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2020-07-07
Conte & C. schiavi
delle Ong
Gerard Bottino/SOPA/LightRocket/ Getty Images
Non deve essere stata una buona idea quella di far arrivare in rada la Ocean Viking, visto che nel pomeriggio di ieri dalla Ong Sos Mediterranée hanno fatto sapere che dopo aver visto la costa si sono create tensioni a bordo. La nave aveva buttato l'ancora a largo di Porto Empedocle intorno alle 5 del mattino, dopo che domenica l'organizzazione aveva annunciato di aver ricevuto l'ok allo sbarco. Così non era. E la situazione è rimasta in un limbo per quasi tutta la giornata di ieri. Poi è stato comunicato al comandante che avrebbe potuto avviare le manovre per entrare in porto. Niente sbarco, però, fino all'esito dei tamponi. L'approdo: alla banchina Todaro 3, il punto più lontano del porto. La decisione è stata presa dalla Prefettura di Agrigento che ha ritenuto l'ingresso in porto necessario, viste le condizioni del mare. Nel frattempo resta in piedi il gioco delle tre carte. Perché non è ancora chiaro se gli immigrati, come sta avvenendo per quelli a bordo della Moby Zazà, potranno sbarcare per essere trasferiti in un centro di accoglienza dove passare i 14 giorni di isolamento obbligatorio o se, invece, dovranno stare in quarantena al largo, a bordo proprio della nave che costa all'Italia quasi 2 milioni di euro al mese ed è stata noleggiata dalla Protezione civile per la quarantena degli immigrati. Non è stato chiarito neppure se il trasbordo da una nave all'altra avverrà via terra o al largo della costa siciliana. Dopo oltre dieci giorni alla Ocean Viking non è stato assegnato alcun porto sicuro (senza che qualche Procura abbia valutato ipotesi di sequestri di persona). Matteo Salvini ha colto la palla al balzo per ricordare: «Se ci fossi stato io al governo mi avrebbero sicuramente mandato a processo, ma purtroppo oggi l'Italia con questo governo torna ad essere il campo profughi d'Europa». E ha aggiunto: «Ha calato le braghe, è tornato a essere complice dei criminali, dei trafficanti di esseri umani». D'altra parte, quando ci sono di mezzo gli immigrati in arrivo sui barconi, il governo dimostra di non tenere nessuna «linea dura». Nonostante i casi di contagio: tra quelli sbarcati dalla Sea Watch, 30 erano infetti. Sulla Mare Jonio c'erano altri otto contagiati. Altri ancora arrivano con gli sbarchi autonomi, alcuni dei quali fantasma.
E dopo l'esito negativo dei tamponi, sono sbarcati a Porto Empedocle i 169 passeggeri della nave lazzaretto Moby Zazà. Con degli autobus sono stati spostati nei centri di accoglienza di Crotone e provincia (dove sono arrivati anche 54 sbarcati ieri da un veliero. Tra loro ci sono una donna con il suo bambino di pochi mesi e altri 13 minori non accompagnati. Sono stati intercettati da una motovedetta della Guardia di finanza che li ha condotti fino al porto). Dopo la discesa dalla Moby Zazà, i ponti della nave occupati dagli immigrati, dovranno essere sanificati, prima di poter eventualmente imbarcare i 180 della Ocean Viking. Sulla Moby Zazà sono rimaste 42 persone, tra cui 30 contagiati dal Covid-19, sistemati sul ponte numero 7, denominato «zona rossa». Le acque però si sono agitate non poco nell'area Sud della Sicilia, dove da tempo vengono chieste, senza esito, altre navi per le quarantene al largo delle coste.
L'assessore regionale alla Salute, Ruggero Razza, conferma la linea del governo di Nello Musumeci: «Sarò chiaro ancora una volta, nessuno può scendere se non dopo l'esito del tampone, se ne facciano una ragione quelli della Ong: la salute, dei nostri concittadini e dei migranti, viene prima di tutto». E già aveva bacchettato il governo in modo duro: «La Regione ha fatto 180 tamponi. E si è sostituita allo Stato. Non mi pare una cosa normale. Ma voglio ringraziare i medici dell'Asp di Ragusa. Qualcuno a Roma però dovrebbe iniziare a chiedersi perché in Sicilia l'Usmaf non ha personale per adempiere ai suoi compiti istituzionali. E fare qualcosa. Subito». Anche la reazione del sindaco di Messina, Cateno De Luca, è stata dura con il governo Conte bis: «Ci sono dati statistici che dimostrano che questo governo sta facendo male sull'immigrazione. Il fallimento è nei numeri e durante una fase di emergenza sanitaria come quella che viviamo a causa dell'epidemia da Covid-19 gettare benzina sul fuoco è la cosa peggiore che si possa fare». E la questione non è limitata solo alle due navi appena approdate. È ancora in in acque territoriali maltesi la nave Talia, mercantile libanese utilizzato per il trasporto di animali, che ha tirato su 58 immigrati a bordo. Il mercantile chiede da tre giorni alle autorità maltesi di poter trasbordare i passeggeri e proseguire nella sua rotta commerciale, ma le autorità della Valletta si rifiutano di intervenire se prima non avranno assicurazioni dall'Europa sulla redistribuzione dei migranti. Per la Talia, quindi, non c'è ancora un porto. Nel frattempo è partito il solito pressing sui social, con una foto che ritrae un marinaio portare in braccio un immigrato debilitato che non riusciva da solo a scendere una scaletta del mercantile. L'immagine è stata associata alla Pietà di Michelangelo. «La Talia viene punita solo per aver fatto la cosa giusta e aver rispettato la legge del mare», ha twittato Marta Sarralde, capo missione di Sea Watch per le operazioni aeree. Ed è facile immaginare che presto anche la Talia punterà verso le coste italiane.
In Francia scatta l’allarme algerini
In Francia, la seconda ondata di Covid-19 potrebbe arrivare in volo dall'Algeria. È ciò che temono vari medici citati dal quotidiano storico della sinistra transalpina Libération.
Secondo il quotidiano, numerosi ospedali francesi sono già in allerta. Tra questi figurano i giganti parigini della Pitié-Salpêtrière, Tenon, Saint-Antoine, Bichat, i grandi centri regionali di Lione e Marsiglia, nonché i nosocomi di Grenoble e Reims.
In un articolo pubblicato l'altro ieri, si parla di «una ventina di malati di Covid-19 ricoverati». Tutti questi pazienti avevano un punto in comune: «Erano tornati recentemente dall'Algeria». È importante precisare che nonostante il presidente algerino, Abdelmadjid Tebboune, abbia disposto il mantenimento della chiusura delle frontiere già lo scorso 28 giugno scorso, questa misura non è applicabile ai voli diretti in Francia. In effetti i cittadini francesi, quelli dei 27 Paesi Ue e gli algerini regolarmente residenti in Europa, possono salire su voli o navi aventi per destinazione il Vecchio continente. Basta che indossino una mascherina durante il viaggio.
Per un infettivologo citato da Libération le autorità «stanno facendo ripartire l'epidemia artificialmente con i viaggiatori!». Secondo il medico, «a febbraio è stata la stessa cosa con i cinesi», che in Francia come in Italia, nessuno ha voluto bloccare per non essere tacciato di razzismo o forse per non subire le ritorsioni di Pechino. Purtroppo sappiamo tutti cosa è accaduto in seguito. Se l'Italia ha pagato un tributo pesantissimo di vite umane a causa anche dei diktat delle sinistre, contro quarantene e isolamenti di viaggiatori provenienti dalla Cina (indipendentemente dalla loro cittadinanza), anche la Francia non è stata risparmiata. I decessi provocati dal Covid-19 sono stati poco meno di 30.000.
Per questo, l'arrivo di malati da oltre confine, ha fatto arrabbiare il personale sanitario citato dal quotidiano di sinistra. Secondo un medico parigino intervistato anonimamente da Libération, «a giudicare dal loro stato al momento del ricovero» è chiaro che i pazienti arrivati dall'estero fossero «già malati quando hanno preso il volo di rimpatrio».
Lo stesso testimone ha espresso preoccupazione ciò che potrebbe accadere nelle prossime settimane «vista l'importanza dei flussi di popolazione tra la Francia e l'Algeria bisogna prendere delle disposizioni urgentemente, per evitare che il virus non ricominci a circolare silenziosamente».
Ma la Francia è un Paese in cui vive una numerosissima comunità algerina. Una nazione che è attraversata dalle proteste ispirate al movimento Black lives matter. Questo significa che affermare, anche solo a denti stretti, che potrebbe esserci un problema sanitario proveniente dall'Algeria, rischierebbe far esplodere la polveriera delle banlieue, spesso controllate da spacciatori, islamisti e dove nemmeno la Polizia può quasi più entrare.
Eppure il problema esiste e anche la direzione generale della Sanità l'ha ammesso sotto voce. Tuttavia, nonostante le migliaia di vittime, due mesi di lockdown, e il cataclisma economico provocato dal virus cinese, a chi atterra in Francia non viene misurata nemmeno la febbre, né vengono effettuati tamponi o test sierologici.
A questo punto verrebbe da chiedersi se Emmanuel Macron, e il suo nuovo primo ministro Jean Castex, preferiscano rischiare una ripresa del morbo nato a Wuhan, piuttosto che prendere misure dettate dal buon senso ma che assomigliano troppo a quelle che avrebbe potuto decidere un sovranista qualunque.
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I 169 migranti concentrati sulla nave lazzaretto e risultati negativi al Covid sono sbarcati, andranno a Crotone. Il natante delle Ong entra in porto, adesso si aspetta solo l'esito dei test. Salvini: «L'esecutivo cala le braghe».Sono già una ventina i malati ricoverati dopo essere rientrati dal Paese nordafricano. Gli ospedali sono pronti al peggio. E i medici si lamentano: «È gente partita infetta»Lo speciale contiene due articoliNon deve essere stata una buona idea quella di far arrivare in rada la Ocean Viking, visto che nel pomeriggio di ieri dalla Ong Sos Mediterranée hanno fatto sapere che dopo aver visto la costa si sono create tensioni a bordo. La nave aveva buttato l'ancora a largo di Porto Empedocle intorno alle 5 del mattino, dopo che domenica l'organizzazione aveva annunciato di aver ricevuto l'ok allo sbarco. Così non era. E la situazione è rimasta in un limbo per quasi tutta la giornata di ieri. Poi è stato comunicato al comandante che avrebbe potuto avviare le manovre per entrare in porto. Niente sbarco, però, fino all'esito dei tamponi. L'approdo: alla banchina Todaro 3, il punto più lontano del porto. La decisione è stata presa dalla Prefettura di Agrigento che ha ritenuto l'ingresso in porto necessario, viste le condizioni del mare. Nel frattempo resta in piedi il gioco delle tre carte. Perché non è ancora chiaro se gli immigrati, come sta avvenendo per quelli a bordo della Moby Zazà, potranno sbarcare per essere trasferiti in un centro di accoglienza dove passare i 14 giorni di isolamento obbligatorio o se, invece, dovranno stare in quarantena al largo, a bordo proprio della nave che costa all'Italia quasi 2 milioni di euro al mese ed è stata noleggiata dalla Protezione civile per la quarantena degli immigrati. Non è stato chiarito neppure se il trasbordo da una nave all'altra avverrà via terra o al largo della costa siciliana. Dopo oltre dieci giorni alla Ocean Viking non è stato assegnato alcun porto sicuro (senza che qualche Procura abbia valutato ipotesi di sequestri di persona). Matteo Salvini ha colto la palla al balzo per ricordare: «Se ci fossi stato io al governo mi avrebbero sicuramente mandato a processo, ma purtroppo oggi l'Italia con questo governo torna ad essere il campo profughi d'Europa». E ha aggiunto: «Ha calato le braghe, è tornato a essere complice dei criminali, dei trafficanti di esseri umani». D'altra parte, quando ci sono di mezzo gli immigrati in arrivo sui barconi, il governo dimostra di non tenere nessuna «linea dura». Nonostante i casi di contagio: tra quelli sbarcati dalla Sea Watch, 30 erano infetti. Sulla Mare Jonio c'erano altri otto contagiati. Altri ancora arrivano con gli sbarchi autonomi, alcuni dei quali fantasma.E dopo l'esito negativo dei tamponi, sono sbarcati a Porto Empedocle i 169 passeggeri della nave lazzaretto Moby Zazà. Con degli autobus sono stati spostati nei centri di accoglienza di Crotone e provincia (dove sono arrivati anche 54 sbarcati ieri da un veliero. Tra loro ci sono una donna con il suo bambino di pochi mesi e altri 13 minori non accompagnati. Sono stati intercettati da una motovedetta della Guardia di finanza che li ha condotti fino al porto). Dopo la discesa dalla Moby Zazà, i ponti della nave occupati dagli immigrati, dovranno essere sanificati, prima di poter eventualmente imbarcare i 180 della Ocean Viking. Sulla Moby Zazà sono rimaste 42 persone, tra cui 30 contagiati dal Covid-19, sistemati sul ponte numero 7, denominato «zona rossa». Le acque però si sono agitate non poco nell'area Sud della Sicilia, dove da tempo vengono chieste, senza esito, altre navi per le quarantene al largo delle coste. L'assessore regionale alla Salute, Ruggero Razza, conferma la linea del governo di Nello Musumeci: «Sarò chiaro ancora una volta, nessuno può scendere se non dopo l'esito del tampone, se ne facciano una ragione quelli della Ong: la salute, dei nostri concittadini e dei migranti, viene prima di tutto». E già aveva bacchettato il governo in modo duro: «La Regione ha fatto 180 tamponi. E si è sostituita allo Stato. Non mi pare una cosa normale. Ma voglio ringraziare i medici dell'Asp di Ragusa. Qualcuno a Roma però dovrebbe iniziare a chiedersi perché in Sicilia l'Usmaf non ha personale per adempiere ai suoi compiti istituzionali. E fare qualcosa. Subito». Anche la reazione del sindaco di Messina, Cateno De Luca, è stata dura con il governo Conte bis: «Ci sono dati statistici che dimostrano che questo governo sta facendo male sull'immigrazione. Il fallimento è nei numeri e durante una fase di emergenza sanitaria come quella che viviamo a causa dell'epidemia da Covid-19 gettare benzina sul fuoco è la cosa peggiore che si possa fare». E la questione non è limitata solo alle due navi appena approdate. È ancora in in acque territoriali maltesi la nave Talia, mercantile libanese utilizzato per il trasporto di animali, che ha tirato su 58 immigrati a bordo. Il mercantile chiede da tre giorni alle autorità maltesi di poter trasbordare i passeggeri e proseguire nella sua rotta commerciale, ma le autorità della Valletta si rifiutano di intervenire se prima non avranno assicurazioni dall'Europa sulla redistribuzione dei migranti. Per la Talia, quindi, non c'è ancora un porto. Nel frattempo è partito il solito pressing sui social, con una foto che ritrae un marinaio portare in braccio un immigrato debilitato che non riusciva da solo a scendere una scaletta del mercantile. L'immagine è stata associata alla Pietà di Michelangelo. «La Talia viene punita solo per aver fatto la cosa giusta e aver rispettato la legge del mare», ha twittato Marta Sarralde, capo missione di Sea Watch per le operazioni aeree. Ed è facile immaginare che presto anche la Talia punterà verso le coste italiane.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/moby-si-svuota-ocean-si-avvicina-il-governo-e-schiavo-dei-barconi-2646352127.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="in-francia-scatta-lallarme-algerini" data-post-id="2646352127" data-published-at="1594065998" data-use-pagination="False"> In Francia scatta l’allarme algerini In Francia, la seconda ondata di Covid-19 potrebbe arrivare in volo dall'Algeria. È ciò che temono vari medici citati dal quotidiano storico della sinistra transalpina Libération. Secondo il quotidiano, numerosi ospedali francesi sono già in allerta. Tra questi figurano i giganti parigini della Pitié-Salpêtrière, Tenon, Saint-Antoine, Bichat, i grandi centri regionali di Lione e Marsiglia, nonché i nosocomi di Grenoble e Reims. In un articolo pubblicato l'altro ieri, si parla di «una ventina di malati di Covid-19 ricoverati». Tutti questi pazienti avevano un punto in comune: «Erano tornati recentemente dall'Algeria». È importante precisare che nonostante il presidente algerino, Abdelmadjid Tebboune, abbia disposto il mantenimento della chiusura delle frontiere già lo scorso 28 giugno scorso, questa misura non è applicabile ai voli diretti in Francia. In effetti i cittadini francesi, quelli dei 27 Paesi Ue e gli algerini regolarmente residenti in Europa, possono salire su voli o navi aventi per destinazione il Vecchio continente. Basta che indossino una mascherina durante il viaggio. Per un infettivologo citato da Libération le autorità «stanno facendo ripartire l'epidemia artificialmente con i viaggiatori!». Secondo il medico, «a febbraio è stata la stessa cosa con i cinesi», che in Francia come in Italia, nessuno ha voluto bloccare per non essere tacciato di razzismo o forse per non subire le ritorsioni di Pechino. Purtroppo sappiamo tutti cosa è accaduto in seguito. Se l'Italia ha pagato un tributo pesantissimo di vite umane a causa anche dei diktat delle sinistre, contro quarantene e isolamenti di viaggiatori provenienti dalla Cina (indipendentemente dalla loro cittadinanza), anche la Francia non è stata risparmiata. I decessi provocati dal Covid-19 sono stati poco meno di 30.000. Per questo, l'arrivo di malati da oltre confine, ha fatto arrabbiare il personale sanitario citato dal quotidiano di sinistra. Secondo un medico parigino intervistato anonimamente da Libération, «a giudicare dal loro stato al momento del ricovero» è chiaro che i pazienti arrivati dall'estero fossero «già malati quando hanno preso il volo di rimpatrio». Lo stesso testimone ha espresso preoccupazione ciò che potrebbe accadere nelle prossime settimane «vista l'importanza dei flussi di popolazione tra la Francia e l'Algeria bisogna prendere delle disposizioni urgentemente, per evitare che il virus non ricominci a circolare silenziosamente». Ma la Francia è un Paese in cui vive una numerosissima comunità algerina. Una nazione che è attraversata dalle proteste ispirate al movimento Black lives matter. Questo significa che affermare, anche solo a denti stretti, che potrebbe esserci un problema sanitario proveniente dall'Algeria, rischierebbe far esplodere la polveriera delle banlieue, spesso controllate da spacciatori, islamisti e dove nemmeno la Polizia può quasi più entrare. Eppure il problema esiste e anche la direzione generale della Sanità l'ha ammesso sotto voce. Tuttavia, nonostante le migliaia di vittime, due mesi di lockdown, e il cataclisma economico provocato dal virus cinese, a chi atterra in Francia non viene misurata nemmeno la febbre, né vengono effettuati tamponi o test sierologici. A questo punto verrebbe da chiedersi se Emmanuel Macron, e il suo nuovo primo ministro Jean Castex, preferiscano rischiare una ripresa del morbo nato a Wuhan, piuttosto che prendere misure dettate dal buon senso ma che assomigliano troppo a quelle che avrebbe potuto decidere un sovranista qualunque.
Monterosa ski
Dopo un’estate da record, con presenze in crescita del 2% e incassi saliti del 3%, il sipario si alza ora su Monterosa Ski. In scena uno dei comprensori più autentici dell’arco alpino, da vivere fino al 19 aprile (neve permettendo) con e senza gli sci ai piedi, tra discese impeccabili, panorami che tolgono il fiato e quella calda accoglienza che da sempre distingue questo spicchio di territorio che si muove tra Valle d’Aosta e Piemonte, abbracciando le valli di Ayas e Gressoney e la Valsesia.
Protagoniste assolute dell’inverno al via, le novità.
A Gressoney-Saint-Jean il baby snow park Sonne è fresco di rinnovo e pronto ad accogliere i piccoli sciatori con aree gioco più ampie, un nuovo tapis roulant per prolungare il divertimento delle discese su sci, slittini e gommoni, e una serie di percorsi con gonfiabili a tema Walser per celebrare le tradizioni della valle. Poco più in alto, a Gressoney-La-Trinité, vede la luce la nuova pista di slittino Murmeltier, progetto ambizioso che ruota attorno a 550 metri di discesa serviti dalla seggiovia Moos, illuminazione notturna, innevamento garantito e la possibilità di scivolare anche sotto le stelle, ogni mercoledì e sabato sera.
Da questa stagione, poi, entra pienamente in funzione la tecnologia bluetooth low energy, che consente di usare lo skipass digitale dallo smartphone, senza passare dalla biglietteria. Basta tenerlo in tasca per accedere agli impianti, riducendo così plastica e attese e promuovendo una montagna più smart e sostenibile, dove la tecnologia è al servizio dell’esperienza.
Sul fronte di costi e promozioni, fioccano agevolazioni e formule pensate per andare incontro a tutte le tasche e per far fronte alle imprevedibili condizioni meteorologiche. A partire da sci gratuito per bambini sotto gli otto anni, a sconti del 30 e del 20 per cento rispettivamente per i ragazzi tra gli 8 e i 16 anni e i giovani tra i 16 e i 24 anni , per arrivare a voucher multiuso per i rimborsi skipass in caso di chiusura degli impianti . «Siamo più che soddisfatti di poter ribadire la solidità di una destinazione che sta affrontando le sfide di questi anni con lungimiranza. Su tutte, l’imprevedibilità delle condizioni meteo che ci condiziona in modo determinante e ci spinge a migliorare le performance delle infrastrutture e delle modalità di rimborso, come nel caso dei voucher», dice Giorgio Munari, amministratore delegato di Monterosa Spa.
Introdotti con successo l’inverno scorso, i voucher permettono ai titolari di skipass giornalieri o plurigiornalieri, in caso di chiusure parziali o totali del comprensorio, di avere crediti spendibili in acquisti non solo di nuovi skipass e biglietti per impianti, ma anche in attività e shopping presso partner d’eccellenza, che vanno dal Forte di Bard alle Terme di Champoluc, fino all’avveniristica Skyway Monte Bianco, passando per ristoranti di charme e botteghe artigiane.
Altra grande novità della stagione, questa volta dal respiro internazionale, l’ingresso di Monterosa Ski nel circuito Ikon pass, piattaforma americana che raccoglie oltre 60 destinazioni sciistiche nel mondo.
«Non si tratta solo di un’inclusione simbolica», commenta Munari, «ma di entrare concretamente nei radar di sciatori di Stati Uniti, Canada, Giappone o Australia che, già abituati a muoversi tra mete sciistiche di fama mondiale, avranno ora la possibilità di scoprire anche il nostro comprensorio». Comprensorio che ha tanto da offrire.
Sotto lo sguardo dei maestosi 4.000 del Rosa, sfilano discese sfidanti anche per i più esperti sul carosello principale Monterosa Ski 3 Valli - 29 impianti per 52 piste fino a 2.971 metri di quota - e percorsi più soft, adatti a principianti e bambini, nella ski area satellite di Antagnod, Brusson, Gressoney-Saint-Jean, Champorcher e Alpe di Mera; fuoripista da urlo nel regno imbiancato di Monterosa freeride paradise e tracciati di sci alpinismo d’eccezione - Monterosa Ski è il primo comprensorio di sci alpinismo in Italia. Il tutto accompagnato da panorami e paesaggi strepitosi e da un’accoglienza made in Italy che conquista a colpi di stile e atmosfere genuine. Info: www.monterosaski.eu.
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Dal foyer della Prima domina il nero scelto da vip e istituzioni. Tra abiti couture, la presenza di Pierfrancesco Favino, Mahmood, Achille Lauro e Barbara Berlusconi - appena nominata nel cda - spiccano le assenze ufficiali. Record d’incassi per Šostakovič.
Non c’è dubbio che un’opera dirompente e sensuale, che vede tradimenti e assassinii, censurata per la sua audacia e celebrata per la sua altissima qualità musicale come Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk di Dmítrij Šostakóvič, abbia influenzato la scelta di stile delle signore presenti.
«Quando preparo gli abiti delle mie clienti per la Prima della Scala, tengo sempre conto del tema dell’opera», spiega Lella Curiel, sessanta prime al suo attivo e stilista per antonomasia della serata più importante del Piermarini. Così ogni volta la Prima diventa un grande esperimento sociale, di eleganza ma anche di mise inopportune. Da sempre, la platea ingioiellata e in smoking, si divide tra chi è qui per la musica e chi per mostrarsi mentre finge di essere qui intendendosene. Sul piazzale, lo show comincia ben prima del do di petto. Le signore scendono dalle auto con la stessa espressione di chi affronta un red carpet improvvisato: un occhio al gradino e uno ai fotografi. Sono tiratissime, ma anche i loro accompagnatori non sono da meno, alcuni dei quali con abiti talmente aderenti che sembrano più un atto di fede che un capo sartoriale.
È il festival del «chi c’è», «chi manca» ma tutti partecipano con disinvoltura allo spettacolo parallelo: quello dei saluti affettuosi, che durano esattamente il tempo di contare quanti carati ha l’altro. Mancano sì il presidente della Repubblica e il presidente del Consiglio, il presidente del Senato e il presidente della Camera ma gli aficionados della Prima, e anche tanti altri, ci sono tutti visto che è stato raggiunto il record di biglietti venduti, quasi 3 milioni di euro d’incasso.
Sul palco d'onore, con il sindaco Beppe Sala e Chiara Bazoli (in nero Armani rischiarato da un corpetto in paillettes), il ministro della Cultura Alessandro Giuli, l’applaudita senatrice a vita Liliana Segre, il presidente di Regione Lombardia, Attilio Fontana accompagnato dalla figlia Cristina (elegantissima in nero di Dior), il presidente della Corte Costituzionale Giovanni Amoroso, i vicepresidenti di Camera e Senato Anna Ascani e Gian Marco Centinaio e il prefetto di Milano Claudio Sgaraglia. Nero imperante, quindi, nero di pizzo, di velluto, di chiffon ma sempre nero. Con un tocco di rosso come per l’abito di Maria Grazia compagna di Giuseppe Marotta («è un vestito di sartoria, non è firmato da nessun stilista»), con dettagli verdi scelti da Diana Bracco («sono molto rigorosa»). Tutto nero l’abito/cappotto di Andrée Ruth Shammah («metto sempre questo per la Prima con i gioielli colorati di mia mamma»). E così quello di Fabiana Giacomotti molto scollato sulla schiena («è di Balenciaga, l’ultima collezione di Demna»).
Ma esce dal coro Barbara Berlusconi, la più fotografata, in un prezioso abito di Armani dalle varie sfumature, dall’argento al rosso al blu («ho scelto questo abito che avevo già indossato per celebrarlo»), accompagnata da Lorenzo Guerrieri. Fresca di nomina nel cda della Scala (voluta da Fontana), si è soffermata con i giornalisti. «La scelta di Šostakovič - afferma - conferma che la Scala non è solo un luogo di memoria: è anche un teatro che ha il coraggio di proporre opere che fanno pensare, che interrogano il pubblico, lo sfidano, e che raccontano la complessità del nostro tempo. La Lady è un titolo "ruvido", forte, volutamente impegnativo, che non cerca il consenso facile. È un'opera intensa, profonda, scomoda, ma anche attualissima per i temi che propone». E aggiunge: «Mio padre amava l'opera e ho avuto il piacere di accompagnarlo parecchi anni fa a una Prima. Questo ruolo nel cda l'ho preso con grande impegno per aiutare la Scala a proseguire nel suo straordinario lavoro». Altra componente del cda, Melania Rizzoli, in nero vintage dell’amica Chiara Boni, arrivata con il figlio Alberto Rizzoli. In nero Ivana Jelinic, ad di Enit, agenzia nazionale del Turismo. In blu firmato Antonio Riva, Giulia Crespi moglie di Angelo, direttore della Pinacoteca di Brera. In beige Ilaria Borletti Buitoni con un completo confezionato dalla sarta su un suo disegno. Letteralmente accerchiati da giornalisti, fotografi e telecamere Pierfrancesco Favino con la moglie Anna Ferzetti, Mahmood in Versace («mi sento regale») e Achille Lauro che dice quanto sia importante che l’opera arrivi ai giovani. Debutto lirico per Giorgio Pasotti mentre è una conferma per Giovanna Salza in Armani e ospite abituale è l’artista Francesco Vezzoli.
Poi, in 500, alla cena di gala firmata dallo chef 2 stelle Michelin nella storica Società del Giardino Davide Oldani. E così la Prima resta quel miracolo annuale in cui tutti, almeno per una sera, riescono a essere la versione più scintillante (e leggermente autoironica) di sé stessi.
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Guido Guidesi (Imagoeconomica)
Le Zis si propongono come aree geografiche o distretti tematici in cui imprese, startup e centri di ricerca possano operare in sinergia per stimolare l’innovazione, generare nuova occupazione qualificata, attrarre capitali, formare competenze avanzate e trattenere talenti. Nelle intenzioni della Regione, le nuove zone dovranno funzionare come poli stabili, riconosciuti e specializzati, ciascuno legato alle vocazioni produttive del proprio territorio. I progetti potranno riguardare settori differenti: manifattura avanzata, digitalizzazione, life science, agritech, energia, materiali innovativi, cultura tecnologica e altre filiere considerate strategiche.
La procedura di attivazione delle Zis è così articolata. La Fase 1, tramite manifestazione di interesse, permette ai soggetti coinvolti di presentare un Masterplan, documento preliminare in cui vengono indicati settore di specializzazione, composizione del partenariato, governance, spazi disponibili o da realizzare, laboratori, servizi tecnologici e prospetto di sostenibilità. La proposta dovrà inoltre includere la lettera di endorsement della Provincia competente. Ogni Provincia potrà ospitare fino a due Zis, senza limiti invece per le candidature interprovinciali. La dotazione economica disponibile per questa fase è pari a 1 milione di euro: il contributo regionale finanzia fino al 50% delle spese di consulenza per la stesura dei documenti necessari alla Fase 2, fino a un massimo di 100.000 euro per progetto.
La Fase 2 è riservata ai progetti ammessi dopo la valutazione iniziale. Con l’accompagnamento della Regione, i proponenti elaboreranno il Piano strategico definitivo, che dovrà disegnare una visione a lungo termine con orizzonte al 2050. Il programma di sviluppo indicherà le azioni operative: attrazione di nuove imprese e startup innovative, apertura o potenziamento di laboratori, creazione di infrastrutture digitali, percorsi formativi ad alta specializzazione, incubatori e servizi condivisi. Sarà inoltre definito un modello economico sostenibile e un sistema di monitoraggio basato su indicatori misurabili per valutare impatti occupazionali, tecnologici e competitivi.
I soggetti autorizzati alla presentazione delle candidature sono raggruppamenti pubblico-privati con imprese o startup come capofila. Possono partecipare enti pubblici, Comuni, Province, camere di commercio, università, centri di ricerca, enti formativi, fondazioni, associazioni e organizzazioni del terzo settore. Regione Lombardia avrà il ruolo di coordinatore e facilitatore. All’interno della direzione generale sviluppo economico sarà istituita una struttura dedicata al supporto dei territori: un presidio tecnico incaricato di orientare, assistere e valorizzare le progettualità, monitorando l’attuazione e la coerenza con gli obiettivi strategici.
Nel corso della presentazione istituzionale, l’assessore allo Sviluppo economico, Guido Guidesi, ha dichiarato: «Cambiamo per innovare. Le Zis saranno il connettore dei valori aggiunti di cui già disponiamo e che metteremo a sistema, ecosistemi settoriali che innovano in squadra tra aziende, ricerca, formazione, istituzioni e credito. Guardiamo al futuro difendendo il nostro sistema produttivo con l’obiettivo di consegnare opportunità ai giovani». Da Confindustria Lombardia è arrivata una valutazione positiva. Il presidente Giuseppe Pasini ha affermato: «Attraverso le Zis si intensifica il lavoro a favore delle imprese e dei territori. Apprezziamo la capacità di visione e la volontà di puntare sui giovani».
Ogni territorio svilupperà la propria specializzazione, puntando su filiere già forti o sulla creazione di nuovi segmenti tecnologici. Il percorso non prevede limiti settoriali ma richiede sostenibilità economica e capacità di generare ricadute occupazionali misurabili.
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