2023-06-08
Il disastro della diga resta un mistero. Erdogan: «Indagine per fugare i dubbi»
Il «New York Times»: «È esplosa dall’interno». Controffensiva mai iniziata secondo Kiev. Matteo Zuppi: «Io a Mosca? Chiedo al Papa».All’indomani del disastro della diga di Nova Kakhovka continua il rimpallo circa le responsabilità dell’accaduto. Un déjà vu che riporta alla mente il disastro del gasdotto Nord Stream 2 (secondo il Washington Post gli Usa erano informati del piano di sabotaggio di Kiev). È anche per questo che il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha proposto una commissione d’inchiesta internazionale che potrebbe essere formata da delegati di Russia, Ucraina, Turchia e Nazioni Unite. Erdogan ieri ha telefonato sia al presidente russo, Vladimir Putin, che al suo omologo, Volodymyr Zelensky, per parlare della diga ma anche del grano. A confondere è soprattutto l’opportunità di un’azione del genere: a nessuna delle due fazioni infatti conviene un tale disastro ed è per questo che è difficile chiarirne le responsabilità. Zelensky non ha dubbi: la diga si trova nel territorio occupato dai russi ed è quindi evidente che siano stati loro. Inoltre, lo scorso novembre aveva annunciato: qualsiasi tentativo delle forze russe di farla saltare in aria, inondando il territorio ucraino e prosciugando la centrale nucleare di Zaporizhzhia, significherà che Mosca sta «dichiarando guerra al mondo intero». Zelensky accusava i russi di aver piazzato dell’esplosivo nell’infrastruttura. Mosca, di contro, continua a negare e a sostenere che sarebbe opera di Kiev. Il resto del mondo fatica a sbilanciarsi. Per la Casa Bianca è presto per dire cosa sia successo: «Non possiamo dire in via definitiva cosa è accaduto a questo punto. Quello che possiamo dire è che i danni alla popolazione ucraina e all’area saranno significativi», le parole del portavoce del Consiglio per la Sicurezza nazionale, John Kirby. Persino la Gran Bretagna non se la sente di esprimere un giudizio: «Londra è in attesa di avere tutti i fatti a disposizione su quanto accaduto prima di pronunciarsi». Giorgia Meloni esprime vicinanza alle popolazioni ucraine «colpite dal criminale danneggiamento della diga», ma è cauta e attenta a non attribuire le colpe a nessuno. Per il New York Times sarebbe esplosa dall’interno, la notizia di fonte ucraina sarebbe avvalorata dalla tesi di molti esperti, secondo i quali un attacco di artiglieria o comunque dall’esterno non sarebbe stato in grado di causare tali danni.Secondo il think tank americano Institute for the study of war, che segue molto attentamente quello che succede sul campo, pur specificando di non poter effettuare una «valutazione definitiva sulle responsabilità dell’incidente», ritiene che «l’equilibrio tra prove, ragionamento e retorica» suggerisca che le forze armate russe abbiano «deliberatamente» danneggiato la diga di Nova Kakhovka. Secondo gli esperti infatti Mosca avrebbe un «interesse maggiore e più chiaro a inondare il basso Dnipro» rispetto a Kiev, in quanto allagare il territorio «complica i tentativi di controffensiva ucraina». La controffensiva, come hanno chiarito ancora una volta le autorità ucraine, non sarebbe però ancora iniziata e a ogni modo «non sarà influenzata dalla distruzione della diga». I danni del disastro sono enormi. A preoccupare maggiormente è la centrale nucleare di Zaporizhzhia, che veniva raffreddata grazie all’acqua del bacino. Zelensky a proposito di questo ha sentito al telefono il direttore generale dell’Aiea, Rafael Grossi, che appena dopo l’accaduto aveva chiarito che non ci fossero allarmi imminenti. Tuttavia «è un momento cruciale per la sicurezza nucleare», spiega, «guiderò personalmente la missione Aiea di supporto e assistenza alla centrale nucleare di Zaporizhzhia». Mosca, che occupa la centrale da mesi, «garantisce pienamente la modalità sicura del suo funzionamento». I danni intanto si riversano soprattutto sul territorio che circonda il fiume Dnipro esondato a causa dell’enorme cascata di acqua straripata dalla diga. Il Guardian riporta di circa 42.000 persone a rischio. Centinaia di migliaia di persone sono state lasciate senza «il normale accesso all’acqua potabile», ha riferito lo stesso Zelensky e secondo i servizi di emergenza russi, circa 2.700 abitazioni sono state allagate dopo l’esplosione e 1.300 persone sono state evacuate. Finora il disastro ha colpito 29 villaggi e insediamenti, 19 dei quali nella zona controllata da Kiev, sulla riva occidentale del Dnipro, e dieci su quella occupata dai russi, ha spiegato il ministro dell’Interno ucraino, Igor Klymenko, nominato responsabile dell’emergenza inondazione. Mosca riferisce di sette dispersi. Zelensky nel frattempo ha stanziato 38 milioni di euro per la costruzione di due nuovi acquedotti e 21 milioni per fornire acqua potabile alle regioni colpite. Il tutto è successo durante la visita a Kiev del cardinale Matteo Zuppi. Una visita «di ascolto», come più volte ribadito dalla Santa Sede. Il Vaticano vorrebbe che si formalizzasse un incontro anche con Putin. Non è stato possibile in questa occasione ma il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano ha spiegato: «Da parte del Papa l’idea era nata proprio come una missione da compiersi nelle due Capitali. Quindi dovrebbe rimanere aperta la prospettiva di Mosca, però adesso concretamente si vedrà». Per l’arcivescovo di Mosca «è importante che il cardinale Zuppi sia andato a Kiev e possa venire anche qui a Mosca».«Il Vaticano non ha ancora compiuto passi concreti per organizzare una visita a Mosca», ha invece affermato la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova. E l’ambasciatore presso la Santa Sede, Andrii Yurash, svela un retroscena importante: «So che Putin non vuole incontrare né il cardinal Zuppi, né papa Francesco».
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