2023-08-09
Racchettata ai trans dalla Navratilova. «Tennis con le donne? Siete maschi falliti»
Martina Navratilova (Getty Images)
L’ex atleta russa contesta la Federazione Usa, che ha fatto gareggiare un uomo nei tornei femminili: «È patriarcato».Quando si parla di atleti trans, o «transatleti», rivendicando una presunta inclusione del «diverso», sfugge sempre un piccolo particolare. Che è un fatto, non certo un’opinione. E cioè che, nelle competizioni maschili, di atleti trans non v’è traccia. Nelle competizioni femminili, al contrario, si contano ormai a centinaia i casi di transgender che da uomini erano mezzecartucce ma che, da «donne», hanno iniziato a far incetta di medaglie. In tutto ciò, naturalmente, c’entra la biologia. Che, com’è noto, ha dotato gli uomini di una forza fisica superiore rispetto a quella dell’altra metà del cielo. La stessa forza fisica che, ad esempio, ha permesso al lottatore ed ex marine Fallon Fox, nato Boyd Burton, di dominare la scena Mma femminile e di fracassare il cranio a più di un’avversaria. Benché drogato dalla consueta propaganda, che mette in mala voce chiunque si discosti dalla retorica dominante, il dibattito sugli atleti trans è ancora vivo. Certo, la pressione sociale è fortissima e serve una buona dose di coraggio per sfidare le armate arcobaleno. Eppure, c’è chi proprio non vuole arrendersi di fronte a questa evidente ingiustizia. È il caso, tra gli altri, di Martina Navratilova. Icona vivente del tennis mondiale, l’ex regina del Grande slam non ha mai nascosto la sua contrarietà netta e incondizionata alla partecipazione dei trans alle competizioni femminili: «Non è giusto e non è corretto», ha scritto l’altro ieri su X (già Twitter), commentando le vittorie di Alicia Rowley, un tennista transgender che gareggia nei tornei over 55 riservati alle donne. Polemizzando direttamente con la Federazione americana di tennis (Usta), l’ex giocatrice ceca ci è andata giù parecchio pesante: «Ehi, Usta, il tennis femminile non è per atleti maschi falliti, qualunque sia la loro età. Questo sarebbe consentito agli Us Open di questo mese? Solo con un documento d’identità? Non credo…». La discussione, come c’era da attendersi, si è presto surriscaldata. Ma la Navratilova non si è tirata indietro: «È una forma di patriarcato che gli uomini biologici insistano sul diritto di entrare negli spazi creati per le donne. Quanto è difficile da capire? È patriarcato che gli uomini biologici insistano sul diritto di competere nelle categorie sportive femminili». Insomma, l’ex stella del tennis non le ha certo mandate a dire. E pensare che la Navratilova ha un pedigree progressista di tutto rispetto: dissidente anticomunista, rifugiata politica, sostenitrice del Partito democratico, femminista, lesbica e attivista dei diritti Lgbt. I riferimenti al tanto vituperato «patriarcato», del resto, sono piuttosto eloquenti. Eppure, malgrado queste credenziali impeccabili, anche lei è finita nel tritacarne dei «buoni». E tutta la sua storia sembra quasi dimenticata. Ripercorriamola brevemente. Già nel 1981, poco dopo aver ottenuto la cittadinanza statunitense, la Navratilova dichiara la sua bisessualità, per poi definirsi unicamente lesbica (ancora oggi è sposata con la compagna Julia Lemigova). Il suo orientamento sessuale, dopotutto, già negli anni Ottanta la trasforma presto in un’icona e una madrina del movimento arcobaleno. Non a caso, l’ex tennista ceca si è anche impegnata in prima persona per i diritti Lgbt nel mondo dello sport, soprattutto aderendo ad Athlete Ally, un’associazione che si occupa della tutela degli sportivi omosessuali. Nel 2019, però, ecco che qualcosa si rompe. In più occasioni la Navratilova definisce una «follia» e un «imbroglio» che uomini che si identificano come donne possano gareggiare nelle competizioni femminili: «È sicuramente ingiusto per le donne che devono competere con persone che, biologicamente, sono ancora uomini. Sono felice di rivolgermi a una donna transgender in qualsiasi forma preferisca, ma non sarei felice di competere con lei». Questa e altre consimili dichiarazioni le costano caro, con l’Athlete Ally che la espelle dalla propria associazione giudicandola «transfobica». Nonostante le accuse di essere una Terf («femminista radicale trans escludente»), però, le sue idee non sono mai cambiate, come confermano i tweet al vetriolo di questi giorni.Eppure, in questa battaglia di civiltà, Martina Navratilova non è sola. A far scalpore, infatti, c’è anche Caitlyn Jenner. Che quasi tutti ricorderanno come William Bruce Jenner, diventato famoso nel 1976, alle Olimpiadi di Montréal, per essersi aggiudicato la medaglia d’oro nel decathlon. Ebbene, pur essendo un trans, Jenner ha sempre giudicato ingiusto che le gare femminili vengano colonizzate da atleti nati uomini. Lo scorso aprile, quando infuriava la polemica sull’influencer trans Dylan Mulvaney, scelto come testimonial per l’abbigliamento sportivo femminile della Nike, l’ex medaglia d’oro si sfogò così su Twitter: «Smettetela di provare a cancellare le donne! Le differenze tra uomini e donne sono reali e sono una buona cosa! Riconoscerlo non danneggia i trans. Perché è così difficile accettarlo per la mafia dei radicali arcobaleno?!». Parole sacrosante.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.