2023-12-17
Nadia Dalle Vedove: «Con la poesia indago l’anima del mondo»
Nel riquadro, Nadia Dalle Vedove (IStock)
Prima la passione per il cinema e i documentari e poi il trasferimento a Trieste come libraia: «La qualità dei rapporti sta svanendo perché la forma deviata del capitalismo ha corrotto l’armonia del cosmo. Uno scrittore è un artigiano che inchioda parole tra loro».Nadia Dalle Vedove (Como, 1973) si diploma in sceneggiatura cinematografica e documentaristica alla civica scuola di cinema di Milano, si trasferisce a Trieste dove è libraia. Ha pubblicato la pièce teatrale Estranei (Edizioni del Gattaccio, 2015), il romanzo Fino all’ultimo inverno (Bookabook, 2016) e il memoir Alfabeto Nina (Italo Svevo, 2021). La sua ultima opera si intitola Mi farò punteggiatura, antologia della sua poesia per i tipi di Transeuropa (2023).Ci faremo punteggiatura? Destino segnato per ogni autore o poeta?«Il titolo di questo mio ultimo libro riporta tutto a quel limbo della meraviglia che è stata l’adolescenza quando, guidata da inconsapevolezza e spirito di conoscenza primordiali, ho incontrato la scrittura. Una delle poesie contenute in questa silloge inizia proprio così: “Mi farò punteggiatura”. Forse quell’età, oltre a essere il luogo dell’indomabile e delle intuizioni più illuminanti, è anche quella delle profezie laiche delle nostre fedi future. Rileggerle da un tempo così distante e decidere di pubblicarle ora, mi sta facendo riflettere su quanto siano state l’ago della mia bussola identitaria. L’idea diffusa di destino come di un volere che si auto-determina contiene una sorta di assegnazione del disvelamento di sé molto rischioso, soprattutto in ambito artistico. Nella mia visione dell’essere scrittore o poeta individuo come fondante l’aspetto dell’artigianalità, dell’inchiodare le parole tra loro con cura e determinazione; del levigarle attraverso la scelta di sinonimi che connotino con quanta più precisione possibile le loro tonalità e sfumature; dell’accostarle per inerenza o irriverenza ritmico-sonora sottraendole all’isolamento nel quale vivono dentro a un dizionario attraverso quel momento magico in cui l’autore le fa diventare verso, frase, paragrafo, capitolo. In questo senso la parola riguarda profondamente il paradigma della relazione. La poesia e la letteratura sono la patria della mia socialità».Il volume raccoglie poesie giovani e poesie mature, abbraccia testi composti nell’arco di trent’anni. Quanto è cambiato il suo rapporto con la scrittura e il suo modo di comporre versi? «Mi emoziona che siano rimaste sulla carta per così tanti anni. Ho scritto le mie prime poesie a mano e con la macchina da scrivere, con una partecipazione totale del corpo e della mente: temperare la punta di una matita, scegliere se usare la penna stilografica o a sfera, picchiare sui tasti della mia “Lettera22” anziché su quelli del pianoforte, fanno parte di un percorso compositivo (e artigianale) molto speciale per me che in quegli anni studiavo musica all’Istituto magistrale. Matematica, latino, geografia, armonia musicale, canto corale, pianoforte fino al grande bivio finale: musica o letteratura? Questi versi, scritti di nascosto sotto al banco di scuola, sono la risposta diretta: quaderni, spartiti, quarte di copertina di sussidiari, ogni angolo di carta era buono per afferrare al volo le parole che mi suonavano in testa. Allora scrivevo senza una traiettoria editoriale, senza il rigore dell’esercizio quotidiano perché tutto seguiva il principio dell’estemporaneità. Dimenticare una poesia o un racconto in un cassetto significava non avere vincoli con l’opera e lasciarla vivere in una dimensione che oggi si è del tutto rovesciata perché pubblicare significa perseverare, salvaguardare e riconoscere che un libro è terminato solo nel momento in cui viene letto da un “altro”».Scricchiolare, identità, anime incerte, corpi che bruciano, inquietudini, mani che tremano… «sono fatta» scrive «della salvezza che mi concedi». Ma l’uomo è un progetto così labile, fragile, vivo ma sul punto di essere spazzato via?«Empatia, silenzio, ascolto. L’essere umano si è impoverito sul piano della qualità delle relazioni sociali, inter-familiari e nel dialogo col mondo della natura e degli animali. La forma deviata del pensiero capitalista e le sue leggi imperanti sono riuscite a corrompere e a inibire l’armonia dell’intero cosmo. L’uomo sarà spazzato via dall’uomo».In precedenza ha pubblicato il memoir Alfabeto Nina: la ricostruzione di una madre che era piena «di sensi di colpa» poiché diceva di sentirsi «una madre inadeguata» e invece è stata «una madre straordinaria». Una struggente ridefinizione in ventuno capitoli, come le lettere del nostro alfabeto di una volta. Può capitare che certe opere scritte di getto, con dentro tanto sentimento, così biografiche e personali, diventino quasi impossibili da navigare, da rileggere. Lei lo riscriverebbe? È contenta di averlo fatto? Che cosa ha scoperto lavorandoci - e lavorandosi - dentro?«Non lo riscriverei perché al momento non sosterrei un nuovo trasloco. È una battuta ma contiene la leva che ha mosso la motivazione a dedicarmi a un libro così autobiografico. Mia madre (Nina) aveva iniziato a dare i primi segnali di demenza senile proprio mentre mi stavo trasferendo qui a Trieste. Durante lo svuotamento degli scatoloni di libri nella mia nuova casa mi sono ritrovata per le mani romanzi e memoir legati alla figura materna scritti da Georges Simenon, Simone De Beauvoir, Erri De Luca e tantissimi altri autori che avevo letto negli ultimi vent’anni. In un rapido gioco di specchi, ho iniziato a intrecciare le trame di quei libri alla storia della separazione da mia madre e insieme siamo diventate un libro. Come potrei non volerlo riscrivere? È stato definito spesso un inno alla vita e questa è stata la scoperta più grande: aver consegnato ai lettori una storia personale che hanno fatto diventare universale, perché è sempre il lettore che completa un’opera.Domanda trabocchetto: l’umanità ce la farà a salvarsi o si perderà nella propria natura?«L’umanità potrà salvarsi se indicherà all’intelligenza artificiale che il ritmo cardiaco di un essere umano, nella sua precisione imprecisione, è la sola metrica vitale capace di creare armonia».
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