2023-08-08
Niger, golpisti pronti a difendersi ma a traccheggiare ora è l’Ecowas
Niamey, manifestazione in favore dei golpisti (Getty Images)
A ultimatum scaduto, la giunta richiude lo spazio aereo e invia truppe al confine. Mentre la coalizione africana non sembra in grado di intervenire e la Nigeria prende tempo. Tajani: «Serve la diplomazia».Gli 007 ucraini: «Arrestata un’informatrice del nemico». Kiev esulta per i risultati diplomatici a Gedda, Mosca li snobba. Ankara: «Erdogan chiederà il cessate il fuoco».Lo speciale contiene due articoli.È scaduto in Niger l’ultimatum dell’Ecowas dopo il golpe del 26 luglio scorso che ha deposto il presidente Mohamed Bazoum , attualmente agli arresti insieme alla moglie e al figlio all’interno della residenza presidenziale. Al New York Times una fonte vicina a Bazoum ha detto che «il presidente non ha più accesso all’acqua e all’elettricità e le persone che lo sorvegliano gli hanno confiscato le schede Sim dei suoi cellulari, impedendo a Bazoum di comunicare con il mondo esterno, come aveva fatto nei primi giorni di prigionia». Ieri la giunta golpista guidata dal generale Abdourahamane Tchiani, dopo aver riaperto gli spazi aerei per consentire ai cittadini stranieri di lasciare il Paese, lo ha nuovamente chiusi. Un rappresentante della giunta militare, leggendo un comunicato in diretta tv domenica sera, ha detto: «Poiché la minaccia di un intervento sta diventando più concreta, lo spazio aereo nigerino è chiuso a partire da oggi». Nel comunicato è anche scritto che l’intelligence nigerina aveva avuto informazioni secondo le quali «una potenza straniera si stava preparando a invadere il Paese». Secondo il sito di tracciamento degli aerei Flightradar24, domenica sera sopra al Niger non volava più nessun aereo, mentre ai confini del Niger, mentre scriviamo, non ci sono truppe straniere. Secondo il canale televisivo Al Arabiya, il Consiglio nazionale per la salvaguardia della patria (Cnsp) del Niger ha comunque inviato altre truppe nelle zone di confine con la Nigeria e il Benin. Ennesima prova di forza della giunta golpista, che domenica sera (giorno nel quale scadeva l’ultimatum) ha riempito lo stadio di Niamey, dove più di 30.000 persone si sono radunate per manifestare il loro supporto ai golpisti e gridare slogan contro l’Ecowas e l’odiatissima Francia.Allo stadio era presente una delegazione dei membri del governo provvisorio nigerin,o che ha salutato il pubblico che sventolava bandiere nigerine e russe. A proposito di bandiere, anche ieri gruppi di manifestanti hanno sventolato per le vie della Capitale nigerina i vessilli del Wagner Group e urlato slogan contro la Francia. E l’Ecowas cosa fa, ora che è scaduto l’ultimatum? Al momento nulla e non solo perché il Senato nigeriano si è espresso contro l’uso della forza, visto che al Wall Street Journal un alto comandante di uno dei Paesi dell’Ecowas ha sostenuto che le forze armate della regione non sono in grado di lanciare subito un intervento militare in Niger: «Ora dobbiamo aumentare la forza delle nostre unità prima di prendere parte a un’azione militare di questo tipo». Ma allora perché annunciare un ultimatum con tanto di minacce di usare la forza se non sei in grado (in una settimana) di organizzare il blitz militare? Misteri africani. Altro mistero è quello legato all’affermazione dei golpisti nigerini, che ieri hanno detto di aver effettuato «un preschieramento per la preparazione dell’intervento in due Paesi dell’Africa centrale», senza specificare dove, come e perché. In ogni caso non dovrebbe accadere nulla di eclatante almeno fino a giovedì, giorno nel quale l’Ecowas terrà un vertice sul colpo di Stato in Niger, che si annuncia complicato dopo il no all’intervento armato del Senato della Nigeria e le divisioni sotterranee tra i Paesi membri. «Durante questo incontro, i leader dell’organizzazione dell’Africa occidentale discuteranno della situazione politica e dei recenti sviluppi in Niger», si legge nel comunicato stampa. Altro fattore che frena e non poco l’Ecowas è il pressing diplomatico che viene fatto a ogni livello affinché la crisi si risolva senza spargimenti di sangue. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, a Radio dimensione suono ha affermato: «Io credo che seguire la via diplomatica sia la scelta più giusta, perché dobbiamo scongiurare una nuova guerra nel continente africano. Abbiamo bisogno di stabilità, di pace. Ecco perché io ritengo sia giusto continuare il confronto. L’Italia è favorevole al ripristino ovviamente della democrazia in Niger, ma non si può neanche minimamente pensare a un intervento militare italiano ed europeo». Tajani ha anche detto: «Lavoriamo per la liberazione del presidente Bazoum, ma a favore della democrazia. Ripeto, sempre attraverso il dialogo, sempre attraverso il confronto costruttivo». Stessa posizione esprime il rappresentante speciale dell’Unione europea per il Sahel, Emanuela Del Re, che su Twitter scrive: «Continuiamo a seguire gli sviluppi in Niger. Sosteniamo l’Ecowas e siamo in contratto con tutti i partner per una soluzione diplomatica e per ristabilire l’ordine costituzionale». Anche la Germania, che in Niger ha molti interessi, predilige la via diplomatica e lo ha detto durante una conferenza stampa il portavoce del ministero tedesco degli Esteri: «Sosteniamo l’Ecowas nelle mediazioni che continuano, ci sono ancora colloqui con i golpisti in Niger e non c’è un automatismo verso un intervento militare. Ecowas ha più volte detto che lavora a una soluzione diplomatica e considera la violenza militare come ultimo mezzo». In ogni caso Berlino ritiene che i golpisti non dureranno: «Le sanzioni iniziano a fare il loro effetto così come per il denaro contante. I golpisti non avranno facilità nel gestire lo Stato nigerino sul lungo periodo».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/niger-crisi-ecowas-2662961205.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="sventato-un-attentato-a-zelensky" data-post-id="2662961205" data-published-at="1691499963" data-use-pagination="False"> «Sventato un attentato a Zelensky» Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha rischiato di morire in un attentato. Non è di certo il primo tentativo, ma questa volta i servizi segreti di Kiev hanno dichiarato di aver scoperto l’esistenza di un informatore che faceva parte di un piano per far fuori il loro leader. In un comunicato, l’Sbu (servizi di sicurezza ucraini) ha affermato di aver arrestato un’«informatrice dei servizi segreti russi che stava raccogliendo informazioni sulla prevista visita del presidente nella regione di Mykolayiv», vicino alla linea del fronte, in vista di un «massiccio attacco aereo». Secondo la stessa fonte, la donna, che lavorava in un negozio di una base militare, «ha cercato di stabilire l’orario e l’elenco dei luoghi dell’itinerario provvisorio del capo di Stato nella regione». La visita si è svolta senza incidenti a giugno dopo la rottura della diga di Kakhovka, che ha causato l’allagamento di gran parte dell’Ucraina meridionale. Adesso l’informatrice è accusata di diffusione non autorizzata di informazioni sul movimento di armi e truppe e rischia fino a 12 anni di carcere. Nel frattempo, si sono conclusi i colloqui internazionali ospitati nel fine settimana dall’Arabia Saudita, a Gedda. Incontri che per la Cina hanno contribuito a «consolidare il consenso internazionale sulla soluzione della crisi ucraina». L’inviato speciale cinese per gli Affari eurasiatici, Li Hui, «ha avuto ampi contatti e comunicazioni con tutte le parti sulla soluzione politica della crisi, ha ascoltato le opinioni e le proposte di tutte le parti e ha ulteriormente consolidato il consenso internazionale», secondo una dichiarazione diffusa dal ministero degli Esteri di Pechino. Però ha anche precisato in un colloquio telefonico avuto con l’omologo russo, Sergey Lavrov: «La Cina manterrà una posizione indipendente e imparziale» riguardo alla crisi ucraina «in qualsiasi circostanza internazionale e multilaterale». Al Cremlino non è piaciuto il vertice di Gedda: «Questo incontro non ha avuto nulla a che fare con gli sforzi di pace. La Russia non è stata invitata», ha spiegato il rappresentante permanente della Federazione russa presso le organizzazioni internazionali a Vienna, Mikhail Ulyanov. Secondo il diplomatico, un simile incontro non ha senso senza la partecipazione di Mosca. «Sfortunatamente, la vera politica nelle relazioni internazionali viene sostituita da attività di pubbliche relazioni e propaganda», ha aggiunto. L’attività diplomatica di certo non finisce a Gedda, anzi. Anche la Russia si muove tessendo e consolidando i rapporti con i suoi partner e incontrando mediatori utili alla causa della negoziazione, come il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan. Lo zar, Vladimir Putin, sarà in visita in Turchia nell’ultima settimana di agosto per incontrarlo. Secondo un quotidiano filogovernativo turco, lo stesso che ha dato la notizia, i due leader discuteranno la ripresa dell’accordo per l’esportazione del grano del Mar Nero, la questione siriana e i rapporti tra Azerbaigian e Armenia sullo sfondo della questione del Nagorno Karabakh. Erdogan, ha sostenuto una fonte dell’amministrazione di Ankara all’agenzia di stampa statale russa Ria Novosti, intende proporre allo zar la ripresa dei colloqui di pace per raggiungere un cessate il fuoco anticipato. Continuano intanto i bombardamenti in Ucraina. Kherson è stata colpita ripetutamente la scorsa notte e oltre a diversi feriti una donna di 59 anni è morta a causa di un colpo di artiglieria che ha colpito la sua casa. Zelensky però tranquillizza il suo popolo: «I terroristi non hanno missili che gli ucraini con i Patriot non possano fermare. I nostri soldati e la cooperazione con i nostri partner stanno davvero ripristinando la sicurezza globale violata da Mosca». Le autorità russe intanto riferiscono di aver abbattuto un drone a 200 chilometri da Mosca.
Manifestazione a Roma di Ultima Generazione (Ansa)