2023-07-13
È morto Milan Kundera, totem dei radical chic che odiava il comunismo
Milan Kundera (Getty Images)
Lo scrittore ceco aveva 94 anni. Feticcio della sinistra, che non l’ha capito, celava le critiche all’Urss nei romanzi d’amore. Fino alla fuga a Parigi, per evitare la censura.La patente è azzurrina, ha in copertina una donna nuda che si libra in assenza di gravità (Les Pleiades di Max Ernst), conta 318 pagine e non scade mai. È L’insostenibile leggerezza dell’essere, il libro più venduto nella storia di Adelphi dopo Siddharta, in realtà pesante come la ghisa ma immancabile sui 90 centimetri di libreria dell’italiano medio con phd su Twitter. Soprattutto le generazioni radical chic del centro lo esibiscono un po’ smunto, sofferto, a 38 anni dall’uscita perché l’hanno comprato al tempo di Quelli della Notte, quando il perfido Roberto D’Agostino lo contrapponeva (in un’infinita presa per il naso dello pseudo-intellettuale veltroniano button-down) all’edonismo reaganiano.L’autore, Milan Kundera, è morto ieri a 94 anni stanco di attendere; anche a Parigi l’ora del tramonto può essere noiosa. Per la verità ha rischiato di morire dal ridere decenni fa davanti all’incomprensibile record di copie vendute in Italia, merito soprattutto di insegnanti, assistenti sociali, impiegati pubblici, rivoluzionari depressi, desiderosi di sbandierare la patente del ceto medio riflessivo che guarda a sinistra. Del tutto inconsapevoli che quel libro è una feroce critica non solo alla leggerezza del vivere (del resto alla seconda riga si cita Friedrich Nietzsche), ma all’uguaglianza senza sogni, al totalitarismo sovietico, ritenuto peggiore degli altri perché portatore di kitsch. «Il disgustoso kitsch comunista del primo maggio».Nato a Brno in Cecoslovacchia il primo aprile 1929, Kundera vorrebbe diventare musicista (o meglio pianista) perché figlio del direttore dell’Accademia musicale. Troppo complicato, più semplice percorrere la strada della letteratura, soprattutto quella sovvenzionata dal partito. Si iscrive a 19 anni e viene espulso a 21 per una lettera di critiche al sistema diventata Lo scherzo. Poi riammesso e di nuovo ricacciato quando nella Primavera di Praga - a differenza dell’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano - si schiera contro i carri armati sovietici. Nel lungo periodo della formazione e della flanella socialista studia jazz e insegna in una scuola di cinema dove ha, fra gli studenti, il futuro premio Oscar Milos Forman. Come molti suoi colleghi, Kundera decide di coprire le critiche al comunismo sotto una coltre di storie sentimentali, dove amori, letti sfatti, tramonti con cane, tresche sfinenti, passeggiate su acciottolati lucidi di pioggia costituiscono la salsa bernese spalmata sulle puzzolenti triglie politiche dell’Est europeo di quegli anni.Costretto a scappare nel 1975 per non rischiare il bavaglio, finisce come tutti a Parigi. Poiché è brillante e fisicamente attraente, diventa una popstar della letteratura, anche se la sua storia personale non è così politicamente corretta da avvicinarlo al Premio Nobel. Sempre candidato, ma con una fortuna: non gli viene mai comminato. In ottima compagnia con maestri assoluti come Jorge Luis Borges e Philip Roth. Finisce sotto l’ala dell’editore Gallimard e ha successo, prima con Il libro del riso e dell’oblio (che gli vale la revoca della cittadinanza ceca da parte del regime), poi con L’insostenibile leggerezza dell’essere, che lo rende ricco quando viene trasformato in film (1987) da Philip Kaufman, con Daniel Day Lewis e Juliette Binoche. Ricco e imbronciato perché la riduzione cinematografica gli fa letteralmente schifo e in futuro negherà analoghe autorizzazioni. Pur non essendo al livello di giganti celebrati (Thomas Bernhard) e semi sconosciuti (Matila Ghyka), Kundera diventa simbolo di quella Mitteleuropa malinconica e sentimentale che cerca le proprie radici nei salotti del Faubourg Saint Honorè e ovviamente non le trova. Le sue frasi celebri finiscono sulle magliette, soprattutto questa: «La stupidità deriva dall’avere sempre una risposta, la saggezza dall’avere sempre una domanda». I francesi impazziscono per un’altra, tornata di moda in questi mesi di turbolenze sociali: «La luce rossastra del tramonto illumina ogni cosa con il fascino della nostalgia, anche la ghigliottina». L’industria libraria lo premia nei secoli e lui trasforma in oro ciò che tocca, anche saggi come lo splendido Une rencontre, in cui tratteggia imperdibili ritratti dei suoi scrittori di riferimento: Eugene Ionesco, Carlos Fuentes e l’Anatole France de Il procuratore della Giudea. Il suo ultimo romanzo La festa dell’insignificanza (2009) non aggiunge nulla alla grandezza della star da scaffale. Elitario, riservato, poco incline alla zuffa mediatica, Kundera si è eclissato in vecchiaia nel Marais e ha disprezzato per tutta la vita i giornalisti, riemergendo per un attimo nel 2019 quando Praga gli ha restituito l’orgoglio di tornare ad essere ceco. Alle richieste di intervista rispondeva: «Quando ho qualcosa da dire, la scrivo». Non ha mai rilasciato dichiarazioni se non vergate di suo pugno («Così evito che la fantasia del cronista si aggiunga alla mia»). Testimone Ferdinando Scianna, che è stato suo fotografo di fiducia e ha rivelato in un intervento: «Non poteva sopportare di diventare, dentro un articolo, una specie di pupazzo fatto parlare da un ventriloquo. Una sera mi telefonò e mi chiese se potevo firmare un’intervista a lui per una rivista letteraria, in cui Milan avrebbe scritto le risposte e anche le domande. Gli risposi: è un onore, sarà la migliore intervista che io abbia mai firmato».Si parte, si vola, si cazzeggia e si torna sempre lì, all’Insostenibile patente letteraria diventata un’icona sbagliata per la stupidità di molti (non) lettori. Conto in banca a parte, forse neppure lui era contento di sapere che il suo capolavoro in fondo era un totem, un prodotto, oggi si direbbe un «simbolo esperienziale», un formaggino. Con un lampo immortale, quando scrive: «Quello che avviene solo una volta è come se non fosse mai accaduto. In qualche punto dell’universo esiste un pianeta dove tutti nasceranno una seconda volta». Ora può cercarlo. Se lo trova ci farà sapere.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.