L’Italia ha il primato Ue dei rilevatori e ora fa i conti con il boom degli atti vandalici I sindaci intanto incassano 2,7 miliardi (Milano in testa). A Torino più multe che abitanti.La protesta è cominciata a Londra, con azioni rocambolesche e con tanto di sigla suggestiva. Si fanno chiamare Blade Runners e sono un vero e proprio movimento che fa proseliti e sui social raccoglie consensi. L’estate scorsa, appena entrata in vigore la nuova Ztl extralarge, fortemente voluta dal sindaco, Sadiq Khan, il gruppo di militanti ha danneggiato oltre 1.000 telecamere, circa la metà di quelle installate a guardia degli ingressi a pagamento. E come dar torto ai «ribelli», giacché più che una misura anti inquinamento sembra un escamotage per riempire le casse comunali.Lo stesso si sta verificando in Italia, che «vanta» il primato europeo degli autovelox: sono 11.130. Più di Gran Bretagna (circa 7.700), Germania (oltre 4.700) e Francia (3.780), secondo i dati del Codacons.Senza nulla togliere all’importanza di strumenti di deterrenza contro la guida pericolosa, spesso i rilevatori di velocità, piazzati in modo nascosto o del tutto ingiustificato dalla statistica degli incidenti su una determinata tratta, sono diventati per tanti Comuni uno strumento per riequilibrare il bilancio.I numeri confermano che a pensar male ci si azzecca. Il ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, ha rivelato che le amministrazioni locali incassano con le multe ben 2,7 miliardi l’anno. È quanto emerge dalle relazioni telematiche che gli enti sono obbligati a presentare al governo entro il 31 maggio di ogni anno. Sempre il Codacons ha estrapolato i dati delle principali 20 città. Nel 2022 hanno incassato 547 milioni, ovvero +37,4% rispetto al 2021 (398 milioni). Al top della classifica c’è Milano, con oltre 151,5 milioni. Seguono Roma, con 133 milioni, Firenze (46 milioni), Bologna (43 milioni) e Torino (40 milioni circa). Nel caso del capoluogo piemontese c’è la situazione singolare che le multe superano il numero degli abitanti. Nel 2023 i verbali dei vigili urbani sono stati 946.703, a fronte di 860.825 residenti. Una valanga di multe che hanno portato a Palazzo Civico, la bellezza di 55 milioni e 900.000 euro, compresi anche i pagamenti delle sanzioni scadute gli anni passati. Ogni torinese paga 65 euro l’anno di multe. Dagli anni pre pandemia Torino ha perso circa 10.000 abitanti, ma nel frattempo le contravvenzioni sono salite a un ritmo dal 17% al 26%. Nel 2019 le sanzioni erano 805.000. Con il lockdown sono scese a 745.000, ma poi il trend in salita è ripreso. Per le sanzioni comminate in base alle telecamere, Firenze è la regina degli autovelox, con un incasso pari a 23,2 milioni nel 2022. Seguono Milano con 12,9 milioni e Genova con 10,7 milioni. A Napoli appena 18.700 euro. Confrontando poi i proventi del 2021 con quelli del 2022, emerge che Potenza ha superato tutti per crescita degli incassi, passando da 1,1 milioni di euro del 2021 a 3,7 milioni del 2022, pari al 224% in più. Seguono Palermo (+164%) e Firenze (+120%).Se si guarda al numero dei guidatori sanzionati, Milano è di nuovo in cima alla classifica con una spesa pro capite di 174 euro.«I dati dimostrano che gli autovelox spesso sono piazzati sulle strade in modo scorretto, al solo scopo di far cassa e utilizzare gli automobilisti come bancomat», afferma il presidente del Codacons, Carlo Rienzi.Perché stupirsi quindi se l’esasperazione è degenerata in azioni di sabotaggio. Anche perché a fronte di cotanti incassi non si vedono miglioramenti nelle condizioni della rete stradale, soprattutto nelle grandi città.E se a Londra ci sono i Blade Runners, nella provincia di Rovigo c’è Fleximan, così è stato battezzato il sabotatore che usa un flessibile a batteria per distruggere gli autovelox, tagliando la base della colonnina. Secondo gli inquirenti i vandalismi sono opera di una banda. Per il popolo dei social, Fleximan è una sorta di «giustiziere», di «Zorro» degli automobilisti. Nel giro di pochi mesi (le azioni sono iniziate a maggio scorso) sono stati tranciati una decina di dispositivi in Veneto (sabato l’ultimo colpo nel Comune di Carceri, in provincia di Padova, è stato accolto dai clacson festanti degli automobilisti), uno in Piemonte e uno in Lombardia. In Veneto, per alcuni piccoli Comuni, gli autovelox sono una miniera d’oro. Nel Bellunese (la provincia con più autovelox nel Veneto), a Quero Vas, due rilevatori di velocità, come indicato da Altvelox (l’associazione specializzata nei ricorsi degli automobilisti) hanno fruttato nel 2021 oltre 950.000 euro e circa 750.000 nel 2022. Il presidente di Altevelox, Gianantonio Sottile, fa altri esempi: «Arsiè, con 2.000 abitanti, ha incassato nel 2021 con un solo autovelox mobile 128.000 euro di multe. Nel 2022 ha messo una telecamera fissa e ha fatto Bingo con entrate per 1,3 milioni; Colle Santa Lucia, 500 anime, incassa circa 1 milione l’anno in multe. Questi piccoli Comuni non potrebbero mai avere, in altro modo, introiti così importanti». A conferma che gli autovelox aiutano le casse comunali, Sottile ricorda la battuta del sindaco di Colle Santa Lucia, Paolo Frena, che commentando la manovra economica del governo, ha fatto «outing»: «Basta tagli, i Comuni saranno costretti a installare qualche autovelox per recuperare risorse», ha detto. Sempre a pensar male, guarda caso gli autovelox proliferano nelle località turistiche. In Salento, nel Comune di Cavallino, le apparecchiature installate per eccesso di velocità hanno incassato nel 2022 oltre 2,5 milioni di euro, registrando un aumento del 2.500%, dato che l’anno prima gli introiti erano stati zero. Sempre restando in Salento, il record spetta però a Melpignano, che con i rilevatori di velocità situati lungo la statale 16 Lecce-Maglie ha portato nelle casse comunali oltre 2,5 milioni.Dal malcontento ai vandalismi il passo è breve. A Passo Giau, nel Bellunese, sopra Cortina, tra il 9 e 10 gennaio è stato segato uno degli autovelox più temuti d’Italia, in grado di far comminare multe per mezzo milione l’anno (552.367 euro l’incasso). I sabotaggi si sono concentrati nella provincia di Rovigo. A cominciare da maggio 2023 sono stati colpiti gli autovelox nei Comuni di Bosaro, Baruchella, Mazzorno, Garzara e Rosolina. Sul fenomeno si è scatenata anche una guerra legale. Per Altvelox, molti autovelox record di incassi, sarebbero irregolari, quindi non validi ai fini delle multe. La rivolta contro il Grande Fratello delle strade si è propagata anche nel Cremonese. Nella Martignana, sulla statale San Giovanni-Casalmaggiore, il 13 gennaio scorso, una telecamera è stata segata prima che entrasse in funzione. Un caso si è avuto in Piemonte, alla vigilia di Natale, sulla statale 231, nel territorio di Asti.Sul Web proliferano i trucchi per ingannare gli autovelox, dal fango agli spray per oscurare la targa. L’Oscar della creatività spetta a un inglese che ha incollato sulle cifre una foglia autunnale ma è stato scoperto e multato.
Giorgia Meloni (Ansa)
Una delegazione di Fratelli d’Italia a Bruxelles guidata da Fidanza illustra i punti di forza del programma Sono 14 le nazioni coinvolte, con oltre 1 miliardo di euro di risorse impiegato in progetti nel continente
Un’Europa che torni protagonista in Africa. È l’obiettivo del Piano Mattei, voluto dal presidente del consiglio Giorgia Meloni e discusso per la prima volta a Bruxelles in un convegno «Piano Mattei e Global Gateway» organizzato dal capodelegazione di Fratelli d’Italia Carlo Fidanza. Con lui anche Roberta Metsola, presidente del Parlamento europeo e i commissari Dubravka Šuica, con delega per il Mediterraneo, e Josef Šikela, commissario Ue alle Partnership internazionali. Il convegno è stato arricchito dai preziosi interventi di Meloni e del sottosegretario alla presidenza del consiglio Alfredo Mantovano. Per l’esecutivo, presente anche il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida.
Ansa
Fabiano Mura, astro nascente della Cgil, aveva denunciato un’aggressione con tanto di saluti romani e skinhead rasati In piazza per lui scesero Salis, Landini e Orlando. Ma non era vero niente. E ora farà quattro mesi di servizi socialmente utili.
Quella mattina del 15 aprile una notizia che sembrava uscita da un film di denuncia sociale aveva scosso Sestri Ponente. L’ex segretario genovese della Fillea Cgil, Fabiano Mura (in quel momento tra gli astri nascenti del sindacalismo locale e ancora in carica), aveva raccontato di essere stato aggredito da due estremisti di destra («uno con la testa rasata») mentre si recava su un cantiere per incontrare degli operai ai quali avrebbe dovuto parlare del referendum su lavoro e cittadinanza dell’8 e 9 giugno. Gli ingredienti suggestivi, a dieci giorni dal 25 aprile (e a un mese dalle urne referendarie), c’erano tutti: la tensione ideale, la ferita simbolica inflitta al mondo del lavoro, i saluti romani, gli insulti e pure la fuga disperata fino alla sede del sindacato e poi in ospedale (dove Mura rimediò un certificato con cinque giorni di prognosi).
Nel riquadro, il chirurgo Ludwig Rehn (IStock)
Il medico tedesco Ludwig Rehn riuscì con successo a suturare il ventricolo di un paziente accoltellato che sopravvisse all'intervento, eseguito senza gli strumenti della cardiochirurgia moderna.
Non c’era più tempo per il dottor Ludwig Rehn. Il paziente stava per morire dissanguato davanti ai suoi occhi. Era il 7 settembre 1896 e il medico tedesco era allora il primario di chirurgia dell’ospedale civile di Francoforte quando fu chiamato d’urgenza per un giovane giardiniere di 22 anni accoltellato nel pomeriggio e trovato da un passante soltanto ore più tardi in condizioni disperate. Arrivò di fronte al dottor Rehn solo dopo le 3 del mattino. Da questo fatto di cronaca, nascerà il primo intervento a cuore aperto della storia della medicina e della cardiochirurgia.
Il paziente presentava una ferita da taglio al quarto spazio intercostale, appariva pallido e febbricitante con tachicardia, polso debole, aritmia e grave affanno respiratorio (68 atti al minuto quando la norma sarebbe 18-20) aggravato dallo sviluppo di uno pneumotorace sinistro. Condizioni che la mattina successiva peggiorarono rapidamente.
Senza gli strumenti diagnostici odierni, localizzare il danno era estremamente difficile, se non impossibile. Il dottor Rehn riuscì tuttavia ad ipotizzare la posizione del danno mediante semplice auscultazione. La ferita aveva centrato il cuore. Senza esitare, decise di intervenire con un tamponamento cardiaco diretto, un’operazione mai provata precedentemente. Rehn praticò un’incisione di 14 cm all’altezza del quinto intercostale e scoprì la presenza di sangue scuro. Esplorò il pericardio con le mani, quindi lo aprì, esponendo per la prima volta nella storia della medicina un cuore attivo e pulsante, seppur gravemente compromesso e sanguinante. Tra i coaguli e l’emorragia Rehn individuò la ferita da taglio all’altezza del ventricolo destro. Il chirurgo operò una rapida sutura della ferita al cuore con un filo in seta, approfittando della fase di diastole prolungata a causa della sofferenza cardiaca. La sutura fu ripetuta tre volte fino a che l’emorragia si fermò del tutto e dopo un sussulto del cuore, questo riprese a battere più vigoroso e regolare. Prima di richiudere il torace, lavò il cuore ed il pericardio con soluzione idrosalina. Gli atti respiratori scesero repentinamente da 76 a 48, la febbre di conseguenza diminuì. Fu posto un drenaggio toracico che nel decorso postoperatorio rivelò una fase critica a causa di un’infezione, che Rehn riuscì tuttavia a controllare per l’efficacia del drenaggio stesso. Sei mesi dopo l’intervento il medico tedesco dichiarava: «Sono oggi nella fortunata posizione di potervi dichiarare che il paziente è ritornato in buona salute. Oggi è occupato in piccole attività lavorative, in quanto non gli ho al momento permesso nessuno sforzo fisico. Il paziente mostra ottime prospettive di conservazione di un buono stato di salute generale».
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Roberto FIco (Ansa)
Ha il gozzo ormeggiato alla banchina gestita dall’Aeronautica e in mare è seguito da vistose imbarcazioni delle Forze dell’ordine.
Roberto Fico e la sua barca, anzi barchetta, anzi gozzo, anzi gozzetto: da settimane la politica campana e nazionale si sta dedicando alla imbarcazione dell’ex presidente della Camera, candidato alla guida della Regione Campania per il centrosinistra allargato. La Verità è in grado di raccontare per filo e per segno questa storia, correggendo una serie di imprecisioni che sono state riportate, e aggiungendo particolari gustosi che i diportisti napoletani conoscono benissimo. E’ bene ribadire sin da ora che nulla di quello che raccontiamo è illegale o illegittimo: si tratta solo di mettere in luce che i proclami dei sedicenti «anticasta» spesso non corrispondono ai comportamenti individuali. Punto primo: la barca che veniva ormeggiata presso l’area della banchina di Nisida gestita dall’Aeronautica militare, a quanto ci risulta, non sarebbe il «Paprika», il cabinato la cui foto ha fatto il giro dei media italiani con Fico a bordo, bensì un gozzo in legno scoperto, di colore blu, senza cabine e con un albero al centro. Non sappiamo se Fico abbia successivamente acquistato un’altra barca più grande, ma non è questo il tema.






