2025-08-26
Non si può paragonare Casapound al Leonka
Quando c’è stato il blitz all’alba, l’edificio del centro sociale meneghino era deserto. Alla stessa ora, nello stabile occupato a Roma dal movimento di destra, gli agenti avrebbero trovato 20 famiglie. Intanto i rossi pensano di prendersi un capannone a Sud della città.La ripicca della sinistra per vendicarsi dello sgombero del Leoncavallo passa per via Napoleone III a Roma. Lì dal 2003 si trova Casapound, il primo centro sociale di destra in Italia. Con insistenza, da giorni, si chiede che anche questo edificio occupato venga sgomberato, paragonando due realtà che hanno davvero poco in comune. La prima occupazione di Casapound avviene per mano di un gruppo di giovani appartenenti a «Occupazioni non conformi» e «Occupazioni a scopo abitativo». Lo scopo è chiaro: lo stabile serviva per dare casa a giovani famiglie. Ancora oggi, infatti, è abitata da nuclei familiari, in tutto sono 20.Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, dal Meeting di Rimini non ha escluso un futuro intervento sullo stabile, inserito dal 2022 al sesto posto nel Piano sgomberi, quando l’attuale titolare del Viminale era prefetto di Roma. L’edificio, occupato dal 27 dicembre 2003 e sotto sequestro dal maggio 2020, ha causato secondo la Corte dei Conti un danno erariale da 4,6 milioni di euro, cifra legata ai mancati introiti per l’Agenzia del Demanio. Per questo l’accusa che si fa al governo è quella di difendere il centro sociale di matrice neofascista. Su questo, però, Piantedosi ha chiarito che l’intervento sul Leonka è arrivato molto più tardi di quanto dovuto. «Lo Stato è stato condannato a risarcire oltre 3 milioni di euro per i dieci anni di ritardo nell’esecuzione dello sfratto. E ulteriori rinvii avrebbero comportato il pagamento di circa 300.000 euro ogni anno». Da quanto dichiarato, quindi, non sembra esserci un trattamento diverso tra le due realtà. Luca Marsella, portavoce di Cpi, la pensa così: «Non ci tirate in mezzo alla storia di Milano, ma sappiate che vogliamo avere lo stesso trattamento riservato ai centri sociali di sinistra. L’operazione milanese è stata un bluff per regolarizzare un’illegalità: non c’è stato sgombero, ma un accordo con il Comune per trasferirlo in un capannone. Un po’ come a Roma con il Porto Fluviale, per cui sono stati investiti milioni anche con fondi Pnrr. Dietro c’è solo business. Si spendono soldi pubblici, ma non per la nostra occupazione, dove a rotazione assistiamo 20 famiglie italiane». Con CasaPound si viaggia sempre sui binari dell’illegalità, certo, ma si tratta di una realtà ben diversa. Basti pensare che, quando è stato sgomberato il Leoncavallo all’alba, dentro non c’era nessuno; alla stessa ora, in via Napoleone III, le forze dell’ordine troverebbero venti famiglie. Realtà diverse, scopi diversi, in comune nessun legame con il governo. Chi vive a Roma lo sa: l’ambiente militante che ruotava in quegli anni e ruota oggi intorno al partito di Giorgia Meloni nulla ha a che fare con Cpi e, anzi, a Roma si sono scontrati in più occasioni. Marsella lo ribadisce: «Prendersela con la nostra occupazione è strumentale, anche perché non abbiamo rapporti con il governo e facciamo una politica antisistema. Non c’è nessuna difesa di Casapound da parte del Governo. Anzi». Sgomberi ne hanno subiti negli anni, nessuno è stato portato a buon fine. Marsella infine riconosce l’abusivismo di Cpi: «Sarei ipocrita se dicessi che Casapound è contro le occupazioni: siamo nati così, per rispondere all’emergenza abitativa e al degrado degli spazi abbandonati. Ma non vogliamo restare occupanti per sempre. Credo che il ministro della Cultura, Alessandro Giuli (che li ha difesi con una dichiarazione, ndr), abbia capito di cosa abbiamo bisogno: essere messi in regola. Da qui, però, non ci muoveremo». I militanti del Leonka già si starebbero muovendo per occupare un nuovo stabile. Non c’è niente di concreto, ma sembra che se ci dovessero essere molte persone in occasione del 6 settembre, giorno in cui è stata convocata la grande manifestazione di protesta per lo sgombero, si potrebbe decidere di occupare. L’edificio secondo molti sarebbe già stato individuato. È un capannone comunale che si trova al confine Sud di Milano, tra Corvetto e Porto di Mare. Oggi i militanti del Leonka terranno una riunione per decidere il da farsi e giovedì la giunta comunale pubblicherà un bando, aperto a tutte le realtà sociali, ma che per alcuni potrebbe esser scritto ad hoc per gli orfani del centro sgomberato. Insomma, il sospetto che sia tutto un bluff, come denunciato da Marsella, esiste. A Milano, guardando alla storia recente, si può fare l’esempio del Macao, storico centro sociale milanese considerato più «duro e puro» rispetto al Leonka, che invece prima di essere sgomberato si trovava alla fine di una lunga parabola discendente. Macao fu sgomberato e poco dopo il collettivo si trasferì occupando Palazzo Citterio in via Brera 12, dove però ebbe vita breve. Segno che non si esclude che il gruppo del Leonka possa rioccupare. Intanto il segretario dem Elly Schlein parteciperà alla festa nazionale di Avs, che dal Leoncavallo si sposterà a Roma, al Monk, dove proprio Schlein annunciò la corsa alla segreteria del Partito democratico. Ed è proprio la leader del Pd, assieme a Giuseppe Conte e ai due «padroni di casa», Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, che mercoledì 3 settembre aprirà la prima giornata dell’evento.
«Murdaugh: Morte in famiglia» (Disney+)
In Murdaugh: Morte in famiglia, Patricia Arquette guida il racconto di una saga reale di potere e tragedia. La serie Disney+ ricostruisce il crollo della famiglia che per generazioni ha dominato la giustizia nel Sud Carolina, fino all’omicidio e al processo mediatico.