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2020-12-30
Lo sport italiano galleggia tra nomine e riforme
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Gabriele Gravina (Ansa)
L'anno che comincia è un anno molto importante per tutto lo sport italiano. Tra febbraio e maggio si rieleggono i vertici di Coni e Figc. Per quanto riguarda il Comitato olimpico sarà un testa a testa tra il presidente in carica Giovanni Malagò e la candidata Antonella Bellutti, ex "pluriatleta", avendo praticato nel corso della sua carriera ben tre discipline diverse - pistard, ciclismo su strada e bob - ed è infatti l'unica atleta italiana ad aver partecipato sia alle Olimpiadi estive che a quelle invernali, ed è anche l'unica ad aver fatto parte della nazionale di tre federazioni diverse. Nella sua carriera ha vinto due ori olimpici ad Atlanta 1996 e a Sydney 2000. «Lo sport vive di logiche di potere, burocrazia ed emarginazione che ho vissuto e anche subito. Metto a disposizione la mia energia e le mie idee libere da pregiudizi» ha affermato la Bellutti, prima donna a candidarsi alla guida del Coni in 106 anni di storia, quando ha annunciato ufficialmente la sua corsa alla presidenza del Comitato olimpico nazionale italiano. L'elezione di presidente, giunta e consiglio nazionale si terrà il 13 maggio a Milano presso le sale del Tennis Club Milano Alberto Bonacossa, ex tennista, pattinatore artistico su ghiaccio e dirigente che ha fatto la storia dello sport italiano nella prima metà del Novecento. Una scelta non casuale e ben ragionata da Malagò. L'attuale numero uno del Coni, infatti, vuole da una parte manifestare un segnale di distacco nei confronti di Roma in quanto città amministrata dal sindaco 5 stelle Virginia Raggi, considerata la responsabile della rinuncia alla candidatura olimpica dell'Italia, e dall'altra sottolineare il valore simbolico della città di Milano in vista dei Giochi invernali che il capoluogo lombardo ospiterà insieme a Cortina nel 2026. Non si votava a Milano dal 27 luglio 1946, anno in cui venne eletto Giulio Onesti. Le dinamiche dell'elezioni sono le seguenti: ci sono i grandi elettori costituiti dai 44 presidenti federali, dai 9 rappresentanti degli atleti, dai 4 tecnici, dai 6 delegati regionali e provinciali e dai 3 delegati delle discipline associate, a cui vanno aggiunti un dirigente delle associazioni benemerite, il presidente uscente, il membro del Cio, Ivo Ferraini, e i 5 rappresentanti degli enti di promozione.
In Figc la faccenda è differente. Tutti gli indizi portano alla riconferma di Gabriele Gravina. All'attuale numero uno della Federcalcio è stato riconosciuto da tutti i fronti la brillantezza, seppur tra mille difficoltà, con il quale ha traghettato il sistema calcio nell'annus horribilis della pandemia da coronavirus. Si voterà il 22 febbraio a Roma, presso il Cavalieri Waldorf Astoria. «Deciderò per la mia candidatura se ci saranno componenti che ritengono che questo lavoro fatto dal sottoscritto vada portato avanti. Se dovessi percepire entusiasmo per la continuità sarò ben felice di andare avanti. Se invece dovessi percepire che non c'è condivisione, non sul voto ma sul percorso da me tracciato, non ho nessuna voglia di ricoprire quel ruolo. Metterò sul piatto quanto fatto in due anni. Un lavoro tramite il quale abbiamo recuperato dignità non solo nelle competizioni sportive» ha spiegato Gravina nel corso dell'ultimo consiglio federale. Tra i candidati ci sarà Cosimo Sibilia, presidente della Lega nazionale dilettanti, uscito allo scoperto dopo il consiglio federale della Figc durante il quale Gravina ha annunciato la data dell'elezione: «Per candidarmi alle prossime elezioni della Figc c'è bisogno dell'indicazione dei delegati della Lnd. Noi abbiamo sempre dato segnali di grande responsabilità, sempre in ottica di sistema. E ricordo, che rappresentiamo il 34% del consiglio». Campagna elettorale e giochi di alleanze sono già cominciati con Gravina che, dal canto suo, punta al doppio colpo, visto che pochi giorni dopo l'elezione di Roma, il 2 marzo ci sarà il congresso Uefa, dove l'attuale numero uno della Figc vorrebbe entrare nel cda del massimo organismo calcistico europeo.
Il rischio di andare alle Olimpiadi senza bandiera e inno

Ansa
Se il Coni non riceverà l'autonomia dal governo, alle Olimpiadi c'è il rischio che il Cio sanzioni l'Italia e che gli atleti italiani si presentino senza inno e senza bandiera a Tokyo. Sarebbe un grave danno d'immagine per un sistema, quello dello sport italiano, che sta vivendo un momento storico complicato nel tentativo di uscire dalle secche in cui è finito dopo il dilagarsi della pandemia da coronavirus e che ha un forte bisogno di riforme.
In particolare la tanto conclamata riforma dello sport per cui è necessaria in tempi sempre più stretti - il 27 gennaio si riunisce l'esecutivo Cio con ordine del giorno il caso Italia - la stesura di un decreto legge da parte del governo. In queste prime settimane dell'anno il ministro allo Sport Vincenzo Spadafora porterà in Consiglio dei ministri un testo, ma servirà avere il via libera da tutti e tre i partiti che sostengono la maggioranza del governo Conte, Pd, 5 stelle e Italia Viva. Nel testo si parla di come utilizzare i fondi destinati allo sport e quindi di autonomia economica e gestionale del Coni, ma anche della divisione dei compiti tra Coni, Sport e salute, Dipartimento e organismi sportivi come le federazioni.
«La situazione è sempre più complessa. Ci sono solo tre strumenti normativi: legge di stabilità, milleproroghe o un decreto legge. Senza legge non c'è nessuna possibilità di non entrare nell'orbita di una sanzione internazionale. Ho avuto un lungo incontro con il presidente Conte, molto preoccupato per la situazione anche per l'impegno preso a Losanna con Bach. Tutti sanno tutto e tutti hanno la responsabilità di quello che può succedere nelle prossime settimane. Rischiamo un danno di immagine clamoroso che ci trascineremo per generazioni» aveva avvertito Malagò in uno degli ultimi consigli del 2020. Il 29 dicembre, Spadafora, ha rilasciato queste dichiarazioni a Speciale Agorà su Rai3: «Malagò e il Cio ritengono che il Coni non abbia pienamente rispettato una serie di cose previste dalla Carta Olimpica: l'autonomia funzionale e quell'indipendenza che i comitati olimpici devono avere. In parte, quello che dice Malagò è vero, noi però la soluzione l'avevamo trovata presentando un decreto che dava una serie di misure per la piena autonomia al Coni, ma le forze di maggioranza non l'hanno approvato. Ripartiremo da quel decreto e vedremo se in Consiglio dei ministri si troverà la convergenza».
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Il 2021 è un anno importante per tutto lo sport italiano: tra febbraio e maggio si rieleggono i vertici di Coni e Figc. Incognite su Antonella Bellutti. Gabriele Gravina verso la riconferma.Finché il governo non concederà l'autonomia richiesta dal Coni resta vivo il rischio di una sanzione del Cio e di presentarci alle Olimpiadi di Tokyo senza bandiera e senza inno.Lo speciale contiene due articoli.L'anno che comincia è un anno molto importante per tutto lo sport italiano. Tra febbraio e maggio si rieleggono i vertici di Coni e Figc. Per quanto riguarda il Comitato olimpico sarà un testa a testa tra il presidente in carica Giovanni Malagò e la candidata Antonella Bellutti, ex "pluriatleta", avendo praticato nel corso della sua carriera ben tre discipline diverse - pistard, ciclismo su strada e bob - ed è infatti l'unica atleta italiana ad aver partecipato sia alle Olimpiadi estive che a quelle invernali, ed è anche l'unica ad aver fatto parte della nazionale di tre federazioni diverse. Nella sua carriera ha vinto due ori olimpici ad Atlanta 1996 e a Sydney 2000. «Lo sport vive di logiche di potere, burocrazia ed emarginazione che ho vissuto e anche subito. Metto a disposizione la mia energia e le mie idee libere da pregiudizi» ha affermato la Bellutti, prima donna a candidarsi alla guida del Coni in 106 anni di storia, quando ha annunciato ufficialmente la sua corsa alla presidenza del Comitato olimpico nazionale italiano. L'elezione di presidente, giunta e consiglio nazionale si terrà il 13 maggio a Milano presso le sale del Tennis Club Milano Alberto Bonacossa, ex tennista, pattinatore artistico su ghiaccio e dirigente che ha fatto la storia dello sport italiano nella prima metà del Novecento. Una scelta non casuale e ben ragionata da Malagò. L'attuale numero uno del Coni, infatti, vuole da una parte manifestare un segnale di distacco nei confronti di Roma in quanto città amministrata dal sindaco 5 stelle Virginia Raggi, considerata la responsabile della rinuncia alla candidatura olimpica dell'Italia, e dall'altra sottolineare il valore simbolico della città di Milano in vista dei Giochi invernali che il capoluogo lombardo ospiterà insieme a Cortina nel 2026. Non si votava a Milano dal 27 luglio 1946, anno in cui venne eletto Giulio Onesti. Le dinamiche dell'elezioni sono le seguenti: ci sono i grandi elettori costituiti dai 44 presidenti federali, dai 9 rappresentanti degli atleti, dai 4 tecnici, dai 6 delegati regionali e provinciali e dai 3 delegati delle discipline associate, a cui vanno aggiunti un dirigente delle associazioni benemerite, il presidente uscente, il membro del Cio, Ivo Ferraini, e i 5 rappresentanti degli enti di promozione.In Figc la faccenda è differente. Tutti gli indizi portano alla riconferma di Gabriele Gravina. All'attuale numero uno della Federcalcio è stato riconosciuto da tutti i fronti la brillantezza, seppur tra mille difficoltà, con il quale ha traghettato il sistema calcio nell'annus horribilis della pandemia da coronavirus. Si voterà il 22 febbraio a Roma, presso il Cavalieri Waldorf Astoria. «Deciderò per la mia candidatura se ci saranno componenti che ritengono che questo lavoro fatto dal sottoscritto vada portato avanti. Se dovessi percepire entusiasmo per la continuità sarò ben felice di andare avanti. Se invece dovessi percepire che non c'è condivisione, non sul voto ma sul percorso da me tracciato, non ho nessuna voglia di ricoprire quel ruolo. Metterò sul piatto quanto fatto in due anni. Un lavoro tramite il quale abbiamo recuperato dignità non solo nelle competizioni sportive» ha spiegato Gravina nel corso dell'ultimo consiglio federale. Tra i candidati ci sarà Cosimo Sibilia, presidente della Lega nazionale dilettanti, uscito allo scoperto dopo il consiglio federale della Figc durante il quale Gravina ha annunciato la data dell'elezione: «Per candidarmi alle prossime elezioni della Figc c'è bisogno dell'indicazione dei delegati della Lnd. Noi abbiamo sempre dato segnali di grande responsabilità, sempre in ottica di sistema. E ricordo, che rappresentiamo il 34% del consiglio». Campagna elettorale e giochi di alleanze sono già cominciati con Gravina che, dal canto suo, punta al doppio colpo, visto che pochi giorni dopo l'elezione di Roma, il 2 marzo ci sarà il congresso Uefa, dove l'attuale numero uno della Figc vorrebbe entrare nel cda del massimo organismo calcistico europeo.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/nomine-sport-2649700138.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-rischio-di-andare-alle-olimpiadi-senza-bandiera-e-inno" data-post-id="2649700138" data-published-at="1609435498" data-use-pagination="False"> Il rischio di andare alle Olimpiadi senza bandiera e inno Ansa Se il Coni non riceverà l'autonomia dal governo, alle Olimpiadi c'è il rischio che il Cio sanzioni l'Italia e che gli atleti italiani si presentino senza inno e senza bandiera a Tokyo. Sarebbe un grave danno d'immagine per un sistema, quello dello sport italiano, che sta vivendo un momento storico complicato nel tentativo di uscire dalle secche in cui è finito dopo il dilagarsi della pandemia da coronavirus e che ha un forte bisogno di riforme.In particolare la tanto conclamata riforma dello sport per cui è necessaria in tempi sempre più stretti - il 27 gennaio si riunisce l'esecutivo Cio con ordine del giorno il caso Italia - la stesura di un decreto legge da parte del governo. In queste prime settimane dell'anno il ministro allo Sport Vincenzo Spadafora porterà in Consiglio dei ministri un testo, ma servirà avere il via libera da tutti e tre i partiti che sostengono la maggioranza del governo Conte, Pd, 5 stelle e Italia Viva. Nel testo si parla di come utilizzare i fondi destinati allo sport e quindi di autonomia economica e gestionale del Coni, ma anche della divisione dei compiti tra Coni, Sport e salute, Dipartimento e organismi sportivi come le federazioni.«La situazione è sempre più complessa. Ci sono solo tre strumenti normativi: legge di stabilità, milleproroghe o un decreto legge. Senza legge non c'è nessuna possibilità di non entrare nell'orbita di una sanzione internazionale. Ho avuto un lungo incontro con il presidente Conte, molto preoccupato per la situazione anche per l'impegno preso a Losanna con Bach. Tutti sanno tutto e tutti hanno la responsabilità di quello che può succedere nelle prossime settimane. Rischiamo un danno di immagine clamoroso che ci trascineremo per generazioni» aveva avvertito Malagò in uno degli ultimi consigli del 2020. Il 29 dicembre, Spadafora, ha rilasciato queste dichiarazioni a Speciale Agorà su Rai3: «Malagò e il Cio ritengono che il Coni non abbia pienamente rispettato una serie di cose previste dalla Carta Olimpica: l'autonomia funzionale e quell'indipendenza che i comitati olimpici devono avere. In parte, quello che dice Malagò è vero, noi però la soluzione l'avevamo trovata presentando un decreto che dava una serie di misure per la piena autonomia al Coni, ma le forze di maggioranza non l'hanno approvato. Ripartiremo da quel decreto e vedremo se in Consiglio dei ministri si troverà la convergenza».
Ansa
L’accordo è stato siglato con Certares, fondo statunitense specializzato nel turismo e nei viaggi, nome ben noto nel settore per American express global business travel e per una rete di partecipazioni che abbraccia distribuzione, servizi e tecnologia legata alla mobilità globale. Il piano è robusto: una joint venture e investimenti complessivi per circa un miliardo di euro tra Francia e Regno Unito.
Il primo terreno di gioco è Trenitalia France, la controllata con sede a Parigi che negli ultimi anni ha dimostrato come la concorrenza sui binari francesi non sia più un tabù. Oggi opera nell’Alta velocità sulle tratte Parigi-Lione e Parigi-Marsiglia, oltre al collegamento internazionale Parigi-Milano. Dal debutto ha trasportato oltre 4,7 milioni di passeggeri, ritagliandosi il ruolo di secondo operatore nel mercato francese. A dominarlo il monopolio storico di Sncf il cui Tgv è stato il primo treno super-veloce in Europa. Intaccarne il primato richiede investimenti e impegno. Il nuovo capitale messo sul tavolo servirà a consolidare la presenza di Fs non solo in Francia, ma anche nei mercati transfrontalieri. Il progetto prevede l’ampliamento della flotta fino a 19 treni, aumento delle frequenze - sulla Parigi-Lione si arriverà a 28 corse giornaliere - e la realizzazione di un nuovo impianto di manutenzione nell’area parigina. A questo si aggiunge la creazione di centinaia di nuovi posti di lavoro e il rafforzamento degli investimenti in tecnologia, brand e marketing. Ma il vero orizzonte strategico è oltre il Canale della Manica. La partnership punta infatti all’ingresso sulla rotta Parigi-Londra entro il 2029, un corridoio simbolico e ad altissimo traffico, finora appannaggio quasi esclusivo dell’Eurostar. Portare l’Alta velocità italiana su quella linea significa non solo competere su prezzi e servizi, ma anche ridisegnare la geografia dei viaggi europei, offrendo un’alternativa all’aereo.
In questo disegno Certares gioca un ruolo chiave. Il fondo americano non si limita a investire capitale, ma mette a disposizione la rete di distribuzione e le società in portafoglio per favorire la transizione dei clienti business verso il treno ad Alta velocità. Parallelamente, l’accordo guarda anche ad altro. Trenitalia France e Certares intendono promuovere itinerari integrati che includano il treno, semplificare gli strumenti di prenotazione e spingere milioni di viaggiatori a scegliere la ferrovia come modalità di trasporto preferita, soprattutto sulle medie distanze. L’operazione si inserisce nel piano strategico 2025-2029 del gruppo Fs, che punta su una crescita internazionale accelerata attraverso alleanze con partner finanziari e industriali di primo piano. Sarà centrale Fs International, la divisione che si occupa delle attività passeggeri fuori dall’Italia. Oggi vale circa 3 miliardi di euro di fatturato e conta su 12.000 dipendenti.
L’obiettivo, come spiega un comunicato del gruppo, combinare l’eccellenza operativa di Fs e di Trenitalia France con la potenza commerciale e distributiva globale di Certares per trasformare la Francia, il corridoio Parigi-Londra e i futuri mercati della joint venture in una vetrina del trasporto europeo. Un’Europa che viaggia veloce, sempre più su rotaia, e che riscopre il treno non come nostalgia del passato, ma come infrastruttura del futuro.
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Brigitte Bardot guarda Gunter Sachs (Ansa)
Ora che è morta, la destra la vorrebbe ricordare. Ma non perché in passato aveva detto di votare il Front National. Semplicemente perché la Bardot è stata un simbolo della Francia, come ha chiesto Eric Ciotti, del Rassemblement National, a Emmanuel Macron. Una proposta scontata, alla quale però hanno risposto negativamente i socialisti. Su X, infatti, Olivier Faure ha scritto: «Gli omaggi nazionali vengono organizzati per servizi eccezionali resi alla Nazione. Brigitte Bardot è stata un'attrice emblematica della Nouvelle Vague. Solare, ha segnato il cinema francese. Ma ha anche voltato le spalle ai valori repubblicani ed è stata pluri-condannata dalla giustizia per razzismo». Un po’ come se esser stata la più importante attrice degli anni Cinquanta e Sessanta passasse in secondo piano a causa delle sue scelte politiche. Come se BB, per le sue idee, non facesse più parte di quella Francia che aveva portato al centro del mondo. Non solo nel cinema. Ma anche nel turismo. Fu grazie a lei che la spiaggia di Saint Tropez divenne di moda. Le sue immagini, nuda sulla riva, finirono sulle copertine delle riviste più importanti dell’epoca. E fecero sì che, ricchi e meno ricchi, raggiungessero quel mare limpido e selvaggio nella speranza di poterla incontrare. Tra loro anche Gigi Rizzi, che faceva parte di quel gruppo di italiani in cerca di belle donne e fortuna sulla spiaggia di Saint Tropez. Un amore estivo, che però lo rese immortale.
È vero: BB era di destra. Era una femmina che non poteva essere femminista. Avrebbe tradito sé stessa se lo avesse fatto. Del resto, disse: «Il femminismo non è il mio genere. A me piacciono gli uomini». Impossibile aggiungere altro.
Se non il dispiacere nel vedere una certa Francia voltarle le spalle. Ancora una volta. Quella stessa Francia che ha dimenticato sé stessa e che ha perso la propria identità. Quella Francia che oggi vuole dimenticare chi, Brigitte Bardot, le ricordava che cosa avrebbe potuto essere. Una Francia dei francesi. Una Francia certamente capace di accogliere, ma senza perdere la propria identità. Era questo che chiedeva BB, massacrata da morta sui giornali di sinistra, vedi Liberation, che titolano Brigitte Bardot, la discesa verso l'odio razziale.
Forse, nelle sue lettere contro l’islamizzazione, BB odiò davvero. Chi lo sa. Di certo amò la Francia, che incarnò. Nel 1956, proprio mentre la Bardot riempiva i cinema mondiali, Édith Piaf scrisse Non, je ne regrette rien (no, non mi pento di nulla). Lo fece per i legionari che combattevano la guerra d’Algeria. Una guerra che oggi i socialisti definirebbero colonialista. Quelle parole di gioia possono essere il testamento spirituale di BB. Che visse, senza rimpiangere nulla. Vivendo in un eterno presente. Mangiando la vita a morsi. Sparendo dalla scena. Ora per sempre.
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«Gigolò per caso» (Amazon Prime Video)
Un infarto, però, lo aveva costretto ad una lunga degenza e, insieme, ad uno stop professionale. Stop che non avrebbe potuto permettersi, indebitato com'era con un orologiaio affatto mite. Così, pur sapendo che avrebbe incontrato la riprova del figlio, già inviperito con suo padre, Giacomo aveva deciso di chiedergli una mano. Una sostituzione, il favore di frequentare le sue clienti abituali, consentendogli con ciò un'adeguata ripresa. La prima stagione della serie televisiva era passata, perciò, dalla rabbia allo stupore, per trovare, infine, il divertimento e una strana armonia. La seconda, intitolata La sex gurue pronta a debuttare su Amazon Prime video venerdì 2 gennaio, dovrebbe fare altrettanto, risparmiandosi però la fase della rabbia. Alfonso, cioè, è ormai a suo agio nel ruolo di gigolò. Non solo. La strana alleanza professionale, arrivata in un momento topico della sua vita, quello della crisi con la moglie Margherita, gli ha consentito di recuperare il rapporto con il padre, che credeva irrimediabilmente compromesso. Si diverte, quasi, a frequentare le sue clienti sgallettate. Peccato solo l'arrivo di Rossana Astri, il volto di Sabrina Ferilli. La donna è una fra le più celebri guru del nuovo femminismo, determinata ad indottrinare le sue simili perché si convincano sia giusto fare a meno degli uomini. Ed è questa convinzione che muove anche Margherita, moglie in crisi di Alfonso. Margherita, interpretata da Ambra Angiolini, diventa un'adepta della Astri, una sua fedele scudiera. Quasi, si scopre ad odiarli, gli uomini, dando vita ad una sorta di guerra tra sessi. Divertita, però. E capace, pure di far emergere le abissali differenze tra il maschile e il femminile, i desideri degli uni e le aspettative, quasi mai soddisfatte, delle altre.
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iStock
La nuova applicazione, in parte accessibile anche ai non clienti, introduce servizi innovativi come un assistente virtuale basato su Intelligenza artificiale, attivo 24 ore su 24, e uno screening audiometrico effettuabile direttamente dallo smartphone. L’obiettivo è duplice: migliorare la qualità del servizio clienti e promuovere una maggiore consapevolezza dell’importanza della prevenzione uditiva, riducendo le barriere all’accesso ai controlli iniziali.
Il lancio avviene in un contesto complesso per il settore. Nei primi nove mesi dell’anno Amplifon ha registrato una crescita dei ricavi dell’1,8% a cambi costanti, ma il titolo ha risentito dell’andamento negativo che ha colpito in Borsa i principali operatori del comparto. Lo sguardo di lungo periodo restituisce però un quadro diverso: negli ultimi dieci anni il titolo Amplifon ha segnato un incremento dell’80% (ieri +0,7% fra i migliori cinque del Ftse Mib), al netto dei dividendi distribuiti, che complessivamente sfiorano i 450 milioni di euro. Nello stesso arco temporale, tra il 2014 e il 2024, il gruppo ha triplicato i ricavi, arrivando a circa 2,4 miliardi di euro.
Il progetto della nuova app è stato sviluppato da Amplifon X, la divisione di ricerca e sviluppo del gruppo. Con sedi a Milano e Napoli, Amplifon X riunisce circa 50 professionisti tra sviluppatori, data analyst e designer, impegnati nella creazione di soluzioni digitali avanzate per l’audiologia. L’Intelligenza artificiale rappresenta uno dei pilastri di questa strategia, applicata non solo alla diagnosi e al supporto al paziente, ma anche alla gestione delle esigenze quotidiane legate all’uso degli apparecchi acustici.
Accanto alla tecnologia, resta centrale il ruolo degli audioprotesisti, figure chiave per Amplifon. Le competenze tecniche ed empatiche degli specialisti della salute dell’udito continuano a essere considerate un elemento insostituibile del modello di servizio, con il digitale pensato come strumento di supporto e integrazione, non come sostituzione del rapporto umano.
Fondato a Milano nel 1950, il gruppo Amplifon opera oggi in 26 Paesi con oltre 10.000 centri audiologici, impiegando più di 20.000 persone. La prevenzione e l’assistenza rappresentano i cardini della strategia industriale, e la nuova Amplifon App si inserisce in questa visione come leva per ampliare l’accesso ai servizi e rafforzare la relazione con i pazienti lungo tutto il ciclo di cura.
Il rilascio della nuova applicazione è avvenuto in modo progressivo. Dopo il debutto in Francia, Nuova Zelanda, Portogallo e Stati Uniti, la app è stata estesa ad Australia, Belgio, Germania, Italia, Olanda, Regno Unito, Spagna e Svizzera, con l’obiettivo di garantire un’esperienza digitale omogenea nei principali mercati del gruppo.
Ma l’innovazione digitale di Amplifon non si ferma all’app. Negli ultimi anni il gruppo ha sviluppato soluzioni come gli audiometri digitali OtoPad e OtoKiosk, certificati Ce e Fda, e i nuovi apparecchi Ampli-Mini Ai, miniaturizzati, ricaricabili e in grado di adattarsi in tempo reale all’ambiente sonoro. Entro la fine del 2025 è inoltre previsto il lancio in Cina di Amplifon Product Experience (Ape), la linea di prodotti a marchio Amplifon già introdotta in Argentina e Cile e oggi presente in 15 dei 26 Paesi in cui il gruppo opera.
Già per Natale il gruppo aveva lanciato la speciale campagna globale The Wish (Il regalo perfetto) Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, oggi nel mondo circa 1,5 miliardi di persone convivono con una forma di perdita uditiva (o ipoacusia) e il loro numero è destinato a salire a 2,5 miliardi nel 2050.
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