2019-03-18
Nessun sostegno ai piccoli autistici. E le famiglie sono in balìa delle coop
C'è chi fa la cresta su convenzioni milionarie e chi ostacola la creazione di servizi pubblici, costringendo i genitori ad arrangiarsi da sé. Così prolifera un business che sfrutta la sofferenza in nome dei soliti soldi.«Per le terapie di mio figlio spendiamo, ogni mese, almeno 1.200 euro. L'operatore che lo segue a casa costa 25 euro all'ora e fa 15 ore a settimana. Poi deve andare a nuoto, perché il contatto con l'acqua, hanno detto i dottori, è fondamentale. Ma non può fare il corso insieme agli altri, così paghiamo 20 euro per la lezione singola più altri 20 per l'educatore che lo affianca. E fanno più di 300 euro al mese. Poi ci sono gli imprevisti: quando gli si è cariato un dentino abbiamo dovuto sedarlo con anestesia totale per poter intervenire. Abbiamo speso 500 euro, ma era l'unico modo per evitare che avesse una crisi seduto sulla poltrona del dentista. Come facciamo a sopravvivere? Rinunciamo a tutto: vacanze, vestiti, mobili nuovi. E chiediamo soldi ai parenti, agli amici, al parroco. Ma c'è anche chi sta peggio… Una famiglia che conosciamo per aiutare il bimbo, ha dovuto vendere casa e si è indebitata fino al collo». Le parole sono quelle di Angela (nome di fantasia), mamma di un bimbo autistico di 11 anni, che vive in provincia di Avellino. Ma potrebbero essere quelle di qualunque altro genitore di chi soffre di questo disturbo del neurosviluppo, in qualunque altra parte d'Italia. Crescere un bambino autistico costa caro. Anzi carissimo. Non solo per l'impegno e i sacrifici che comporta, ma anche in termini di soldi. Non tutte le Aziende sanitarie offrono sostegno alle famiglie con bimbi autistici e anche quando il servizio è previsto le liste d'attesa sono lunghissime e i genitori, disperati, sono costretti a rivolgersi ai privati. È così che, intorno a questa sindrome terribile, è nato un business. Quello per cui Paolo Ruggirello, consigliere regionale Pd in Sicilia arrestato una settimana fa e reuccio delle cooperative di assistenza, intercettato al telefono diceva: «Benedetto autismo». In Italia, dove le certificazioni sono in aumento, nel 2017 l'Istat ha contato 38.000 alunni con autismo nelle classi tra la prima elementare alla terza media, pari allo 0,84% del totale, cioè un bimbo su 110. Negli Stati Uniti, dove si fanno ricerche più accurate un bambino su 68 (1,46%) presenta un disturbo dello spettro autistico (Autism spectrum disorders). L'autismo, però, non è una malattia e, infatti, non ha cure. È un disturbo dello sviluppo neurobiologico che impedisce a chi ne è affetto di interagire in maniera adeguata con le persone e con l'ambiente. Si manifesta con diversi livelli di gravità e gli approcci terapici sono tanti e tutti diversi. Nel 2011 tra le linee guida del ministero della Salute viene indicata l'educazione speciale intensiva basata sull'Analisi applicata del comportamento (Aba), già molto sviluppata in altri Paesi. Richiede l'intervento di operatori specializzati con costi molto elevati, eppure, gran parte delle spese restano a carico della famiglia. Nonostante l'autismo sia inserito tra i Lea (Livelli essenziali di assistenza) del Sistema sanitario nazionale, non esistono fondi dedicati e, a farsi carico dei progetti, sono le singole Ausl, con risultati ben diversi a seconda della realtà regionale in cui ci si trova. E comunque, sempre, insufficienti. Negli ultimi mesi il problema sta emergendo con forza e le cause per chiedere il risarcimento delle spese si moltiplicano. Il Tribunale di Roma, lo scorso ottobre, ha accolto il ricorso dei genitori di un bambino autistico costretti a rivolgersi a centri privati per la terapia Aba e ha condannando la Asl a rimborsare le spese sostenute per 40 ore settimanali per 48 mesi, pari a più di 153.000 euro. Ogni famiglia che si occupa privatamente dell'assistenza di un bimbo autistico spende, infatti, in media tra i 1.000 e i 2.000 euro al mese. Per tutta la vita (perché dall'autismo non si guarisce) e qualunque metodo scelga di utilizzare. Per le strategie Aba, per esempio, servono 500 euro per far valutare il caso, 25 euro all'ora per l'operatore per almeno 25 ore settimanali e 70 euro all'ora per il supervisore esperto, per cinque ore al mese, per i primi tre anni di percorso.Mentre, quando c'è, l'indennità di accompagnamento è di meno di 500 euro al mese. Cifre da capogiro, intorno alle quali si è, inevitabilmente, sviluppata una rete di interessi. Per esempio, come funghi nascono le cooperative che offrono assistenza, stipulano convenzioni milionarie con le Asl e poi pagano il personale, più o meno qualificato, pochi euro all'ora. Poi ci sono i formatori, che, fiutato il business, offrono corsi di ogni genere, oltre a centinaia di associazioni che propongono costose terapie forse utili, ma non certo risolutive (dai massaggi, alle diete, alla pet therapy), fino agli autori di libri che promettono cure miracolose come quella a base di cloro promossa da Healing the symptoms known as autism, in vendita su Amazon (nonostante la promessa di rimuovere il prodotto) a 52 euro a volume. L'indotto, insomma, è talmente grande che non sempre c'è un vero interesse a fare sì che l'assistenza passi in mano al pubblico, nemmeno quando sarebbe possibile. Ad Avellino, per esempio, dal 2002 le famiglie attendono la nascita di un centro per l'autismo. In quell'anno il Comune ottenne dalla Regione i finanziamenti europei, nel 2007 venne posta la prima pietra, ma, da allora, nonostante siano stati investiti ben 3,2 milioni di euro, tra imprese fallite, intoppi burocratici, ritardi e commissariamenti, il centro ancora non è stato completato. «Benedetto autismo», diceva Ruggirello, coinvolto in una maxi operazione antimafia. Con l'aiuto di medici, funzionari e dirigenti Asl, il consigliere siciliano procurava lavoro a una serie di coop di cui era referente e, secondo gli inquirenti, era pronto a creare una società per investire proprio sull'autismo, attraverso cui ottenere importanti entrate.
Il ministro della Giustizia carlo Nordio (Imagoeconomica)