2018-08-04
Nessun mea culpa da chi urlava al razzismo
Ieri ho provato a cercare sulle prime pagine dei giornali un commento dedicato alla vicenda di Daisy Osakue. Dopo l'arresto dei tre balordi (uno dei quali figlio di un consigliere del Pd) che colpirono la ragazza a un occhio con un uovo, speravo di trovare le scuse degli editorialisti che sin dal principio, cioè prima che fosse chiarita la matrice dell'episodio, si erano spinti a etichettare il fatto come un esempio di razzismo. Il giorno dopo il ferimento di Daisy, gran parte della stampa aveva fatto titoli a tutta pagina mentre direttori ed editorialisti avevano vergato righe vibranti contro la campagna d'odio alimentata da Matteo Salvini & C. Da Mario Calabresi e Francesco Merlo su Repubblica, a Marco Tarquinio e Maurizio Fiasco su Avvenire, tutti a ticchettare contro il ministro dell'Interno e contro chi, sugli immigrati, «scherza con il fuoco». «Vergogniamoci», aveva scritto il giornale dei vescovi. «Il silenzio complice del Viminale», aveva aggiunto quello di De Benedetti. In realtà qui il silenzio complice è quello dei quotidiani che il 31 luglio avevano lanciato l'allarme, scambiando un ordinario caso di teppismo contro i passanti per un grave episodio di razzismo. Eppure era chiaro sin dall'inizio che la banda dell'uovo era composta da balordi che andavano in cerca di sconosciuti da sporcare senza pietà con tuorlo e albume. Era chiaro fin dal principio che nel mirino non c'era Daisy in quanto ragazza dalla pelle nera e per di più con l'aggravante progressista di essere iscritta al Pd. L'evidenza testimoniava a favore di un gruppo di cretini in cerca di come passare la serata. Perché di lanci di uova erano già stati vittime un anziano automobilista, che si era visto insozzare il parabrezza mentre guidava e per questo aveva rischiato di andare a sbattere. L'uomo non era un immigrato, ma un italianissimo pensionato di Moncalieri. E tuttavia la macchina del falso che funziona a pieno regime nelle redazioni aveva scelto di imboccare la via del razzismo nonostante tutto facesse propendere la faccenda per un episodio di cronaca. Neppure la testimonianza di tre ragazze, anch'esse bianche, colpite all'uscita dal ristorante, aveva indotto a rivedere la posizione. Né era servito il racconto di un altro pensionato, la cui casa era stata oggetto di lanci di uova. E neppure, a far cambiare rotta agli editorialisti, era bastata la decisione della Procura di indagare per lesioni escludendo l'aggravante razzista. No, la frittata doveva dimostrare a tutti i costi che la banda dell'uovo era composta da pericolosi xenofobi amici di Salvini. Così, la macchina del falso è andata avanti per giorni, diffondendo una fake news.Poi però giovedì sera i carabinieri hanno identificato il gruppo di teppisti e dimostrato che quanto accaduto a Daisy non c'entrava nulla con il razzismo. E allora i giornali che hanno fatto? Repubblica ha pubblicato la notizia in un francobollo in prima pagina, dedicando però l'apertura ai poveri immigrati di Macerata presi di mira da Luca Traini. Sì, proprio così, non fuggiti perché dopo l'assassinio di Pamela qualcuno ha voluto vedere chiaro nei centri di accoglienza. No, allontanati dal sentimento razzista. E Avvenire? Il quotidiano dei vescovi si è superato, pubblicando a mezza pagina il seguente titolo: «Presi i lanciatori di uova. Bomba carta contro un campo rom». Nemmeno una riga per smontare l'allarme razzismo lanciato dallo stesso quotidiano. Non un accenno al fatto che uno dei «lanciatori» fosse figlio di un consigliere del Pd e non della Lega. E però, a mitigare la notizia dell'arresto dei balordi, ecco la bomba carta contro i rom. Tacendo di quegli altri rom che l'altro ieri hanno preso d'assalto il pronto soccorso dell'ospedale di Bergamo, perché volevano che la ferita lieve di una di loro avesse la precedenza su altri pazienti più gravi in attesa. Un'incursione finita a pugni contro gli infermieri e minacce contro i medici, tanto da spingere la direzione sanitaria a istituire una guardia armata in corsia. Però tutto ciò Tarquinio e compagni, quelli che il giorno dopo l'aggressione a Daisy scrivevano che guardando la fotografia con l'occhio tumefatto noi italiani avremmo dovuto vergognarci, lo hanno nascosto. Già, avrebbe smontato l'allarme bomba e fatto cadere il pericolo razzista. A questo punto, in stile Avvenire, ci viene un solo commento: vergognatevi.Ps. Chiusa la faccenda di Daisy, i giornali puntano sui migranti presi a pistolettate a Pistoia, mentre nascondono che a Milano un nigeriano ha cercato di violentare una ragazza in una delle stazioni della città è solo l'uso dello spray al peperoncino da parte della giovane ha impedito la violenza. Comunque visto che il pericolo razzista non attecchisce, la macchina del falso ha già pronto un nuovo allarme. Ora c'è la Russia che con falsi profili Facebook attacca Sergio Mattarella per conto del solito Salvini. Tranquilli, per attaccare il presidente della Repubblica non c'è bisogno di profili finti. Visto quello che fa e le prediche sugli immigrati che ci propina bastano i profili veri.
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