Sulle tracce dell’assassino – Il caso Yara: la docuserie di Nove, in onda alle 21.25 di giovedì 1 e 8 dicembre e disponibile in streaming su Discovery+, si spinge oltre la cronaca, trova il presente, le sue rivendicazioni. Un racconto in due parti, costruito per dar voce a domande che, a oggi, ancora mancano di una risposta.
Sulle tracce dell’assassino – Il caso Yara: la docuserie di Nove, in onda alle 21.25 di giovedì 1 e 8 dicembre e disponibile in streaming su Discovery+, si spinge oltre la cronaca, trova il presente, le sue rivendicazioni. Un racconto in due parti, costruito per dar voce a domande che, a oggi, ancora mancano di una risposta.Sulle tracce dell’assassino – Il caso Yara, parte di un ciclo, Nove Racconta, che ha saputo far luce sulla storia recente dell’Italia, comincia dal principio. Dal 26 novembre 2010, da un pomeriggio buio di fine autunno, dalla scomparsa della tredicenne, Yara Gambirasio, che sarebbe diventata la figlia di tutti, la bambina di ogni famiglia.La docuserie inizia allora, affidando la narrazione di quel caso di cronaca a chi vi ha preso parte: esponenti delle forze dell’ordine, carabinieri dei Ris di Parma, giornalisti di testate nazionali e locali, criminologi e studiosi, esperti di Dna, ripercorrono quel che è successo a Yara. Lo fanno parlando per sé, ciascuno con il proprio carico di opinioni e ricordi. Parole che si alternano alle immagini di repertorio. L’area dove Yara scomparve, nei settecento metri fra la sua palestra e la casa dei genitori, a Brembate Sopra, le zone toccate dalla ricerca, infine il campo in disgelo, a Chignolo d’Isola, dove il suo corpo venne ritrovato un sabato di febbraio, nel 2011. Sulle tracce dell’assassino – Il caso Yara parte dal principio per arrivare alla conclusione del caso. Ma la fine, così come la giustizia l’ha decretata, con tre diversi gradi di giudizio e la conferma di una sentenza d’ergastolo, non è che l’inizio di una spirale di dubbi e domande. La docuserie di Nove, in onda alle 21.25 di giovedì 1 e 8 dicembre e disponibile in streaming su Discovery+, si spinge oltre la cronaca, trova il presente, le sue rivendicazioni. La pretesa d’innocenza di Massimo Bossetti, il cui profilo genetico è stato trovato sulle mutande e sui leggings della tredicenne. La fiducia cieca che nel muratore di Mapello ripongono la sua famiglia e il suo legale. L’opinione pubblica divisa, di fronte ad un’indagine genetica che non ha nel mondo alcun precedente. Sono state decine di migliaia le persone schedate nella valle bergamasca, alla ricerca di una corrispondenza con le tracce trovate su quella bimba in evoluzione. Alcune si sono offerte spontaneamente, altre sono state fermate con dei pretesti. E, alla fine dell’operazione, un profilo è stato individuato. Un uomo ha avuto una corrispondenza con Ignoto 1, l’assassinio sconosciuto della piccola Yara. Doveva esserne parente. Corpi sono stati riesumati, paternità sono state messe in discussione. L’indagine per trovare l’assassinio della tredicenne ha scoperchiato un vaso paesano di Pandora, svelando altarini che il tempo aveva messo a tacere. Massimo Bossetti, figlio illegittimo di un conducente di corriera, è stato consegnato alla giustizia. Era Ignoto 1. Lo era per la scienza, per le analisi del Dna. Non, però, per l’opinione pubblica. Benché la giustizia abbia individuato in Bossetti, padre di famiglia all’apparenza mite, l’assassinio di Yara Gambirasio, qualcuno ha creduto ad un errore. Una sorta di complotto. La necessità di trovare un colpevole, un capro espiatorio. E, sulla scissione dell’opinione pubblica, diversi programmi sono stati imbastiti. Sulle tracce dell’assassino – Il caso Yara, di questi programmi, è l’ultimo fatto. E bene, pure. Ma la qualità del prodotto, in questo caso, non basta ad annullare nello spettatore l’impressione che troppo ancora sia detto. Il mostro che ha spezzato la vita di una tredicenne ha un nome e un volto. Lo ha per la scienza e per la giustizia. Continuare a rivangare quello che è stato, negando alla piccola la pace che meriterebbe, porta con sé un disagio immenso.
Il Tempio di Esculapio, all’interno del parco di Villa Borghese (IStock)
La capitale in versione insolita: in giro dal ghetto ebraico a Villa Borghese, tra tramonti, osterie e nuovi indirizzi.
John Lennon e la cover del libro di Daniel Rachel (Getty Images)
Un saggio riscrive la storia della musica: Lennon si ritraeva come il Führer e Clapton amava il superconservatore Powell.
L’ultimo è stato Fedez: dichiarando di preferire Mario Adinolfi ad Alessandro Zan e scaricando il mondo progressista che ne aveva fatto un opinion leader laburista, il rapper milanese ha dimostrato per l’ennesima volta quanto sia avventata la fiducia politica riposta in un artista. Una considerazione che vale anche retrospettivamente. Certo, la narrazione sul rock come palestra delle lotte per i diritti è consolidata. Non di meno, nasconde zone d’ombra interessanti.
Gianrico Carofiglio (Ansa)
Magistrato, politico in quota Pd per un breve periodo e romanziere. Si fa predicatore del «potere della gentilezza» a colpi di karate. Dai banchi del liceo insieme con Michele Emiliano, l’ex pm barese si è intrufolato nella cricca degli intellò scopiazzando Sciascia.
(IStock)
Pure la Francia fustiga l’ostinazione green di Bruxelles: il ministro Barbut, al Consiglio europeo sull’ambiente, ha detto che il taglio delle emissioni in Ue «non porta nulla». In Uk sono alle prese con le ambulanze «alla spina»: costate un salasso, sono inefficienti.
Con la Cop 30 in partenza domani in Brasile, pare che alcuni Paesi europei si stiano svegliando dall’illusione green, realizzando che l’ambizioso taglio delle emissioni in Europa non avrà alcun impatto rilevante sullo stato di salute del pianeta visto che il resto del mondo continua a inquinare. Ciò emerge dalle oltre 24 ore di trattative a Bruxelles per accordarsi sui target dell’Ue per il clima, con alcune dichiarazioni che parlano chiaro.







