso dell'ex consigliere per la sicurezza del tycoon. L'allora presidente e l'attuale candidato dem volevano sabotare Flynn.Obamagate: si avvicina la «pistola fumante»? Dopo che mercoledì una corte federale d'appello ha chiuso il caso contro il generale Mike Flynn, il suo team legale ha diffuso un documento - ottenuto dal procuratore Michael Sherwin - che rischia di mettere in imbarazzo l'amministrazione Obama. Si tratta di alcune note scritte a mano, attribuite all'allora agente dell'Fbi, Peter Strzok.Strzok - ricordiamolo - finì nella bufera, dopo che venne reso noto un suo messaggio inviato, nel pieno della campagna elettorale americana del 2016, alla propria amante, in cui assicurava che si sarebbe impegnato per bloccare l'ascesa politica di Donald Trump. Strzok fu, tra l'altro, colui che riaprì l'indagine federale sullo stesso Flynn, appena poche ore dopo che - il 4 gennaio 2017 - l'Fbi l'aveva chiusa per assenza di «informazioni dispregiative». E sempre Strzok figurò tra gli agenti che presero parte al controverso interrogatorio del generale il 24 gennaio 2017.Tornando alle sue note, non è chiaro con esattezza quando questi appunti siano stati scritti: nonostante - secondo Sherwin - risalgano ai primi giorni del gennaio 2017, non c'è una data precisa. Tutto questo, sebbene - visti gli argomenti trattati e le persone citate - non è escludibile che il documento sia stato redatto in occasione dell'ormai famoso meeting, tenuto alla Casa Bianca il 5 gennaio 2017, cui presero parte Obama, Joe Biden, il direttore dell'Fbi, James Comey, il consigliere per la sicurezza nazionale, Susan Rice, e il viceministro della Giustizia, Sally Yates. Un meeting in cui - ricordiamolo - si discusse delle conversazioni intercettate a dicembre 2016 tra Flynn e l'ambasciatore russo, Sergej Kislyak. Ebbene, che cosa c'è scritto di così controverso in questi brevi appunti? Sono tre i passaggi da sottolineare. In primis, Strzok attribuisce a Obama (identificato con la «P» di «presidente») la seguente frase: «Assicuratevi di guardare le cose e di avere le persone giuste su questo». In secondo luogo, l'agente attribuisce a Biden (identificato con «VP», cioè «vicepresidente») di aver detto: «Logan Act». Infine, Strzok attribuisce a Comey (identificato con «D», cioè «direttore dell'Fbi») l'asserzione: «Le telefonate tra Flynn e Kislyak sembrano legittime».Cominciamo proprio da Comey, la cui posizione appare abbastanza grave. Se lui stesso considerava all'epoca «legittime» le conversazioni tra Flynn e il diplomatico russo, per quale ragione accettò di riaprire l'indagine sul generale? Tra l'altro, le trascrizioni di quei colloqui sono state rese pubbliche il mese scorso ed è emerso in tutta evidenza che non contenessero alcun elemento problematico per la sicurezza nazionale: Flynn si limitò infatti a chiedere a Kislyak che la Russia replicasse eventualmente alle sanzioni di Obama in modo proporzionato, onde evitare un deragliamento dei rapporti tra Washington e Mosca. Il sospetto di un movente politico si fa quindi sempre più fondato. Ricordiamo, per inciso, che la notizia dell'esistenza di quelle telefonate venne illegalmente consegnata alla stampa da qualche esponente dell'amministrazione Obama e che il Washington Post la pubblicò il 12 gennaio 2017, scatenando una bufera sull'amministrazione Trump (che si sarebbe insediata otto giorni più tardi).Un altro aspetto preoccupante riguarda poi le parole che Strzok attribuisce a Obama: parole che suggeriscono come l'allora presidente possa aver ordinato all'Fbi di proseguire l'inchiesta su Flynn, specificando di ricorrere alle «persone giuste». Va da sé che, se le cose stessero così, Trump avrebbe ragione nell'affermare di essere stato spiato dal proprio predecessore. E non si capirebbe su quali basi, se non per motivazioni di natura politica, visto che l'Fbi non aveva reperito alcun illecito da parte del generale. Scenari, insomma, che evocano inquietantemente il Watergate. Resta infine il ruolo di Biden. Dal memo non si capisce se costui abbia suggerito di incriminare Flynn per violazione del Logan Act (legge del 1799 che vieta ai privati di occuparsi della politica estera americana) o se abbia solo citato una simile eventualità. Tra l'altro, secondo una mail di Susan Rice, sembrava che fosse stato Comey ad avanzare nel meeting del 5 gennaio una simile proposta: proposta ben strana, visto che Flynn era consigliere per la sicurezza nazionale in pectore ed era pertanto suo diritto avere colloqui con diplomatici stranieri. L'unica cosa certa che emerge dal memo è che Biden fosse consapevole delle indagini su Flynn e che avesse attivamente voce in capitolo sulla questione. Ricordiamo che, in un primo momento, l'attuale candidato dem avesse detto di non sapere nulla dell'inchiesta, per poi correggersi specificando di esserne soltanto vagamente informato. Peccato che gli appunti di Strzok sembrino suggerire altro: i vertici della Casa Bianca sapevano ed erano probabilmente coinvolti in modo attivo nel procedimento. Obamagate rischia quindi di rilevarsi qualcosa di più sostanzioso di una mera «teoria del complotto». E la «pistola fumante» in grado di inchiodare l'ex presidente potrebbe non essere poi così lontana.
Operazioni di soccorso dopo il crollo ai Fori Imperiali (Getty Images)
Una donna in preghiera in una chiesa nei pressi di Lagos, Nigeria (Getty Images)