
Nella piattaforma che ha sostenuto l'ascesa dell'ex sindaco di Firenze e consentito la Leopolda c'erano anche i tre grandi alleati dell'ex segretario pd. Tutti con ruoli apicali.L'immagine simbolo della Fondazione Open non è quella che tutti immaginano. Alberto Bianchi in smoking a un gran galà. Bensì quella che ritrae i tre pilastri del Giglio magico. Maria Elena Boschi è stata infatti segretaria generale di Open, Luca Lotti e Marco Carrai si sono seduti per anni nel consiglio della Fondazione. Tutti assieme hanno creato la grande rampa di lancio per la scalata di Renzi alla segreteria del Pd e poi più in alto fino alla presidenza del Consiglio.Senza Open non ci sarebbe stata la Leopolda, non sarebbe stato possibile avviare la grande raccolta fondi che ha garantito politicamente la copertura dei progetti, le strategie e banalmente tutta la macchina logistica senza la quale non ci si candida alla grandi poltrone. Ma soprattutto senza il trio Lotti, Boschi e Carrai non sarebbe stato possibile avviare il Giglio magico alla seconda fase, quella di comando. È bene segnalare che le decisioni, tutte le decisioni importanti venivano prese lì dentro e nelle immediate vicinanze. Basti pensare che gli uffici dello studio di Bianchi sono praticamente contigui a quelli della Fondazione renziana e che non distante si trovava lo studio dell'avvocato Alberto Tombari. Per due mandati presidente della fondazione Cassa di risparmio di Firenze, il professionista è noto negli ambienti che ruotano attorno al Giglio magico perché nel suo studio lavorò, fresca di laurea, proprio la Boschi. Lo stesso studio dove l'ex sottosegretaria incontrò Francesco Bonifazi, ex tesoriere del Pd. Tra i vari incarichi ricoperti nel capoluogo toscano, Tombari è stato anche presidente di Firenze Mobilità ai tempi di Renzi sindaco. Una società chiave nella gestione delle casse fiorentine pari alla Firenze Parcheggi che aveva come amministratore delegato Marco Carrai, oggi anche lui nel cda dell'Ente cassa dove guida il comitato d'indirizzo. Praticamente uno degli incarichi ancora oggi più interessanti di Firenze, il centro del capoluogo da cui tutto è partito e dove tutto sta ritornando. Come i nodi al pettine.Nel frattempo Tombari ha cresciuto renziani che si sono sparpagliati lungo la Penisola, basti pensare che la discepola Anna Maria Genovose, ora ha un incarico di prestigio in Consob. Un altro frequentatore dello studio, Federico Lovadina, è stato poi nominato nel consiglio di amministrazione di Ferrovie dello Stato. Mentre lo scorso anno, quando ormai la casacca con il logo del Giglio magico era già fuori moda, Tombari ha ricavato un incarico da vicepresidente nell'associazione delle fondazioni bancarie, l'Acri, un grande riconoscimento che gli è arrivato direttamente da Giuseppe Guzzetti. Fin qui abbiamo disegnato i contorni, ma per comprendere l'importanza della Fondazione Open bisogna tornare al cuore e ai tempi d'oro in cui in molti si mettevano in fila per fare elargizioni. Da Davide Serra fino ai grandi imprenditori italiani. Proprio in quei mesi, Marco Carrai, l'imprenditore del gruppo, inviò l'ormai nota email a Federico Ghizzoni, l'allora numero uno di Unicredit: «Solo per dirti che su Etruria mi è stato chiesto di sollecitarti per una risposta nel rispetto dei ruoli». Una notizia bomba che non sarebbe mai emersa se il banchiere non fosse stato chiamato a deporre di fronte a Pier Ferdinando Casini, presidente dalla commissione d'inchiesta sulle banche che come tutti sanno ha cercato di fare luce pure sul crac di Etruria, l'istituto dove ha lavorato il fratello della Boschi e dove il padre è stato vice presidente.Su Etruria il Pd renziano è scivolato come su una buccia di banana, perché gli italiani non perdonano chi promette di voler salvare i loro risparmi e poi li lascia a brache calate. Eppure per capire che le dichiarazioni della Boschi rilasciate in Aula fossero tutte da rivedere è stato necessario attendere proprio le parole di Ghizzoni che nella sua sincerità ha aperto uno squarcio sul metodo usato dal Giglio magico. L'intervento su Etruria del Richelieu di Renzi fu giustificato con un generico «mi informavo per un mio cliente». Ma Carrai non spiegò mai perché fosse al corrente di informazioni relative all'interessamento a Etruria da parte di Unicredit, né a quale cliente facesse riferimento. In Unicredit, fra l'altro, Carrai aveva ottimi rapporti con il potentissimo vicepresidente, Fabrizio Palenzona. Domande a cui forse avremo risposte in futuro. Boschi e Carrai avevano nella Fondazione Open il loro punto di incontro, chissà se lì dentro affrontarono il tema Etruria. Fatto sta che Carrai preferì rivolgersi a Ghizzoni. Un anno dopo, nel gennaio 2016, sarà Maria Elena Boschi a difendere in Parlamento la decisione (mai attuata) del governo di affidare il comparto della cybersecurity a Carrai (per la fermissima opposizione di Mattarella).«Ma anche in questo caso i loro rapporti personali e la condivisione di interessi (la Fondazione Open) sono sicuramente marginali» si chiedeva già lo scorso anno Il Fatto Quotidiano. «Così come è per puro caso che Emanuele Boschi, il fratello della sottosegretaria già dipendente di Etruria, una volta lasciata la Popolare si ritrova nello studio BL di Firenze. Non come dipendente o collaboratore, ma come socio. E B sta per Francesco Bonifazi». Allo stesso tempo e mentre Lotti faceva una carriera tutta di governo, Carrai metteva a frutto le sue conoscenze di cybersecurity diventando uno dei grandi referenti dell'intelligence israeliana che domina il globo e che in Italia è uno dei principali fornitori della Pubblica amministrazione. Insomma, tutto si crea e nulla si distrugge diceva Eraclito, salvo che poi arrivi la Guardia di finanza a cercare documenti. Magari qualcosa alla fine si rompe o qualche petalo del Giglio si stacca.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
iStock
A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





