2021-08-14
Niente più stipendio per chi va in quarantena
Una circolare dell'Inps svela il bidone tirato ai lavoratori: il governo non ha stanziato i fondi per equiparare l'isolamento forzato alla malattia (663 milioni l'anno scorso). Meno risorse anche per le categorie «fragili». Mentre per il bonus terme i soldi si trovano.Ferragosto amaro per migliaia di magazzinieri, operai, commessi, cassieri e lavoratori del privato che sono stati messi in quarantena Covid e non potevano, per la natura del loro lavoro, ricorrere allo smart working. Governo e Parlamento hanno dimenticato di rifinanziare l'equiparazione della loro quarantena alla malattia per il 2021, come era stato fatto l'anno scorso con una spesa di 663 milioni per garantire le relative indennità. Brutte notizie anche per i lavoratori cosiddetti «fragili», per i quali invece c'è copertura finanziaria solo fino a 282 milioni di ammontare e per eventi verificatisi non oltre il 30 giugno. Lo si evince da una circolare Inps del 6 agosto scorso, che da quattro giorni girava in ambito sindacale con una certa incredulità. Errore? Scelta politica ben determinata? Dimenticanza? Probabile che il governo ci metta una pezza, ma di sicuro ci saranno ritardi e complicazioni. Anche alla luce di questo grave inciampo, risulta sempre più surreale il «bonus terme» da 200 euro appena varato dal governo. La mancanza dei fondi per le quarantene fiduciarie e per i lavoratori «fragili» (malati di cancro, malattie autoimmuni, forte immunodepressione, handicap gravi e soggetti costretti a terapie salvavita) sbuca dalla circolare Inps numero 2842 del 6 agosto scorso, che alcuni siti specializzati come Leggioggi.it avevano già intercettato il 9 agosto. La missiva dell'Istituto previdenziale inizia con una buona notizia, ovvero che vengono sbloccati migliaia di certificati di quarantena per l'anno 2020, sospesi perché privi della validazione degli operatori di sanità pubblica. L'Inps scrive di avere «ricevuto istruzioni» (dal governo, si immagina) di ritenere validi e sufficienti anche i certificati redatti dai medici curanti. La bomba a orologeria si scopre poche righe dopo, perché anche la corresponsione delle indennità di malattia sospese per i motivi di cui sopra sarà possibile nella misura in cui siano avanzati i fondi per il 2020. Nella circolare, si legge che «al riguardo, considerato l'obbligo per l'Istituto, come più volte rappresentato, di non superare lo stanziamento previsto (pari per il 2020 complessivamente a 663,1 milioni di euro) e di eseguire un costante monitoraggio degli oneri, si procederà al riconoscimento, per l'anno 2020, delle tutele di cui al citato articolo 26 entro i limiti di spesa richiamati». La norma citata è quella contenuto nel decreto «Cura Italia» del 2020, dedicata specificamente alla quarantena. Il messaggio dell'Inps prosegue rivelando una notizia sconcertante: «Il legislatore attualmente non ha previsto, per l'anno 2021, appositi stanziamenti volti alla tutela della quarantena […], pertanto, salvo eventuali interventi normativi, l'Istituto non potrà procedere a riconoscere la tutela previdenziale per gli eventi riferiti all'anno in corso». Due spiegazioni sulla quarantena rimasta senza fondi statali. La tutela si applica (o forse sarebbe il caso di dire che si applicava) alla sorveglianza attiva, con permanenza domiciliare e precauzionale. Ne avevano diritto i dipendenti privati (con l'esclusione degli iscritti alla Gestione separata Inps), e consiste in un trattamento economico equiparato alla malattia comune. Questa indennità «da isolamento» non si applica invece a chi resta a casa per Covid-19 (che è un caso di malattia ordinaria) e a chi, pur in quarantena, si è accordato con il datore di lavoro per fornire la propria prestazione da casa. Ovviamente, però, ci sono tanti lavori che non possono essere svolti dal salotto di casa, come gran parte delle mansioni da operaio, magazziniere, cassiere di supermercato. Sono costoro, in sostanza, le vittime di questa grave dimenticanza. All'atto pratico, va anche detto che i rischi di contenzioso con le aziende sono tutti da valutare, perché molti datori di lavoro eviteranno di lasciare il dipendente a casa senza retribuzione o di metterlo in ferie forzate. Più probabile, in attesa che il governo ci metta una toppa, che si ricorra a ferie e permessi su base volontaria. In attesa di un nuovo decreto Covid che disinneschi questa mina, ancora più imbarazzante la questione che riguarda i lavoratori «fragili». Al momento, per loro è stabilito il ricorso allo smart working almeno fino al 31 ottobre, anche attraverso lo svolgimento di mansioni differenti (ovviamente simili e non inferiori), o di corsi di formazione. Qui il punto è che fino al 30 giugno i periodi di assenza dal luogo di lavoro dei «fragili» in regime di smart working erano equiparati al ricovero ospedaliero, con conseguente trattamento economico a carico dell'Inps e relativa esclusione dal conteggio ai fini del superamento del periodo di comporto. Anche a costoro, si scopre dalla circolare Inps, si applicano i limiti dei 663,1 milioni per il 2020, mentre per l'anno in corso ci sono a disposizione solo 282,1 milioni, ma «per i soli eventi verificatisi fino al 30 giugno 2021». Insomma, si va a esaurimento e poi mancano almeno un centinaio di milioni per il resto del 2021, contando sul fatto che la pandemia ha registrato un netto rallentamento. Resta in ogni caso incredibile una dimenticanza del genere, specie per un governo che la scorsa settimana ha varato una misura da prima Repubblica come il «bonus terme» (53 milioni quest'anno), che rischia di farci ridere dietro da mezza Europa. Potrebbero almeno mandarci i magazzinieri in isolamento, e senza stipendio.