
Pierpaolo Sileri vuole estendere la dispensa per i 1.000 che hanno assunto il farmaco sperimentale. Roberto Speranza contrario. E Gianni Rezza media. L'azienda sedotta da Domenico Arcuri: «Disattesi gli impegni delle istituzioni». E ora tratta con il Cile.«Per Reithera hanno l'esenzione coloro che hanno fatto la vaccinazione. Purtroppo ci sono dei partecipanti che vengono sottoposti al placebo che chiaramente devono essere vaccinati. È allo studio, non solo per Reithera ma per tutti gli altri vaccini sperimentali, un provvedimento che possa sanare la posizione delle persone alle quali è stato somministrato il vaccino». Lo ha detto ieri il direttore della Prevenzione del ministero della Salute, Gianni Rezza, in conferenza stampa. Purtroppo la soluzione è ben lunga dall'arrivare. Il problema degli «esodati» del vaccino era stato sollevato dalla Verità lo scorso 21 luglio. Parliamo dei 917 volontari che hanno partecipato alla fase due della sperimentazione di Reithera, iniziata a marzo, e dei 90 della fase uno. Tra quelli della fase due, chi non ha ricevuto il placebo ma il farmaco è rimasto sospeso nel limbo. Non essendo il vaccino ancora approvato, perché appunto in fase di studio, chi ha ricevuto la dose non poteva ricevere il green pass, che vale solo per i vaccini autorizzati dalla Ue, e non può comunque vaccinarsi con quelli autorizzati perché gli è stato somministrato un prodotto diverso e può aver già sviluppato anticorpi. Stesso discorso per i volontari che si sono fatti inoculare l'altro vaccino italiano, Covid-eVax, delle aziende Takis e Rottapharm Biotech. Sei giorni dopo, in un'intervista al Messaggero, il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, aveva evocato una soluzione, riferendo di aver fatto inoltrare «numerose richieste formali» alla direzione generale Prevenzione del ministero, «perché si potesse trovare una soluzione al più presto con il Cts». Il 5 agosto il ministero della Salute ha finalmente emanato una circolare per estendere fino al 30 settembre la certificazione di esenzione temporanea alla vaccinazione per i soggetti che hanno partecipato alla sperimentazione di Reithera. Tra cinque giorni, quindi, l'esenzione scadrà. Rezza ieri, incalzato sul tema, non ha chiarito quale sarà il provvedimento (una nuova circolare? Una proroga di quella di agosto?) e sembra difficile che il ministero riesca a trovare una quadra in così pochi giorni. Anche perché, la linea di Sileri sugli «esodati» del vaccino non sarebbe quella di Roberto Speranza, anzi. Il ministro avrebbe opposto forti resistenze all'esenzione già questa estate. Le dichiarazioni di Rezza paiono quindi più come un tentativo di mettere l'ennesima toppa a come la politica ha gestito il caso Reithera fin dall'inizio. Il progetto del vaccino «italiano» si è infranto sull'alt delle toghe e sulle inadempienze dell'ex commissario Domenico Arcuri (oggi ancora al timone di Invitalia). Ricordiamo in breve quello che è successo: a metà marzo 2020, infatti, l'istituto Spallanzani chiude un accordo con Reithera e avvia il primo mini finanziamento. Il 23 marzo il Consiglio nazionale delle ricerche approva il protocollo d'intesa con l'istituto romano che riceve così 8 milioni: 5 dalla Regione Lazio e 3 dal Cnr. Tra aprile e maggio, Arcuri convoca i vertici di Reithera suggerendo di non ascoltare le sirene di fondi esteri. Il vaccino sarebbe dovuto rimanere italiano, anche a costo di brandire l'arma del golden power. A febbraio del 2021 Invitalia finalizza la promessa di finanziare il vaccino con 49 milioni: 41,2 milioni a fondo perduto e 7,8 milioni di finanziamento agevolato. I restanti 32 milioni erano invece fondi stanziati da Reithera con finanziamenti propri. Invitalia, quando diventa socio, ne versa soltanto 11. Con l'arrivo di Mario Draghi, Arcuri decade da commissario. A metà maggio 2021, la Corte dei Conti boccia il contratto di Reithera con Invitalia perché l'investimento per il progetto non può comprendere l'acquisto della sede operativa. Per la fase tre servirà arruolare fra i 5.000 e i 10.000 volontari ma il costo della sperimentazione si aggira attorno ai 60 milioni. Che Reithera non ha. Morale: il vaccino italiano è stato cavalcato finché faceva comodo, o comunque finché a Bruxelles la von der Leyen non ha deciso di puntare tutto sul cavallo Pfizer-Biontech. «A un impegno che era stato preso anche pubblicamente dalle istituzioni sulla sperimentazione del vaccino di Reithera e sulla necessità di produrre vaccini in Italia, non c'è stato, di fatto, alcun seguito. E questo nonostante Reithera avesse pubblicamente messo a disposizione il know how e la propria capacità produttiva per rispondere anche con la produzione di tipo mRna, coerentemente con alcune indicazioni della Ue, sia nel sito di Castel Romano sia attraverso collaborazioni esterne, così come già fa da tempo per altri vaccini», è il commento dei vertici di Reithera raccolto dalla Verità. Sedotta e abbandonata da Arcuri, l'azienda non ha però intenzione di rimanere col cerino in mano dopo essersi esposta finanziariamente con le banche ed essersi anche autofinanziata. E ha quindi avviato la ricerca di un partner alternativo. I colloqui più avanzati sono quelli con l'università del Cile che ha presentato un progetto biotech per aumentare l'efficienza e la capillarità delle campagne vaccinali, soprattutto per quei Paesi che al momento hanno ricevuto poche dosi. In più, il nuovo centro di produzione in Cile potrà essere dedicato anche alla produzione di altri vaccini. Nella collaborazione, l'università del Cile avrebbe a disposizione la piattaforma proprietaria (Grad) basata sull'utilizzo di nuovi vettori adenovirali derivati da adenovirus di Gorilla. La stessa che è stata usata per sviluppare il vaccino che Reithera sta testando clinicamente e che potrà essere utilizzata anche per lo sviluppo di altri vaccini genetici contro infezioni virali o terapie geniche. La discussione è aperta, non solo sul progetto del polo biotech ma anche su un eventuale supporto finanziario alla fase tre.
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