2022-10-14
Mps chiude l’aumento, il titolo crolla
Nel riquadro, Luigi Lovaglio (Ansa)
Si parla con iperottimismo di «nuova Ipo» per Siena. In realtà si tratta di un’operazione fortemente diluitiva del capitale penalizzata del 33% in Borsa. Lite Comune-Fondazione.Alla fine la quadra è stata trovata nella notte di mercoledì e il rischio di dover rimandare l’aumento di capitale è stato sventato. Ma il cammino del Monte dei Paschi, seppur lastricato di buone intenzioni, resta impervio. Non a caso il titolo ieri si è schiantato a Piazza Affari con un crollo del 33,1% a 17,1 euro, dopo che il cda ha fissato le condizioni della ricapitalizzazione che prevede l’emissione delle nuove azioni a un prezzo di 2 euro l’una e con un rapporto di emissione di 374 titoli ogni azione in circolazione. La natura iperdiluitiva dell’operazione che abbatterà la quota di partecipazione al capitale di chi non sottoscrive l’aumento, ha alimentato le vendite. Facendo temere un effetto Saipem, che aveva lanciato di recente una ricapitalizzazione simile chiusa con appena il 70% delle adesioni. A poco sono servite le rassicurazioni filtrate all’agenzia Ansa da «ambienti vicini al consorzio di garanzia» sul fatto che l’aumento di Mps - il settimo in 14 anni - in realtà è «l’Ipo del nuovo Monte Paschi, una banca che per tre anni è stata sostanzialmente sotto il controllo del regulator europeo e che oggi si può dire pulita perché ogni virgola è stata controllata, oltre a disporre di un management molto credibile». Le stesse fonti si spingono addirittura oltre l’ottimismo sottolineando che «una volta ricapitalizzata sarà meglio di Bper e Banco Bpm», in quanto Siena ha meno crediti deteriorati e costi che scenderanno di quasi 300 milioni dopo le uscite incentivate di almeno 3.500 dipendenti. Marketing? Vedremo. Di certo, sono stati sottoscritti contratti di garanzia per un importo massimo di 857 milioni, di cui 807 milioni con il consorzio di banche (Bofa, Citi, Credit Suisse, Santander, Barclays, Socgen e Stifel) e 50 milioni con Algebris (di cui 30 milioni pari passu con i garanti e 20 milioni come sub-underwriter). L’apporto di Axa, storico partner di Rocca Salimbeni dal 2007, sarebbe superiore ai 150 milioni indicati, si aggira intorno ai 200 milioni ed è stato decisivo per far partire l’operazione che richiedeva un ammontare di impegni pari al 50% della cifra riservata al mercato, ovvero di 450 milioni dei 900 che dovevano necessariamente essere reperiti dai privati (questa era una delle condizioni poste dal consorzio bancario per firmare la garanzia sull’aumento). Quanto all’altro partner commerciale del Monte, ovvero Anima, parteciperà con 25 milioni. Lo Stato, azionista con il 64%, verserà 1,6 miliardi mentre gli impegni di sottoscrizione da parte di investitori terzi (probabilmente le fondazioni bancarie) ammontano a 37 milioni. Il Tesoro, per effetto dei vincoli comunitari sugli aiuti di Stato, «non potrà in ogni caso superare» la sua attuale quota del 64,2% del capitale all’esito dell’aumento. «Pertanto», si legge nella nota diffusa ieri, «l’impegno di sottoscrizione del Mef diventerà efficace solo pari passu con gli altri azionisti» così da «mantenere invariata» la partecipazione e «una volta determinata la porzione dell’aumento sottoscritta da altri azionisti», inclusi i garanti. L’operazione partirà il 17 ottobre per concludersi il 31 dello stesso mese. Intanto il sindaco di Siena, Luigi De Mossi, ha rivelato che la Fondazione Mps partecipa con 10 milioni. Ma ha anche sollevato una polemica. «Spiace solo notare», ha affermato il sindaco, «il voto contrario espresso, in deputazione generale della Fondazione, dai rappresentanti delle due Università di Siena, in singolare dissintonia con il territorio. E l’incongruenza del rappresentante del Mic, che ha votato contro la partecipazione a un aumento contro gli auspici del Mef, confermatimi anche nel mio recente incontro a Roma con il sottosegretario Federico Freni». Piccata la replica della Fondazione Mps. «I membri della Deputazione generale agiscono in piena autonomia e indipendenza nell’esclusivo interesse della Fondazione per realizzare gli scopi previsti nello Statuto e non rappresentano in alcun modo gli Enti dai quali sono stati designati, né rispondono a essi del loro operato».
Edoardo Raspelli (Getty Images)
Nel riquadro: Mauro Micillo, responsabile Divisione IMI Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo (Getty Images)
L'ex procuratore di Pavia Mario Venditti (Ansa)