2021-07-09
«Non fu corruzione». La Cassazione assolve Alemanno
Gianni Alemanno (Getty Images)
Nuovo processo d'appello per traffico di influenze illecite. L'ex sindaco di Roma: un incubo che non doveva iniziare.Un altro pezzo, l'ennesimo, dell'inchiesta sulla presunta Mafia Capitale, fortemente voluta dall'allora procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, è stato sgretolato dalla Cassazione. Ieri in un filone stralcio dell'indagine che ha travolto politica e imprenditoria romana è stato assolto l'ex sindaco capitolino Gianni Alemanno. L'udienza non era iniziata nel migliore dei modi, dato che la Procura generale della Cassazione, rappresentata dal sostituto Perla Lori, aveva chiesto la conferma della condanna a sei anni di reclusione. Per il magistrato inoltre la Corte avrebbe dovuto respingere il ricorso presentato dalla difesa di Alemanno, e disporre un processo d'appello bis per ricalcolare esclusivamente la durata della pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici.Ma i giudici della sesta sezione penale della Cassazione hanno fatto cadere con la formula «perché il fatto non sussiste» una delle tre accuse di corruzione e ordinato un nuovo processo di appello per il reato di traffico di influenze illecite su un'altra ipotesi di corruzione. Questo secondo procedimento servirà per definire la pena, riguardante lo sblocco di alcuni pagamenti da parte di Eur spa. Ma per un'operazione simile (che per la Procura era anch'essa da ritenersi corruzione), relativa ai crediti vantati dalle cooperative nei confronti di Ama, i giudici ieri hanno già dichiarato la prescrizione. L'unica condanna confermata è quella a 6 mesi per un'accusa di finanziamento illecito, da 10.000 euro. I problemi giudiziari per Alemanno, rappresentato ieri dagli avvocati Filippo Dinacci e Cesare Placanica, sono iniziati nel dicembre 2014, quando, come detto, viene iscritto nel registro degli indagati in merito all'indagine Mondo di mezzo. Gli inquirenti capitolini, all'epoca coordinati appunto dall'ex procuratore capo Pignatone (attuale presidente del Tribunale Vaticano), avevano ipotizzato, nei confronti del primo cittadino di Roma, il concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione. La prima contestazione è caduta tre anni dopo, infatti nel febbraio 2017 sono gli stessi pm a chiedere e ottenere l'archiviazione. Dunque si arriva così allo stralcio di Alemanno dal procedimento principale, quello che ha portato alla sbarra tra gli altri Salvatore Buzzi e Massimo Carminati. Secondo l'accusa tra il 2012 e il 2014 Alemanno avrebbe ricevuto 223.000 euro per compiere atti contrari ai doveri del suo ufficio. I soldi, in base all'impianto accusatorio, sarebbero giunti da Buzzi in accordo con Carminati. Somme che sarebbero state versate alla Fondazione Nuova Italia, presieduta proprio da Alemanno. Episodio, costato in appello sei anni di reclusione, e che viene definitivamente archiviato con l'assoluzione disposta ieri dagli ermellini. L'accusa di finanziamento illecito, invece, nasce per il legame tra la Fondazione Nuova Italia e il politico. Secondo l'impianto accusatorio, quasi totalmente smontato dai giudici del Palazzaccio, quell'erogazione «ha rappresentato per l'imputato un “portamonete" necessario per finanziare la propria attività politica nonché un salvagente per assicurarsi un sostentamento economico personale una volta terminato il periodo della sua sindacatura». Dopo aver ascoltato la lettura della sentenza l'ex sindaco di Roma ha commentato così la sua assoluzione, prima di recarsi a festeggiare con un gruppo di amici in un locale di piazza Cola di Rienzo: «Finisce un incubo durato sette anni e che obiettivamente poteva essere evitato. Credo che questa sentenza ridimensioni questa vicenda durata ben sette anni. Mi sono ritrovato prima mafioso e poi corrotto, adesso rimane un piccolo traffico di influenze illecite che sarà la Corte di appello a giudicare. Non c'è più corruzione, non c'è più quel fango che mi era stato tirato addosso». Della mafia autoctona ipotizzata dalla Procura, che spazzò via trasversalmente la classe politica locale, agevolando l'ascesa al Campidoglio della sindaca 5 stelle Virginia Raggi, non rimane ormai quasi più nulla. L'associazione mafiosa è diventata una cricca di corruttori ma il sindaco presunto corrotto è stato assolto. Quasi come una nemesi, la sentenza di ieri per Alemanno arriva nel pieno della campagna elettorale per il sindaco di Roma e forse è anche per questo che la compagna dell'ex sindaco, Silvia Cirocchi, ha commentato sarcasticamente su Facebook: «Quando farete la targa ricordatevi che “Alemanno assolto" si scrive con due s. Grazie ». Numerose le reazioni della politica alla sentenza della Cassazione (sconfessata anche la tesi del suo procuratore generale Giovanni Salvi che si era opposto al concordato in appello per traffico di influenze). «Siamo felici dell'assoluzione di Gianni Alemanno, a cui va il nostro abbraccio. Abbiamo sempre avuto fiducia in lui ed eravamo convinti della sua estraneità», ha dichiarato la leader di FdI, Giorgia Meloni. Caustico il senatore di Forza Italia, Maurizio Gasparri: «Ora questa sentenza ristabilisce una verità, ma chi risarcirà del danno subito Alemanno e la stessa Capitale d'Italia? Qualche accusatore dormirà sereno questa notte? Le accuse della Procura sono state smantellate quasi tutte nel corso degli anni. Credo che adesso debba partire un'operazione di verità. Anche alla luce di quello che ha raccontato Palamara, che offre lo spunto per presentare puntuali denunce». Infine la stoccata finale del fondatore della cooperativa 29 giugno, Salvatore Buzzi: «Se la Procura mi avesse ritenuto credibile nell'estate del 2015, quando ho reso i primi interrogatori ci saremmo risparmiati tanto stress, tanta carcerazione, tanto tempo e non sarebbero andati sprecati i soldi di noi contribuenti».
Manifestazione a Roma di Ultima Generazione (Ansa)