
Monsignor Antonio Suetta: «La multiculturalità invocata per sminuire la matrice cristiana è il rinnegamento di ciò che ci è proprio». Massimo Camisasca: «Il voto solo a chi difende la vita».L'Europa laicista e anticristiana che sembra non turbare padre Antonio Spadaro, il gesuita direttore di Civiltà Cattolica nonché potente consigliere di papa Bergoglio, e che non allarma i giornali cattolici schierati a favore delle migrazioni di massa e del politicamente corretto, per fortuna non piace a tutti gli uomini di Chiesa. Due vescovi (sicuramente altri lo faranno) sono scesi in campo in vista delle elezioni del 26 maggio, ricordando valori e principi che devono accompagnare un voto secondo coscienza cattolica. Monsignor Antonio Suetta, a capo della diocesi di Ventimiglia Sanremo, ha voluto condividere alcune riflessioni sull'importanza dell'appuntamento elettorale perché «l'Europa», ha ricordato, «è realtà culturale e storica, prima ancora che aggregazione di Stati o di sistemi finanziari». Lo stesso ha fatto monsignor Massimo Camisasca, vescovo di Reggio Emilia, sensibilizzando i fedeli sul voto per le comunali. Monsignor Suetta osserva come «in questi anni purtroppo abbiamo registrato una tendenza culturale volta a cancellare, nascondere e ridimensionare la matrice cristiana dell'Europa. Un pensiero anticristiano si è affermato come egemone, in nome di una singolare tolleranza interreligiosa e di una malintesa laicità». Netta e chiara la critica di Suetta a un'Europa che vorrebbe «cittadini europei che non si sentano più né cristiani, né italiani, né francesi, né padri, né madri, né maschi, né femmine». Mette in guardia: «Le leggi sull'eutanasia e sull'aborto nonché tutta la questione delle rivendicazioni gender hanno mostrato il limite e la pericolosità di questo pensiero». Cita un pensiero di papa Ratzinger: «Ogni popolo europeo può e deve riconoscere che la fede ha creato la propria patria e che perderemmo noi stessi sbarazzandoci della nostra fede» e avverte: «Un'Europa costruita sulla convinzione che dimensione religiosa e identità vadano cancellate, che l'anima dell'Europa sia non avere un'anima, è un'Europa destinata a dissolversi». Suetta pone l'accento su un Occidente che sembra vergognarsi della propria storia, con il risultato che molti finiscono «vittime di un “complesso occidentale", in cui si enfatizza un presunto debito della nostra civiltà verso altre». Mentre l'Europa rifiuta le proprie fondamenta religiose e «insegue spiritualità esotiche», il vuoto di scelte e di valori fa sì che «i figli sono visti come minaccia per il benessere e l'indipendenza; a ciò si aggiunga la diminuzione delle unioni matrimoniali e la fragilità delle stesse». Il vescovo di Sanremo ha parole di critica anche per la multiculturalità «da tanti spesso invocata e auspicata per annacquare e sminuire la matrice cristiana dell'Europa», perché «significa in realtà il rinnegamento di ciò che ci è proprio». Avanza sospetti nei confronti di quegli ideologi «che oggi sostengono la necessità di “trapianti" dal di fuori, che annullino l'identità europea e la ricostituiscano su altre basi». Il vescovo crede invece che «solo un'Europa capace di ritrovare sé stessa» possa essere in grado di accogliere migranti «senza che il trapianto diventi “colonizzazione" o “sostituzione"». Le riflessioni di monsignor Antonio Suetta sono davvero tante e di straordinaria lucidità, anche quando afferma che occorre «recuperare il principio di vera e buona sovranità», per rispondere alle esigenze dei cittadini che si sentono schiacciati da «un potere globale lontano e inavvicinabile che non ascolta più il popolo». Perfetta rappresentazione dell'odierna Unione europea. Nella parte conclusiva, il vescovo ligure esorta a scegliere candidati politici «idonei a custodire e incrementare la nostra bimillenaria civiltà cristiana» e che mettano al primo posto i valori «non negoziabili». Appello anche di monsignor Massimo Camisasca perché alle comunali vengano elette «persone che abbiano a cuore la difesa della vita in ogni momento del suo svolgimento» e perché sia «riconosciuta l'importanza della famiglia formata dall'incontro stabile fra l'uomo e la donna, nucleo centrale del formarsi della società civile, della trasmissione della vita e dell'educazione dei figli».
Un frame del video dell'aggressione a Costanza Tosi (nel riquadro) nella macelleria islamica di Roubaix
Giornalista di «Fuori dal coro», sequestrata in Francia nel ghetto musulmano di Roubaix.
Sequestrata in una macelleria da un gruppo di musulmani. Minacciata, irrisa, costretta a chiedere scusa senza una colpa. È durato più di un’ora l’incubo di Costanza Tosi, giornalista e inviata per la trasmissione Fuori dal coro, a Roubaix, in Francia, una città dove il credo islamico ha ormai sostituito la cultura occidentale.
Scontri fra pro-Pal e Polizia a Torino. Nel riquadro, Walter Mazzetti (Ansa)
La tenuità del reato vale anche se la vittima è un uomo in divisa. La Corte sconfessa il principio della sua ex presidente Cartabia.
Ennesima umiliazione per le forze dell’ordine. Sarà contenta l’eurodeputata Ilaria Salis, la quale non perde mai occasione per difendere i violenti e condannare gli agenti. La mano dello Stato contro chi aggredisce poliziotti o carabinieri non è mai stata pesante, ma da oggi potrebbe diventare una piuma. A dare il colpo di grazia ai servitori dello Stato che ogni giorno vengono aggrediti da delinquenti o facinorosi è una sentenza fresca di stampa, destinata a far discutere.
Mohamed Shahin (Ansa). Nel riquadro, il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (Imagoeconomica)
Per il Viminale, Mohamed Shahin è una persona radicalizzata che rappresenta una minaccia per lo Stato. Sulle stragi di Hamas disse: «Non è violenza». Monsignor Olivero lo difende: «Ha solo espresso un’opinione».
Per il Viminale è un pericoloso estremista. Per la sinistra e la Chiesa un simbolo da difendere. Dalla Cgil al Pd, da Avs al Movimento 5 stelle, dal vescovo di Pinerolo ai rappresentanti della Chiesa valdese, un’alleanza trasversale e influente è scesa in campo a sostegno di un imam che è in attesa di essere espulso per «ragioni di sicurezza dello Stato e prevenzione del terrorismo». Un personaggio a cui, già l’8 novembre 2023, le autorità negarono la cittadinanza italiana per «ragioni di sicurezza dello Stato». Addirittura un nutrito gruppo di antagonisti, anche in suo nome, ha dato l’assalto alla redazione della Stampa. Una saldatura tra mondi diversi che non promette niente di buono.
Nei riquadri, Letizia Martina prima e dopo il vaccino (IStock)
Letizia Martini, oggi ventiduenne, ha già sintomi in seguito alla prima dose, ma per fiducia nel sistema li sottovaluta. Con la seconda, la situazione precipita: a causa di una malattia neurologica certificata ora non cammina più.
«Io avevo 18 anni e stavo bene. Vivevo una vita normale. Mi allenavo. Ero in forma. Mi sono vaccinata ad agosto del 2021 e dieci giorni dopo la seconda dose ho iniziato a stare malissimo e da quel momento in poi sono peggiorata sempre di più. Adesso praticamente non riesco a fare più niente, riesco a stare in piedi a malapena qualche minuto e a fare qualche passo in casa, ma poi ho bisogno della sedia a rotelle, perché se mi sforzo mi vengono dolori lancinanti. Non riesco neppure ad asciugarmi i capelli perché le braccia non mi reggono…». Letizia Martini, di Rimini, oggi ha 22 anni e la vita rovinata a causa degli effetti collaterali neurologici del vaccino Pfizer. Già subito dopo la prima dose aveva avvertito i primi sintomi della malattia, che poi si è manifestata con violenza dopo la seconda puntura, tant’è che adesso Letizia è stata riconosciuta invalida all’80%.






