
La missiva contiene richieste per colmare lo 0,5% di deficit. Domani le anticipazioni della manovra di ottobre. Olli Rehn nega la garanzia monetaria al debito invocata da Matteo Salvini e avvia il braccio di ferro per il posto di Mario Draghi.Annunciata, è già arrivata. Da ieri la lettera Ue sullo stato di fatto del debito pubblico e del disavanzo è nelle mani del ministro Giovanni Tria. Dentro la richiesta di chiarimenti che giustifichino, secondo l'esecutivo, il mancato rispetto della regola del debito nel 2018, anno in cui il debito pubblico italiano, anziché diminuire in rapporto al Pil, è aumentato dal 132,2%, dal 131,4% del 2017, per via della crescita debole dell'economia italiana. Si tratta di un passaggio formale previsto, propedeutico alla redazione di un rapporto in cui la Commissione valuta le ragioni che spiegano il mancato rispetto della regola del debito, per cui se uno Stato ha un debito superiore al 60% del Pil, come è il caso dell'Italia, deve ridurlo in misura soddisfacente.Fino a qui la forma, a cui Tria dovrà attenersi rispedendo una risposta a Bruxelles entro domani sera. Ieri, nel tardo pomeriggio, il capo del Mef è stato a Palazzo Chigi per concordare con Giuseppe Conte una linea anche se non c'è da aspettarsi in questo momento una risposta troppo brusca. Cioè, una replica che già contenga le linee guida di quella che potrebbe essere la prossima manovra. Infatti, la legge di bilancio 2020 potrebbe usare il deficit per applicare il taglio delle tasse, anche se restano ancora da trovare circa 15 miliardi di coperture per tappare le clausole di salvaguardia. Sempre che non scatti l'aumento dell'Iva. Non è però sulla lettera Ue che bisogna concentrare l'attenzione bensì sulla Bce. Martedì Matteo Salvini in uno dei suoi discorsi in diretta Facebook aveva auspicato che la Bce garantisse i titoli di Stato italiani. Un modo per non ballare la rumba durante le aste di agosto. Il governatore finlandese e membro della Bce, Olli Rehn, è intervenuto a gamba tesa: «Non è consentito il finanziamento monetario, un'attività che comprende anche il fare da garante per un singolo Paese o per l'intera area euro». Come dire, nessun sostegno da parte della Bce dopo Mario Draghi. La dichiarazione ha chiaramente un fine politico. Rehn ha infatti aggiunto che bisognerà rivedere l'attività della Banca centrale e i parametri di gestione dell'inflazione. Rehn è candidato alla poltrona di governatore e sa che con l'Italia deve trovare un accordo. Adesso spara alto per poi trovare un punto di caduta: sa bene che Roma dovrà scegliere tra il suo nome e quello di Hans Weidmann, il candidato tedesco. Ieri sul tema è intervenuto anche l'attuale vicepresidente, Luis de Guindos, che dei tedeschi è un fido scudiero. «La lezione è abbastanza evidente», ha detto de Guindos , «è molto importante rispettare le regole di bilancio». E dai mercati «penso che il messaggio sia molto, molto chiaro se lo spread fluttua in funzione delle tensioni con Bruxelles. Del resto le incertezze sulle politiche economiche italiane», ha aggiunto, «sono state un freno alla crescita dell'Eurozona». Un'affermazione che non trova alcun riscontro scientifico e serve ad alzare i toni. Perché l'unico vero obiettivo è trovare un accordo nella trattative delle nomine. A livello di Bce e di Commissione. Il nostro tallone d'Achille si chiama però sistema bancario.Le banche italiane, con molti Btp in bilancio, sono esposte a improvvisi aumenti dei premi di rischio. E un aumento dello spread equivale a una stretta finanziaria sul sistema Italia. Il differenziale tra i titoli italiani e tedeschi a dieci anni continua a viaggiare sopra quota 280 e ha chiuso la seduta a 282 punti base. Salvini o chi per esso è consapevole che un passo indietro della Bce sul nostro debito affosserebbe le nostre banche. E con il bail in se salta una banca salta anche il governo. Per questo l'altro ieri il leader leghista ha proposto che la Bce diventi «garante del debito». Un'idea che a Francoforte preoccupa, essendo contraria allo statuto della Bce come ieri ha sbandierato Olli Rehn. «Il solo evocarla, agli occhi dei banchieri centrali, equivale a togliere responsabilità alla politica di bilancio, un liberi tutti che svuota il Patto di stabilità che è alla base dell'euro», spiega la vulgata.Qui si innesca il circolo vizioso da cui bisognerebbe uscire. Se volessimo rispettare le regole dovremmo azzerare il deficit al momento stimato intorno al 2,5%. Ballano 11 miliardi in più rispetto all'inverno scorso. Intervenire con un rialzo delle tasse significa accoppare l'economia. Ma il taglio delle imposte in questo momento si può fare solo a deficit e con il sostegno della politica monetaria, altrimenti ci ritroveremmo nella solita stagnazione. Il prossimo mese è decisivo. Se il governo riuscirà a partecipare attivamente al mercato delle vacche Ue sostenendo i migliori candidati potrà trovare appoggio per sforare e tagliare le tasse. Non ci sono questioni di principio ma solo di poltrone.
Maria Chiara Monacelli
Maria Chiara Monacelli, fondatrice dell’azienda umbra Sensorial è riuscita a convertire un materiale tecnico in un veicolo emozionale per il design: «Il progetto intreccia neuroscienze, artigianato e luce. Vogliamo essere una nuova piattaforma creativa anche nell’arredamento».
In Umbria, terra di saperi antichi e materie autentiche, Maria Chiara Monacelli ha dato vita a una realtà capace di trasformare uno dei materiali più umili e tecnici - il cemento - in un linguaggio sensoriale e poetico. Con il suo progetto Sensorial, Monacelli ridefinisce i confini del design artigianale italiano, esplorando il cemento come materia viva, capace di catturare la luce, restituire emozioni tattili e raccontare nuove forme di bellezza. La sua azienda, nata da una visione che unisce ricerca materica, manualità e innovazione, eleva l’artigianato a esperienza, portando il cemento oltre la funzione strutturale e trasformandolo in superficie, texture e gioiello. Un percorso che testimonia quanto la creatività, quando radicata nel territorio e nel saper fare italiano, possa dare nuova vita anche alle materie più inattese.
Diego Fusaro (Imagoeconomica)
Il filosofo Diego Fusaro: «Il cibo nutre la pancia ma anche la testa. È in atto una vera e propria guerra contro la nostra identità culinaria».
La filosofia si nutre di pasta e fagioli, meglio se con le cotiche. La filosofia apprezza molto l’ossobuco alla milanese con il ris giald, il riso allo zafferano giallo come l’oro. E i bucatini all’amatriciana? I saltinbocca alla romana? La finocchiona toscana? La filosofia è ghiotta di questa e di quelli. È ghiotta di ogni piatto che ha un passato, una tradizione, un’identità territoriale, una cultura. Lo spiega bene Diego Fusaro, filosofo, docente di storia della filosofia all’Istituto alti studi strategici e politici di Milano, autore del libro La dittatura del sapore: «La filosofia va a nozze con i piatti che si nutrono di cultura e ci aiutano a combattere il dilagante globalismo guidato dalle multinazionali che ci vorrebbero tutti omologati nei gusti, con le stesse abitudini alimentari, con uno stesso piatto unico. Sedersi a tavola in buona compagnia e mangiare i piatti tradizionali del proprio territorio è un atto filosofico, culturale. La filosofia è pensiero e i migliori pensieri nascono a tavola dove si difende ciò che siamo, la nostra identità dalla dittatura del sapore che dopo averci imposto il politicamente corretto vorrebbe imporci il gastronomicamente corretto: larve, insetti, grilli».
Leonardo
Il fondo è pronto a entrare nella divisione aerostrutture della società della difesa. Possibile accordo già dopo l’incontro di settimana prossima tra Meloni e Bin Salman.
La data da segnare con il circoletto rosso nell’agenda finanziaria è quella del 3 dicembre. Quando il presidente del consiglio, Giorgia Meloni, parteciperà al quarantaseiesimo vertice del Consiglio di cooperazione del Golfo (Ccg), su espressa richiesta del re del Bahrein, Hamad bin Isa Al Khalifa. Una presenza assolutamente non scontata, perché nella Penisola araba sono solitamente parchi con gli inviti. Negli anni hanno fatto qualche eccezione per l’ex premier britannica Theresa May, l’ex presidente francese François Hollande e l’attuale leader cinese Xi Jinping e poco altro.
Emmanuel Macron (Ansa)
Bruxelles apre una procedura sull’Italia per le banche e tace sull’acciaio transalpino.
L’Europa continua a strizzare l’occhio alla Francia, o meglio, a chiuderlo. Questa volta si tratta della nazionalizzazione di ArcelorMittal France, la controllata transalpina del colosso dell’acciaio indiano. La Camera dei deputati francese ha votato la proposta del partito di estrema sinistra La France Insoumise guidato da Jean-Luc Mélenchon. Il provvedimento è stato approvato con il supporto degli altri partiti di sinistra, mentre Rassemblement National ha ritenuto di astenersi. Manca il voto in Senato dove l’approvazione si preannuncia più difficile, visto che destra e centro sono contrari alla nazionalizzazione e possono contare su un numero maggiore di senatori. All’Assemblée Nationale hanno votato a favore 127 deputati contro 41. Il governo è contrario alla proposta di legge, mentre il leader di La France Insoumise, Mélenchon, su X ha commentato: «Una pagina di storia all’Assemblea nazionale».






