2021-10-22
Nella maggioranza segnali di disgelo. Le pensioni vanno verso quota 102
Mario Draghi (Getty Images)
Solo il M5s fa muro. Cruciali per un accordo sulle uscite l'Ape sociale, cara a dem e Italia viva, e la flessibilità per le Pmi.Sarà il pressing dei sindacati, sarà la posizione della Lega in seno al governo e il filo diretto tra Mario Draghi e Matteo Salvini, ma sul fronte pensioni si aprono le prime crepe. Al di là dei 5 stelle, sia Pd sia Forza Italia sembrano disposti a rivedere la proposta di quota 104 per incamminarsi verso una più ecumenica quota 102. Premessa: non saranno certo i partiti a decidere. Ma, contrariamente a quanto scritto dalla maggior parte dei quotidiani italiani, una volta fissato il budget di spesa complessivo sulle uscite anticipate dal mondo del lavoro nel triennio 2022-2024 (circa 2,5 miliardi) da Palazzo Chigi è arrivato l'ok a una trattativa che unisca i termini di budget alla realtà specifica italiana. Cioè la presenza di piccole imprese e l'attuale grossa differenza tra uomini e donne. Già ieri è così emersa la possibilità di applicare quota 102 sia nel 2022 sia nel 2023 e poi valutare l'idea di accoppiare a quota 104 strumenti in grado di sostenere le Pmi da un lato e fondi in grado di assistere i lavoratori precoci o gli usurati. D'altronde sull'ipotesi uscita dal cdm di martedì si sono scagliati anche i sindacati. Mentre ieri ha parlato l'ala più estrema del Pd. «Sulle pensioni», ha spiegato Giuseppe Provenzano, attuale vice segretario dem, «riteniamo essenziale che il governo incontri i sindacati. La nostra posizione è chiara, non tornare né a quota 100 né alla legge Fornero. Siamo per forme di flessibilità, ma il sistema delle quote finirebbe per ricreare quegli squilibri insopportabili che vanno corretti in almeno due direzioni: da un lato, estendendo l'Ape sociale e la platea dei lavoratori gravosi e usuranti; dall'altro, prorogando Opzione donna. Infine, resta aperto il tema di una pensione di garanzia per le nuove generazioni e i precari». Una posizione, quella di Provenzano, che solo a parole non può convivere con quella della Lega che ieri sembra aver ribadito una quota 102 ma anche un misto che sommi una certa flessibilità da legare a categorie specifiche. I fondi ci sono. Basti pensare che quota 102 flat per tre anni costerebbe alle casse dello Stato circa 1,8 miliardi a cui si possono aggiungere Ape sociale e qualche incentivo per le Pmi. Il costo rientrerebbe nel perimetro dei 2,5 miliardi. Applicare quota 102-104 costerebbe praticamente un miliardo e quindi ben sotto la spesa consentita da Draghi. A spiegare bene l'inghippo tecnico ieri è stato l'esperto Alberto Brambilla. «Nella proposta del governo inserita in manovra sulle pensioni, c'è un errorino tecnico, laddove si dice che nel 2023 si farà quota 104. Non va bene», ha tenuto a precisare il fondatore di Itinerari previdenziali, «perché se noi dovessimo fare nel 2022 quota 102 e nel 2023 quota 104, di fatto è come se rifacessimo la Fornero e per cinque anni non va più in pensione nessuno. Io devo dare almeno 18 mesi per poter consentire a quelli bloccati da quota 100 a quota 102 di poter andare in pensione. Se vogliamo aumentare qualcosa in più (ma per me è inutile), dobbiamo farlo dopo 18 mesi, non dopo un anno», ha ribadito alle agenzie. «È proprio un errore tecnico, si potrebbe forse eventualmente fare quota 103 ma no certamente quota 104. Così come non è opportuno spostare più in là quota 104 si annulla l'effetto. Va bene quota 102 con 38 anni di contributi: 4 anni di anticipo per l'età e 4 anni di anticipo per i contributi, è in equilibrio», precisa Brambilla. Il gap di cinque anni che si verrebbe a creare, così come spiegato dal fondatore di Itinerari previdenziali, è un importante allarme cui anche il governo deve prestare attenzione. L'effetto sarebbe quello di ingolfare gli anni successivi e sbilanciare il mercato del lavoro. A questo va aggiunto il tema delle Pmi. L'Italia è piena di aziende con meno di 15 dipendenti e le numerose tipologie di scivoli previste dai vari decreti tendono a concentrarsi sulle aziende più grandi. Fino a oggi i singoli dipendenti delle Pmi si sono trovati fuori dagli incentivi all'uscita. Non sappiamo come sarà declinato il cavallo di battaglia leghista, ma certo dovrà anche tenere presente il giusto mix di interventi sui lavori gravosi e quelli usuranti, compreso, come detto sopra, anche Ape sociale che è una misura che piace sia al Pd sia ai renziani di Italia viva. Mancano pochi giorni. Martedì prossimo ci sarà il cdm destinato a varare la manovra. Entro quel pomeriggio la maggioranza dovrà aver trovato la quadra. Un punto di caduta che con le aperture di Pd e Forza Italia oggi sembra molto vicino a quota 102. Gli appelli di Elsa Fornero sembrano destinati a cadere nel vuoto.
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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Chi ha inventato il sistema di posizionamento globale GPS? D’accordo la Difesa Usa, ma quanto a persone, chi è stato il genio inventore?