2020-02-13
Milioni di aborti e spiccioli per la vita. Poi piangono perché mancano i bebè
La crisi demografica spaventa anche chi da anni tartassa e insulta la famiglia. Ora serve un nuovo patto per sostenerla. Si cominci applicando per intero la legge 194: con un fondo a favore della maternità.Anche quest'anno il Rapporto Istat sulla condizione demografica italiana ha le tinte fosche del «bollettino di guerra». Nel corso del 2018 la differenza fra morti e nuove nascite è negativa, pesantemente negativa, pari cioè a 193.000 presenze in meno. Analizzando i numeri nel dettaglio, il trend antinatalistico del nostro Paese fa sì che dal 2014 ad oggi abbiamo «perso» un'intera città delle dimensioni di Palermo. Negli ultimi cinque anni sono nati 76.000 bimbi in meno, cioè una media di 15.000 all'anno. Le donne italiane mostrano una chiara tendenza a procrastinare nel tempo la prima gravidanza, che ora si assesta intorno ai 32,4 anni, e il tasso di fecondità è fra i più bassi del mondo: 1,3 figli per donna. È facile, dunque, comprendere come il popolo italiano si sta «allegramente» incamminando verso il «suicidio» demografico (il valore minimo che garantisce il ricambio generazionale è 2,1 figli per donna in età fertile). Nel 2001 sono nati in Italia 535.000 bimbi; ora siamo intorno ai 430.000. Considerando che la sopravvivenza media degli italiani aumenta di anno in anno - siamo oggi intorno a una speranza di vita di 83 anni per le donne e 81 per gli uomini (si fanno previsioni di più di centomila ultra centenari fra 30 anni) - è evidente che l'intero «sistema Italia» sta andando al collasso. Il welfare diventerà insostenibile, dalle pensioni al sistema universalistico della nostra medicina, con il solito risultato che a farne le spese saranno le famiglie e le persone più fragili, deboli, senza potentati dietro le spalle. Possiamo registrare con soddisfazione che finalmente anche la politica e il mondo della comunicazione stanno prendendo consapevolezza della gravità della situazione. Lo stesso presidente Sergio Mattarella due giorni fa ha usato toni di grande preoccupazione e lanciato un vero e proprio appello affinché si trovino rimedi e contromisure. È assodato e, purtroppo, sottaciuto che in Italia si fa poco o nulla per la famiglia, e in particolare per le famiglie numerose, in barba all'articolo 31 della Costituzione. Anzi, questa generosità nel mettere al mondo figli, invece di essere letta come un'azione meritoria, da indicare come modello di senso civico, viene derisa come residuo di una mentalità arcaica e ignorante e, se questo è poco, viene tassata senza ritegno. Basti pensare alla Tari, gabella che sembra fatta apposta per penalizzare i nuclei familiari numerosi. O alla subordinazione degli aiuti economici alla dichiarazione Isee, con tassi talmente bassi che sfiorano la presa in giro, e lanciano il messaggio: «I figli sono un lusso. Se li fai, te li mantieni». Salvo poi piangere sui numeri sopra riportati. Vere lacrime di coccodrillo, se ricordiamo che l'ultimo fondo per le politiche familiari degno di questo nome si ebbe con il governo Berlusconi (2008-2011) con 172 milioni, frutto di un alacre lavoro dell'allora sottosegretario Carlo Giovanardi. Nel 2011 arriva il governo Monti, con Andrea Riccardi ministro per le Politiche familiari, e il finanziamento precipita a 50 milioni, mentre si canta il definitivo «de profundis» al progetto di riforma fiscale a misura di famiglia, meglio noto come «quoziente familiare». Con i governi successivi, Letta e Renzi, le cose non migliorano e tocchiamo il fondo con il governo Gentiloni: 4,5 milioni (2018). Una significativa ripresa di attenzione e di sollecitudine verso le famiglie si registra nel 2019: grazie all'impegno di quel «medioevale e maschilista» ministro Lorenzo Fontana (epiteti che sono risuonati a Verona nei giorni del Congresso mondiale della famiglia nel marzo 2019), reo di credere laicamente all'articolo 29 della Costituzione: vengono stanziati 104,8 milioni. E giungiamo, così, ai nostri giorni. Non mancano certo modelli virtuosi. Il governatore del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, a fine 2019, ha varato un piano di sostegno alla famiglia per la sua regione di 50 milioni; 16 per il «bonus bebè», 28 per asili nido gratuiti, 4 per centri estivi. Per fortuna, mentre la tv di Stato, con denaro pubblico, finanzia con milioni di euro Sanremo (sic!), c'è chi crede che qualcosa di più utile è doveroso fare. Come farebbe qualsiasi buon padre di famiglia: prima dà da mangiare e veste i suoi figli, poi - se avanza - li porta al cinema. Questo tema della oculata e saggia allocazione delle risorse deve essere affrontato con urgenza se, come ha detto il capo dello Stato, la denatalità è una vera emergenza per il Paese. Un «nuovo patto» natalità è quanto mai necessario, e deve correre su un binario le cui rotaie sono una culturale e l'altra di politica economica. Sul piano culturale: l'educazione alla bellezza della maternità, del valore della famiglia «culla della vita», della dignità incommensurabile di quel ruolo tutto femminile di poter gestare la vita di una nuova creatura, con la gioia indescrivibile che invade una mamma con il suo bimbo in braccio, potendo dire: «Questo figlio l'ho fatto io. Questa vita non ci sarebbe se io non l'avessi conservata e cresciuta!». Sul piano economico, le proposte ci sono e giacciono in qualche cassetto di qualche ministero: basta volerle tirare fuori e passare dagli enunciati ai fatti. Mi permetto di aggiungerne una, che ha il pregio di essere tanto culturale quanto politica. Lancio un appello con la speranza che qualche forza politica lo raccolga: sia istituito un fondo dello Stato finalizzato a «rimuovere le cause che porterebbero alla interruzione di gravidanza… offrendo gli aiuti necessari sia durante la gravidanza, che dopo il parto» a disposizione di quelle donne che - aiutate e sostenute - sarebbero davvero liete di poter avere il loro «bimbo in braccio». È veramente scandaloso che lo Stato, dal 1978 ad oggi, non abbia fatto mai nulla per attuare il dettato stesso della legge 194, che all'articolo 5 recita quanto ho sopra riportato. È un contributo, quanto efficace non sappiamo, ma un termine di paragone ce l'abbiamo: in oltre 40 anni il Movimento per la vita, il Progetto Gemma e i Cav hanno aiutato a nascere 260.000 bimbi, con le loro mamme che hanno scelto di non abortire. Senza dimenticare l'altra faccia della medaglia: oltre sei milioni di bimbi morti! Non c'è una sola mamma che si sia pentita di aver portato a termine la sua gravidanza, anche difficile e dolorosa. Sono anni che poniamo una domanda a chiunque abbia un po' di buon senso e ragioni libero da ideologie: «Chi ci perde se nasce un bimbo in più?». Soprattutto oggi, in questa nostra Italia congelata nell'inverno demografico.
Lo ha dichiarato il presidente del Consiglio europeo in occasione del suo incontro con il premier greco Kyriakos Mitsotakis.
Antonella Bundu (Imagoeconomica)
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