2018-08-03
Non firmiamo il documento dell’Onu che impone il bavaglio sui migranti
È stata pubblicata la bozza dell'accordo internazionale sulla mobilità che entrerà in vigore a dicembre. Contiene passaggi inquietanti sul ruolo dei media. Infatti Usa, Australia e Ungheria si oppongono.C'è chi sostiene che i «poteri forti» non esistano. C'è chi dice che oggi il potere è tutto nelle mani dei populisti, dunque sono loro gli unici responsabili della gestione dell'immigrazione. Sarebbe bellissimo se fosse così semplice, ma purtroppo la realtà è decisamente più complessa. Lo dimostrano i fatti degli ultimi giorni riguardanti la nave italiana Asso Ventotto. Su indicazione della Guardia costiera libica, ha salvato 101 migranti e li ha condotti a Tripoli. L'Unhcr, l'agenzia dell'Onu che si occupa dei rifugiati (ma a quanto pare anche dei migranti economici e di chi rifugiato non è) è insorta, minacciando azioni legali. Non è la prima volta che accade. Quelle dell'Unhcr non sono parole a vuoto. Si potrebbe dire che, alla fine dei conti, questo organismo ha poco potere. Ma non è così. L'Unhcr ha una enorme capacità di influenza mediatica e politica. E, soprattutto, il personale di questa agenzia e di altre che fanno capo alle Nazioni Unite, come l'Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni) è presente in Libia e in altri Paesi africani. Insomma, influisce direttamente sullo svolgimento del fenomeno migratorio. L'Onu e i suoi derivati, in questo caso, sono un «potere forte». E agiscono seguendo una ideologia molto precisa, che prevede apertura delle frontiere e accettazione passiva della migrazione. A dimostrarlo c'è un documento pubblicato l'11 luglio scorso proprio sul sito dell'Oim. Si chiama Global compact for safe, orderly and regular migration. Dovrebbe essere, spiegano dalla stessa Oim, «il primo accordo intergovernativo, preparato sotto gli auspici delle Nazioni unite, che copra tutti gli aspetti delle migrazioni internazionali». In sostanza, è l'accordo che dovrebbe regolare il comportamento di tutti i Paesi del mondo in materia migratoria.La discussione è iniziata nell'aprile del 2017, sulla base della Dichiarazione di New York del settembre 2016. L'11 luglio è stato pubblicato il «final draft», cioè la bozza finale del testo, che dovrebbe essere firmata dai vari Stati in un incontro previsto in Marocco per il 10 e 11 dicembre 2018. I diplomatici dell'assemblea generale dell'Onu, con l'eccezione degli americani, hanno dato il via libera al documento, che alla fine dell'anno - previa sottoscrizione - sarà formalmente adottato dai Paesi membri. Secondo il segretario generale dell'Onu, António Guterres, l'accordo è particolarmente «significativo», poiché stabilisce che «la migrazione transfrontaliera è un fenomeno internazionale che richiede la cooperazione internazionale per gestirla al meglio ed evidenziarne il suo impatto positivo per tutti gli attori coinvolti». Per Guterres, il Global compact «riconosce che ogni individuo ha diritto alla sicurezza, alla dignità e alla protezione e che gli obiettivi e le azioni messi in atto, implementati o sottoposti a revisione faciliteranno una migrazione sicura, ordinata e regolare, riducendo l'incidenza e l'impatto della migrazione irregolare».In realtà, non tutti sono così entusiasti. Secondo il ministro degli Esteri ungherese, Peter Szijjarto, il documento è «estremo e prevenuto» e rappresenta una minaccia poiché potrebbe spingere milioni di persone a migrare. Anche Peter Dutton, ministro degli Interni australiano, ha fatto sapere che non firmerà l'accordo. In Australia, dopo le sue dichiarazioni, il dibattito si è fatto piuttosto serrato. Chris Merritt, uno degli opinionisti più in vista del Paese, sostiene che l'accordo non va firmato perché, tra le altre cose, «richiede ai governi di modellare le percezioni della migrazione assumendo un ruolo attivo nei media e ritirando finanziamenti, cooperazione e sostegno ai mezzi di informazione qualora promuovano l'intolleranza». Meritt non ha torto. Il testo, infatti, contiene diversi passaggi inquietanti. Certo, stabilisce che ogni Stato ha diritto a conservare la propria sovranità in materia migratoria, ma precisa che tale sovranità viene dopo gli accordi internazionali (dunque non vale niente). I passaggi relativi al comportamento dei media sono particolarmente discutibili. Firmando il documento, i vari Paesi si impegnano a «promuovere un discorso pubblico aperto e basato sull'evidenza riguardo le migrazioni e i migranti, in collaborazione con tutte le parti della società, che generi una percezione più realistica, umana e costruttiva». In particolare, gli Stati sii impegnano a «promuovere la comunicazione indipendente, obiettiva e di qualità», anche sul Web, e a «sensibilizzare ed educare i professionisti dei media su questioni e terminologia relative alla migrazione, investendo in standard etici e pubblicità». Chiaro: bisogna «educare» i giornalisti affinché trattino il tema della migrazione in maniera positiva. Non solo: il documento prevede che sia interrotta «l'assegnazione di finanziamenti pubblici o supporto materiale ai media che promuovono sistematicamente l'intolleranza, la xenofobia, il razzismo e altre forme di discriminazione verso i migranti». Il problema è che, oggi, per essere accusati di xenofobia e razzismo basta esprimere un parere contrario all'immigrazione di massa. In sostanza, dunque, il documento dell'Onu mira a imporre una visione unica sul tema, anche sanzionando chi osa pensarla diversamente. Quello relativo ai mezzi di comunicazione è solo uno dei tanti aspetti controversi di questo documento. Il Global compact mostra chiaramente quale sia l'orientamento ideologico di organizzazioni come Unhcr e Oim (le quali dovrebbero mostrare una parvenza di neutralità e non fare campagne contro i singoli Stati). Ma c'è di più. Firmare quel testo potrebbe metterci in una posizione scomoda, poiché alcune delle politiche dell'attuale governo potrebbero entrare in conflitto con l'atteggiamento dell'Onu nei confronti della migrazione. Prima di sottoscriverlo, dunque, conviene riflettere a fondo. Il Global compact potrebbe, in futuro, orientare le decisioni degli organismi internazionali e potrebbe produrre decisioni contrarie ai nostri interessi. Il fatto che Usa, Ungheria e Australia siano contrari dovrebbe spingerci a procedere con estrema cautela.
Giancarlo Giorgetti (imagoeconomica)