2018-09-18
Nel Pd si fanno la guerra con le cene. Finiranno tutti sul carrello dei bolliti
La notizia è di quelle che fanno tremare le vene dei polsi. Paolo Gentiloni, già ministro degli Esteri e presidente del Consiglio, Marco Minniti, ex numero uno del Viminale, e Matteo Renzi, fu premier e fu segretario del Pd, hanno deciso di accettare l'invito a cena di Carlo Calenda, che nei governi guidati dal primo e dal terzo è stato ministro allo Sviluppo economico, mentre del secondo solo compagno di banco. È stata più dura che far incontrare Donald Trump e Ciccio Kim Jong Un, o che mettere insieme nella stessa stanza Recep Tayyip Erdogan e Bashar Assad, ma alla fine sembra che il quartetto Cetra del Partito democratico tornerà unito a sedersi nel salotto dei Parioli e a intonare le note dell'Internazionale, che per chi non lo sapesse comincia con «Compagni, avanti! Il gran partito, noi siamo dei lavoratori». Fino a ieri la banda dei quattro che appassiona i cultori della soap opera piddina faceva perfino fatica a salutarsi. Di telefonarsi poi neanche a parlarne, tanto che gli unici punti di contatto erano le interviste che a turno si scambiavano, facendole rimbalzare a giorni alterni sulle pagine di quotidiani vari. Ora però, messe da parte le divisioni e atteso che Renzi rientri dalla Cina dopo uno dei suoi numerosi viaggi, l'incontro che si aspettava da mesi ci sarà. Non è ancora noto quale sarà il menù che Carlo Calenda predisporrà per agevolare il vertice, né chi sarà il cuoco incaricato di supervisionare con i suoi manicaretti il patto della ciambella rossa, ma la notizia della cena ha già mandato in solluchero i poco numerosi fan. Il sito internet del quotidiano La Repubblica ha deciso di dedicare l'apertura alla sconvolgente notizia, titolando «La cena a casa Calenda si farà». Insomma, un colpo di scena degno del miglior film giallo, dove l'assassino si scopre all'ultimo e viene smascherato dal detective per hobby.Quando però già si preparavano i festeggiamenti, ecco arrivare Nicola Zingaretti a rompere le uova nel paniere. Costui, forte della parentela con il commissario Montalbano (ne è il fratello, a riprova che la realtà a volte è più sorprendente della fiction), si è messo in testa di diventare segretario del Pd, gabbando tutti gli altri. Da giorni lavora allo scopo, maneggiando correnti e stringendo alleanze. Per assenza di candidati che potessero competere con lui probabilmente già si sentiva la vittoria in tasca e dunque appena saputo della cena fra quattro ex nemici al bar Calenda, Zingaretti ha preso le contromisure e indetto una controcena in trattoria. All'appuntamento pare sia stati invitati un operaio, uno studente, un volontario e un amministratore. Anche in questo caso non è stato reso noto il menù dell'importante appuntamento, ma già si conosce lo slogan coniato dal candidato segretario: tovaglia rossa (a quadretti) la trionferà. Nello scontro fra cene c'è ovviamente tutto il dramma della sinistra di lotta contro quella cotta, un momento storico che mostra come dallo slow food si sia passati allo slow think. Menù contro menù: trattoria de borgata contro ristorante stellato. Difficile capire chi alla fine trionferà nella rivoluzione della pajata, se i compagni con il lastrico solare esclusivo sui tetti di Roma o quelli semplicemente sul lastrico. Sta di fatto che nella guerra delle cene, c'è un povero cristo che rischia di rimanere a dieta. Il poveretto è Maurizio Martina, un tipo smunto che si è trovato messo in mezzo nella guerra dei due cuochi. Non avendo un mestiere e non essendo stato invitato né ai Parioli né in trattoria è il solo che rischia di rimanere a bocca asciutta e di dover pagare il conto. Per lui una sola consolazione: finite le cene, avanzerà il carrello dei bolliti. E quello si annuncia nutrito.
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