2022-10-15
Musk tira il freno sui satelliti a Kiev e prepara la via d’uscita dal conflitto
Il magnate sa che è impossibile ma chiede al Pentagono di pagare i costi di Starlink. La mossa nasconde una strategia di alleggerimento. Affidate ai privati pure le trattative coi russi sull’azoto per i fertilizzanti.Quella in Ucraina è la prima vera guerra combattuta dai satelliti e con i satelliti. Ogni obiettivo raggiunto è frutto di una valutazione presa a chilometri di distanza grazie a satelliti in orbita e a potenti tecnologie predittive. La superiorità tecnologica americana si misura tutta qui. È così elevata da mettere in crisi tutti gli altri eserciti. Il test ucraino lo dimostra perfettamente. Si stima che in questo momento nel territorio dell’ex Paese sovietico siano attivi qualcosa come 40.000 terminali. Tradotto, altrettante postazioni che ricevono informazioni dalle società specializzate in informazioni satellitari e, grazie a sistemi di alert, vanno a segno contro un carrarmato piuttosto che una postazione nemica. I primi giorni di marzo, il ministero della Transizione digitale di Kiev ha preso carta e penna e ha mandato una lettera a otto società per chiedere sostegno satellitare contro l’invasione russa. Nel dettaglio, la lista dei desiderata contiene immagini in tempo reale (significa scarto di poche decine di minuti), analisi dei dati e condivisione immediata tramite sistema cloud. A ricevere la missiva, due sole aziende europee. Airbus, che però basa le proprie informazioni su una costellazione satellitare di natura civile e quindi lenta, e la finlandese Iceye, che al contrario offre immagini con uno scarto di un solo metro. Una azienda è coreana, la Si Imaging services. Tutte le altre sono americane. Si va da Capella con sede a San Francisco, fino a Maxar technologies con sede in Colorado, la celebre Blacksky e la californiana Planet Lab. L’ultima della lista è inutile dirlo la Space View di Elon Musk. Tutte hanno risposto in modo affermativo al governo di Zelensky. Motivo per cui il proprietario di Twitter si sentì direttamente minacciato dagli avvertimenti di Dmitry Olegovich Rogozin, già capo dell’agenzia spaziale russa. Musk da subito ha capito di poter divenire un potenziale target per via di una piccola ma importante controllata di SpaceX. La Starlink ha da subito garantito una ottima connessione di banda e consentito di guidare i droni di Kiev contro le postazioni russe e con il passare dei mesi è diventata la sola fornitrice di circa la metà dei terminali operativi in Ucraina. Fino a ieri, quando il miliardario stellare ha fatto sapere di non essere più in grado di sostenere i costi. «Non siamo nella posizione di donare altri terminali o di finanziare i terminali esistenti per un indefinito periodo di tempo», ha scritto al Pentagono il direttore di SpaceX per le vendite governative». In luglio il comandante generale dell’esercito ucraino, Valerii Zaluzhniy, aveva richiesto a Musk circa altri 8.000 terminali Starlink, rivela la Cnn. Nei giorni scorsi Musk aveva lanciato una controversa proposta di pace che prevede la cessione della Crimea e la ripetizione dei referendum nelle regioni orientali sotto l’egida dell'Onu. Proposta accolta positivamente da Mosca ma non dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che aveva chiesto al magnate americano da che parte stesse. Interessante notare che il mese scorso erano circolate notizie, non smentite da SpaceX, di blackout al servizio e perdite di comunicazione, con conseguenze per la prima linea e per il proseguimento della controffensiva. In un teatro di guerra così mediatico non è più dato sapere dove cada il punto mediano della verità. È però interessante rilevare quanto le mosse di Musk siano un elemento di cambio dello scenario. A marzo ha attivamente contribuito assieme a Blacksky all’avvio della fase bellica, poi da agosto ha permesso di inserire il turbo contro un esercito digitale come quello russo. Infine, con la frenata delle relazioni, le parole del patron di Tesla sollevano una serie di dubbi sui costi della guerra. Probabilmente nella testa delle società americane l’avanzata ucraina avrebbe dovuto sfondare. Invece ha trovato un nuovo muro. I costi da sostenere per la fornitura della copertura satellitare sono probabilmente superiori al miliardo. Immaginare di andare avanti così per tutto il 2023 senza poter pareggiare le spese con i fondi pubblici per la ricostruzione è evidentemente insostenibile. Non a caso persino Joe Biden ha ritenuto di dover dare una strigliata a Zelensky tanto da definirlo ingrato. Il tentativo di Musk di avviare una mediazione è per certi versi il proseguimento della filosofia della guerra. Il Pentagono ha affidato a società private il lavoro più delicato. Le stesse che adesso forse per incarico informale tentano un ripiego senza coinvolgere la Casa Bianca. Più o meno quanto sta accadendo sul fronte industriale. La notizia delle trattative con il magnate Andrej Melnichenko per sbloccare l’export di azoto verso l’Occidente mira chiaramente ad evitare lo stop della produzione di fertilizzanti. L’azienda russa ma privata garantisce all’incirca l’80% dei flussi mondiali della materia prima fondamentale per l’agricoltura. Come nel caso dei satelliti, a trattare con il magnate russo sarebbero altre aziende private, sebbene con una supervisione Onu. In ogni caso è chiaro che gli Usa si preparino a dicembre, quando le elezioni di Mid term avranno cambiato l’equilibrio interno.