
Vincenzo Sofo, l'ideatore del sito che raduna le idee del Carroccio sovranista e amico del meridione: «Matteo vince perché è semplice e di parola». L'amore con Marion Le Pen? «Grazie a lui...»Come è stato il primo incontro importante con Salvini? «Esilarante, e con un colpo di scena che mi ha illuminato su quel che sarebbe accaduto poi. Eravamo nel 2011 ma c'era già tutto quel che serviva per capire il leader odierno». In che senso?«Non ero nessuno, lui era eurodeputato». Ma animavi già il vostro sito. «Il Talebano era giovane. Poco più che il blog di un gruppo di matti, che veniva dalla galassia identitaria e girava intorno alla Lega». Perché quel giorno lo consideri importante?«Salvini era incuriosito dal progetto e mi diede appuntamento a Palazzo Marini». Però? «La segretaria del gruppo della Lega prima mi fissa un'ora, poi dice che l'onorevole è in una riunione complicata e me lo slitta di mezz'ora. Poi richiama e mi fa: «La riunione è importantissima, ci vorrà un'altra ora». E alla fine: «Matteo si scusa, è ancora lì a discutere ma ci tiene a vederti: se ti do l'indirizzo lo raggiungi?».E tu che fai? «Corro. Me lo immaginavano in qualche vertice di partito ma quando arrivo lì scoppio a ridere». Perché? «Salvini era a un'assemblea di quartiere. Mediava, in una disputa su alcuni spazi condivisi, tra una parrocchia e un condominio». L'accordo si trovò? «Ovviamente. Dopodiché parlammo tutta sera, come se da sempre fossimo stati in sintonia. Ho scoperto quel giorno alcune sue doti non comuni». Quale? «Primo: se ti dice una cosa, è quella. Secondo: è una banca dati portentosa, pare un computer». Cosa ti colpì di quella chiacchierata tornando dall'assemblea popolare? «Il Talebano era solo un progetto, il partito era in crisi. Ma Matteo disse che la nuova Lega avrebbe dovuto andare nella direzione che immaginavamo noi». Cioè sfondare a destra. «Io non uso mai la parola “destra" in questo senso, perché il vocabolo si presta a equivoci. Direi piuttosto «mondo identitario», oppure «sovranista». Vincenzo Sofo è uno degli intellettuali più vicini a Matteo Salvini. Mentre chiudeva La Padania e finiva la stampa ufficiale leghista, un piccolo sito costituito su Worlpress e incoraggiato dal futuro leader del Carroccio, diventava strumento di elaborazione. Vincenzo lo anima insieme a un gruppo di ragazzi che prepara dossier, pubblica articoli, organizza convegni. Diventa uno degli architravi della nuova Lega. Siete partiti coi soldi di Putin?(Risata). «Con 50 euro». Non dire che immaginavi la Lega al 30%. «Nemmeno un profeta poteva. Però nel 2011 io e gli altri ragazzi del Talebano capivamo che c'era un popolo orfano di An, deluso dal Pdl, che avrebbe guardato alla Lega se fosse cambiata». Cosa doveva cambiare? (Sorriso). «Tutto. Pensa che per me, nato a Milano ma figlio di calabresi, solo dire che mi ero iscritto significava raccogliere sentimenti che andavano dallo stupore all'indignazione». Ostilità politica? «No. Perché un leghista del Sud faceva ridere tutti, a partire da mio padre che accolse la notizia con una battuta». E tu? «Ne trassi ispirazione per lo slogan della mia prima campagna elettorale. Miscelai il politicamente scorretto, la satira, e questo luogo comune. Sui miei manifesti scrissi: “Diversamente terrone"». Fantastico. «Questo ti dice la differenza fra la Lega di Bossi, in cui ho mosso i primi passi, e quella di Salvini, dove sono cresciuto». E il «diversamente terrone» viene eletto in circoscrizione. Da dove venivi?«Due nonni calabresi: uno contadino, l'altro falegname». Che scuole hai fatto? «Lo scientifico. Mio padre è dirigente d'azienda, mia madre insegnante». All'università cosa scegli? «Economia alla Cattolica: management per l'impresa. Tesi molto attuale: le politiche per il settore pubblico». Come vi viene in mente di scegliere Il Talebano? «Un omaggio a Massimo Fini, il grande intellettuale irregolare a cui ci ispiravamo».Tuo padre era missino.«Di vecchia scuola. Io stesso ho una prima formazione culturale di destra identitaria». Però non entri in Azione Giovani. «Non ci riesco. Già allora ero, eravamo, non nazionalisti». Che significa?«L'idea di nazione ci sembrava limitata territorialmente, l'idea di patria per noi era più larga e più moderna, legata al concetto di Europa delle patrie». Questo mondo cosa votava? «Al Nord c'era chi votava Lega o An. O nulla». Raccontami Salvini. «Ha la formazione del consigliere comunale che si occupa de tombino, non l'ha persa neanche ora da ministro. Ma ha l'apertura mentale di chi ha frequentato Bruxelles». Fai un esempio. «Un giorno eravamo al mercato del Giambellino (rione popolare milanese, ndr) e Matteo fu bloccato da una vecchietta che chiese di intervenire per un perdita d'acqua dal soffitto della sua casa popolare». E lui? «Prese numero e indirizzo. Salutò e filò via, non mi disse più nulla. Trascorsi due mesi, tornammo in zona e incrociammo la stessa vecchietta...». Capisco... «Volevo nascondermi, certo che anche Matteo se ne fosse dimenticato. Invece la signora lo abbracciò: era andato a suonare al vicino di casa della vecchietta, si erano messi a un tavolo e avevano risolto». Dai, siamo all'agiografia! «Matteo è fatto così: ha rapporto pazzesco con il territorio». Torniamo al Talebano. «Svolgeva un lavoro di diffusione culturale. I blog non erano di moda». Ma tu non ti consideri giornalista. «Non lo sono. Noi non facciamo informazione ma analisi. Non mi interessava, e nemmeno oggi, che ci leggano 100.000 persone. Vogliamo parlare alle 10.000 che contano e che decidono, o decideranno. Abbiamo parlato al mondo Lega».Fammi un esempio. «Un articolo che mi ha dato soddisfazione: “Non c'è leghista più leghista di un terrone"».Tesi ardita. «Scherzi? Oggi è una delle chiavi de successo di Matteo al Sud. Chi ha un'identità e sceglie un territorio lo ama. Io sono un calabrolombardo, due volte orgoglioso». Un altro momento importante della Talebano story? «Un convegno sull'identità del 2013, ospiti e mattatori Salvini e Buttafuoco. Per la prima volta Matteo pronuncia le parole “sovranità" e “nazione". Dice che la Lega deve avere un progetto anche per il Sud». La Bad Godesberg sulla pregiudiziale antiterrona.«Metà dei presenti pensa che Salvini scherzi, l'altra metà esulta. Quelli siamo noi». Di nuovo sembra un film. «Perché? La Lega era finita al 3,5%, i commentatori dopo lo scandalo dei diamanti e del Trota ci davano per morti. Anche nel partito c'era chi scommetteva sulla fine. Tosi iniziò lì il suo cammino verso il centro, che porterà fino a Renzi».Siete stati voi i registi dell'accordo con Casa Pound?«No, fa tutto Matteo. Ma è la sua operazione politica che rende possibile tutto: Casa Pound si avvicina, entra nelle liste, esce, mentre gli elettori restano». Perché? «Per le cose che dice Matteo e per la semplicità con cui le comunica: la destra identitaria inizia a essere un richiamo irresistibile». E cosa la attrae? «Il discorso sulla patria, la rottura rispetto al berlusconismo, il discorso dell'identità che si declina - anche - nella sicurezza».Da economista della Cattolica diresti «chi se ne frega dello spread»? «No. Tutti sappiamo che è frutto di speculazioni, ma va gestito». Sei finito su Chi, paparazzato come il fidanzato di Marion Le Pen.«È lo svantaggio di avere una relazione con Marion Le Pen». Beh, mica ti vergognerai. «No, ma preferirei non entrare nei dettagli del nostro rapporto». L'hai conosciuta sempre per via di Salvini? «Nel Marzo 2016 organizzai a Milano un convegno con lei e Matteo». E vi siete innamorati. «Capita anche questo. Per fortuna». Adesso Marine è la principale alleata di Salvini e lei è in rotta con la zia. «Non è vero». Ha abbandonato la politica!«No, ha cambiato la forma de suo impegno. Si dedica alla costruzione di una scuola di formazione per la classe dirigente alternativa: l'Institut des sciences sociales économiques et politiques».Ma i sovranisti possono avere una famiglia europea? Non è un paradosso? «Se non si cade nel nazionalismo. L'Europa è abituata a essere il centro del pianeta ma presto non lo sarà più. Due esempi: sul piano demografico siamo 500 milioni, ma caleremo. Sul piano economico, nella classifica per ricchezza di produzione nel 2050 siamo destinati al declassamento». Cioè? «In quella proiezione, tra i primi 10 stati nazionali non ce n'è nemmeno uno. La Germania lotterà intorno alla decima posizione». Questa è la principale argomentazione degli eurofili. «Ed è sbagliata. Tu non puoi ragionare come stato nazionale. La Germania ha fatto dell'Europa la piattaforma di sostegno al suo progetto di lotta nei mercati». È sbagliato ma è accaduto. «È anche disfunzionale. Senza sviluppo nel benessere non possiamo invertire il declino. Oggi l'Europa impone vincoli a livello nazionale e consente libertà a livello internazionale, vedi la follia della Libia». E invece? «Dovrebbe essere esattamente il contrario». Perché pensi che Salvini possa farcela? «Il suo grande pregio è che si comporta, oggi che è ministro, esattamente come si comportava prima. Non ha cambiato numero di telefono, se chiami o gli mandi un sms ti risponde». A te? «A tutti». Cosa dovete fare, oggi? «Ripartire dal lavoro sul terreno culturale senza chiuderci nella torre d'avorio in cui le vecchie élite si sono rinchiuse e suicidate».
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.