2023-03-24
In nome della guerra assolvono pure l’uranio
Federico Fubini e Antonio Caprarica (Ansa)
L’arrivo in Ucraina dei famigerati proiettili scatena i giornalisti con l’elmetto. Per Federico Fubini «non c’è certezza» che causino malattie, ma persino il suo giornale lo smentisce. Antonio Caprarica parla di strumenti di offesa «normalissimi»: allora perché molti esitano a usarli?Alcuni giornalisti non solo non fanno nemmeno lo sforzo di informarsi, ma in qualche caso non leggono nemmeno il giornale per cui lavorano. Altrimenti non farebbero le affermazioni che fanno. Prendete il caso di Federico Fubini, vicedirettore del Corriere della Sera, al quale ieri la trasmissione Prima pagina su Radio 3 della Rai ha affidato il commento ai quotidiani in edicola. Sollecitato a parlare dai titoli dei quotidiani della polemica per l’invio in Ucraina di proiettili all’uranio impoverito, Fubini ha spiegato che questi armamenti hanno «effetti potenzialmente avversi», ma non c’è certezza. In realtà, l’unica cosa certa è che l’illustre collega non aveva letto l’articolo pubblicato dal suo stesso giornale, in cui l’inviato di guerra (Fubini al massimo è inviato a intervistare banchieri e politici) Francesco Battistini spiegava che i proiettili all’uranio impoverito sono «una perfetta arma sporca», le cui microparticelle «causano un aerosol micidiale che permane nell’ambiente migliaia di anni e intossica chi lo inala e chi lo ingerisce». «Si sospetta», scrive Battistini «che arrivi a modificare il Dna, causando linfomi, leucemie e malformazione dei feti». Certo, l’inviato di guerra, che i proiettili li ha visti in azione e non in tv o al Forum Ambrosetti, ha scritto «si sospetta», e magari questo potrebbe indurre Fubini ad aggrapparsi alla mancanza di certezza, ma subito dopo Battistini precisa che «dalla Bosnia al Kosovo (l’uranio impoverito, ndr) ha ufficialmente ucciso almeno 500 soldati italiani».Ma il vicedirettore ad personam del Corriere che non legge il Corriere non è un unicum del giornalismo. Infatti, c’è anche una sua replica in tv. Antonio Caprarica, ex corrispondente Rai da Londra, forse per antica sua consuetudine con la Gran Bretagna è stato chiamato da La 7 a commentare la notizia dell’invio di munizioni all’uranio impoverito da parte del Regno Unito. E anche lui, come Fubini, ha provato a minimizzare. «Quelle all’uranio impoverito sono armi normalissime, non c’è nessuna escalation» ha sentenziato senza esitazioni.Ora, che siano armi è certo, così come è sicuro che sono già state impiegate in diversi teatri di guerra, da quello nel Golfo a quello nei Balcani. Ma che siano normalissime non è affatto vero, altrimenti alcuni Paesi non si farebbero scrupolo di usarle. Soprattutto viene da chiedersi dove siano stati fino a ieri Fubini e Caprarica, visto che l’uso di questo tipo di munizioni in vent’anni è stato oggetto di ben quattro commissioni parlamentari d’inchiesta. L’ultima ha concluso i lavori con una relazione in cui si può leggere che «le reiterate sentenze della magistratura ordinaria e amministrativa» hanno costantemente affermato l’esistenza, sul piano giuridico, di un nesso di causalità tra l’accertata esposizione all’uranio impoverito e le patologie denunciate dai militari o, per essi, dai loro superstiti. «Per l’uranio è stato altresì riconosciuto sul piano scientifico, con la Tabella delle malattie professionali Inail approvata nel 2008, il nesso causale per la nefropatia tubolare». In Italia ci sono già state 170 sentenze di condanna, cento delle quali passate in giudicato, e in alcune si ipotizza addirittura l’omicidio colposo per aver messo i nostri soldati in condizioni di lavorare a contatto con munizioni o in zone contaminate dall’uranio impoverito. Come si fa dunque a dire che sono armi normalissime e che non vi è certezza di alcun collegamento fra morti per tumore e l’uso di proiettili all’uranio impoverito?Capisco che in nome della libertà dell’Ucraina e per riuscire a imporre una svolta a una guerra che si è impantanata in un muro contro muro si debba giustificare la rincorsa a armamenti sempre più micidiali. Ma c’è un limite che credo non sia possibile oltrepassare. Nella prima guerra del Golfo abbiamo imparato a conoscere la stampa embedded, ovvero i giornalisti che al seguito delle truppe alleate descrivevano solo ciò che voleva l’esercito che li aveva «arruolati». Ma nella guerra in Ucraina alcuni colleghi si sono superati. La Russia doveva crollare un anno fa, le sanzioni avrebbero accelerato il default, Mosca aveva finito i missili. Poi arriva il Washington Post, non la Pravda, e spiega che a esaurire le munizioni e gli uomini è l’Ucraina. Infatti, per questo ieri al Consiglio europeo hanno deciso di inviare nuove armi. Comprese quelle all’uranio impoverito: per quanto siano spacciate come caramelle, il loro impiego venne definito da Carla Del Ponte, ex procuratrice del tribunale dell’Aia, un possibile «crimine di guerra». Ah dimenticavo: Battistini, sul Corriere, scrive che la Corte internazionale di giustizia nel 1996 non ha messo fuori legge i proiettili all’uranio arricchito solo perché il loro scopo non è «asfissiare o avvelenare», ma «semplicemente» ammazzare e distruggere. Non ditelo a Caprarica che invece li considera normalissimi.