Dalle stazioni al Duomo, delimitate delle isole a prova di pregiudicati e molesti mentre il resto della città è Far West. Una pezza salva Capodanno che durerà tre mesi.
Dalle stazioni al Duomo, delimitate delle isole a prova di pregiudicati e molesti mentre il resto della città è Far West. Una pezza salva Capodanno che durerà tre mesi.In onore dei bei tempi andati, a Milano tornano le zone rosse e i divieti. Non per i cittadini onesti che hanno legittimamente scelto di non inocularsi un vaccino che non impedisce la diffusione del virus per cui è stato ideato, bensì per persone moleste o con determinati precedenti per droga, furti, rapine o altri reati tali da renderle pericolose per la sicurezza pubblica. Il provvedimento, voluto e firmato dal prefetto meneghino, Claudio Sgaraglia, «per incrementare i servizi di controllo del territorio per la fine dell’anno», sarà in vigore da domani, 30 dicembre 2024, fino al prossimo 31 marzo 2025 e interesserà soltanto alcune aree ritenute maggiormente a rischio della città.Il capoluogo lombardo è talmente sicuro - qualcuno aveva derubricato la questione sicurezza a «problema di percezione» - che occorrono misure come queste. Nello specifico, si tratta di sei zone: le stazioni Centrale, Garibaldi e Rogoredo, cui si aggiungono i Navigli, la Darsena e piazza Duomo, cioè i posti maggiormente frequentati dai turisti e per cui si prevedono afflussi consistenti in concomitanza dei festeggiamenti per la fine dell’anno. Coloro che manifesteranno comportamenti aggressivi nei confronti dei passanti potranno ricevere un Daspo urbano. Il sindaco di Milano, Beppe Sala, si è a lungo lagnato di essere oggetto di attacchi mediatici tesi a descrivere la sua città come insicura, quando invece - a suo dire - non lo è. «Stanno dipingendo Milano come una Gotham City, buia, paurosa, in cui non ci sono interessi e investimenti, ma che film è?», lamentava durante la campagna elettorale del 2021. «La sicurezza è un tema, ma come è sempre stato», aggiungeva il primo cittadino, che di lì a qualche anno avrebbe sfilato in piazza come strenuo difensore delle famiglie arcobaleno. Il provvedimento arriva alle soglie del Capodanno, con la memoria che ritorna alla notte del passaggio tra 2021 e 2022, quando alcune ragazze sono state accerchiate, molestate e abusate in piazza Duomo da un branco formato da una cinquantina di giovani. È la stessa città in cui chi prende la metropolitana è ormai abituato a sentire una voce che invita a prestare attenzione agli scippi. E, purtroppo, la stessa in cui l’altro giorno, appena dopo l’attentato di Magdeburgo (che avrebbe dovuto indurre a maggior attenzione, già di per sé necessaria nel periodo natalizio), Valerio Staffelli, inviato di Striscia la notizia, è tranquillamente entrato in piazza Duomo con la sua automobile, percorrendola tutta senza ostacoli, facendo poi inversione e tornando indietro per lo stesso percorso, in mezzo a centinaia di persone. In altre parole, avrebbe potuto fare una strage mai vista. Sempre a Milano, tra l’altro, viveva uno dei cinque giovani jihadisti identificati nella maxi inchiesta promossa dalla Procura di Bologna. A queste immagini idilliache si aggiunge quella del quartiere di Corvetto andato a fuoco, circa un mese fa, dopo la morte Ramy Elgaml, il giovane egiziano caduto dal motorino mentre era inseguito dalle forze dell’ordine. Corvetto, tuttavia, non è l’unica realtà del genere: come ha mostrato su queste pagine Fabio Amendolara lo scorso 9 dicembre, sono diversi i quartieri-polveriere che potrebbero esplodere in futuro. Non male per una città dove non esiste un’emergenza sicurezza. In tutto questo, però, la priorità di Beppe Sala è vietare il fumo di sigarette all’esterno. Sindaco che, nonostante nel 2020 gli abbia conferito l’Ambrogino d’oro per l’impegno profuso durante la pandemia, è stato umiliato perfino da Fedez. «Milano brucia, uno stupro ogni 20 ore, Beppe Sala un influencer con la fascia tricolore», ha cantato il rapper in un freestyle durante l’ospitata a Real Talk. Lo stesse Beppe che di recente, ospite a Di notte specialmente, ha raccontato di essere «il mago del Gin tonic». Di sicuro, invece, non è il mago della sicurezza. La decisione di istituire le zone rosse è stata presa nella seduta del Comitato per l’ordine e la sicurezza tenutasi venerdì. La misura del divieto potrà essere adottata dalle forze di polizia nei confronti di individui che manifestano comportamenti ritenuti potenzialmente pericolosi per l’ordine pubblico. Tale provvedimento si applicherà specificamente a soggetti «che assumono atteggiamenti aggressivi, minacciosi o molesti, e risultino destinatari di segnalazioni dell’Autorità giudiziaria per reati in materia di stupefacenti, contro la persona, contro il patrimonio per i delitti di furto con strappo, rapina, danneggiamento, invasione di terreni ed edifici, detenzione abusiva di armi od oggetti atti a offendere e che costituiscano un concreto pericolo per la sicurezza pubblica».Le autorità hanno anche stabilito di allestire un presidio dedicato al pronto intervento, inclusi i servizi sanitari, nella piazzetta Reale (accanto al Duomo) per la notte tra il 31 dicembre e il primo gennaio. Contestualmente, il Comune adotterà un’ordinanza finalizzata a limitare, all’interno della cerchia dei bastioni e quindi nell’area centrale della città, «la vendita e la somministrazione di bevande in bottiglie e in contenitori di vetro e lattine e di superalcolici, sia in forma fissa che ambulante». Il futuro che immagina il progressismo inclusivo è ben chiaro: immigrazione di massa, allentamento dei costumi (ormai disciolti nel consumismo individualista) e, di conseguenza, controlli e divieti a non finire per cercare di ristabilire l’ordine.
Agostino Ghiglia e Sigfrido Ranucci (Imagoeconomica)
Il premier risponde a Schlein e Conte che chiedono l’azzeramento dell’Autorità per la privacy dopo le ingerenze in un servizio di «Report»: «Membri eletti durante il governo giallorosso». Donzelli: «Favorevoli a sciogliere i collegi nominati dalla sinistra».
Il no della Rai alla richiesta del Garante della privacy di fermare il servizio di Report sull’istruttoria portata avanti dall’Autorità nei confronti di Meta, relativa agli smart glass, nel quale la trasmissione condotta da Sigfrido Ranucci punta il dito su un incontro, risalente a ottobre 2024, tra il componente del collegio del Garante Agostino Ghiglia e il responsabile istituzionale di Meta in Italia prima della decisione del Garante su una multa da 44 milioni di euro, ha scatenato una tempesta politica con le opposizioni che chiedono l’azzeramento dell’intero collegio.
Il sindaco di Milano Giuseppe Sala (Imagoeconomica)
La direttiva Ue consente di sforare 18 volte i limiti: le misure di Sala non servono.
Quarantaquattro giorni di aria tossica dall’inizio dell’anno. È il nuovo bilancio dell’emergenza smog nel capoluogo lombardo: un numero che mostra come la città sia quasi arrivata, già a novembre, ai livelli di tutto il 2024, quando i giorni di superamento del limite di legge per le polveri sottili erano stati 68 in totale. Se il trend dovesse proseguire, Milano chiuderebbe l’anno con un bilancio peggiore rispetto al precedente. La media delle concentrazioni di Pm10 - le particelle più pericolose per la salute - è passata da 29 a 30 microgrammi per metro cubo d’aria, confermando un’inversione di tendenza dopo anni di lento calo.
Bill Gates (Ansa)
Solo pochi fanatici si ostinano a sostenere le strategie che ci hanno impoverito senza risultati sull’ambiente. Però le politiche green restano. E gli 838 milioni versati dall’Italia nel 2023 sono diventati 3,5 miliardi nel 2024.
A segnare il cambiamento di rotta, qualche giorno fa, è stato Bill Gates, niente meno. In vista della Cop30, il grande meeting internazionale sul clima, ha presentato un memorandum che suggerisce - se non un ridimensionamento di tutto il discorso green - almeno un cambio di strategia. «Il cambiamento climatico è un problema serio, ma non segnerà la fine della civiltà», ha detto Gates. «L’innovazione scientifica lo arginerà, ed è giunto il momento di una svolta strategica nella lotta globale al cambiamento climatico: dal limitare l’aumento delle temperature alla lotta alla povertà e alla prevenzione delle malattie». L’uscita ha prodotto una serie di reazioni irritate soprattutto fra i sostenitori dell’Apocalisse verde, però ha anche in qualche modo liberato tutti coloro che mal sopportavano i fanatismi sul riscaldamento globale ma non avevano il fegato di ammetterlo. Uscito allo scoperto Gates, ora tutti possono finalmente ammettere che il modo in cui si è discusso e soprattutto si è agito riguardo alla «crisi climatica» è sbagliato e dannoso.
Elly Schlein (Ansa)
Avete presente Massimo D’Alema quando confessò di voler vedere Silvio Berlusconi chiedere l’elemosina in via del Corso? Non era solo desiderare che fosse ridotto sul lastrico un avversario politico, ma c’era anche l’avversione nei confronti di chi aveva fatto i soldi.
Beh, in un trentennio sono cambia ti i protagonisti, ma la sinistra non è cambiata e continua a odiare la ricchezza che non sia la propria. Così adesso, sepolto il Cavaliere, se la prende con il ceto medio, i nuovi ricchi, a cui sogna di togliere gli sgravi decisi dal governo Meloni. Da anni si parla dell’appiattimento reddituale di quella che un tempo era la classe intermedia, ma è bastato che l’esecutivo parlasse di concedere aiuti a chi guadagna 50.000 euro lordi l’anno perché dal Pd alla Cgil alzassero le barricate. E dire che poche settimane fa la pubblicazione di un’analisi delle denunce dei redditi aveva portato a conclusioni a dir poco sor prendenti. Dei 42,6 milioni di dichiaranti, 31 milioni si fanno carico del 23,13 dell’Irpef, mentre gli altri 11,6 milioni pagano il resto, ovvero il 76,87 per cento.
In sintesi, il 43 per cento degli italiani non paga l’imposta, mentre chi guadagna più di 60.000 euro lordi l’anno paga per due. Di fronte a questi numeri qualsiasi persona di buon senso capirebbe che è necessario alleggerire la pressione fiscale sul ceto medio, evitando di tartassarlo. Qualsiasi, ma non i vertici della sinistra. Pd, Avs e Cgil dunque si agitano compatti contro gli sgravi previsti dal la finanziaria, sostenendo che il taglio dell’Irpef è un regalo ai più ricchi. Premesso che per i redditi alti, cioè quello 0,2 per cento che in Italia dichiara più di 200.000 euro lordi l’anno, non ci sarà alcun vantaggio, gli altri, quelli che non sono in bolletta e guadagnano più di 2.000 euro netti al mese, pare davvero difficile considerarli ricchi. Certo, non so no ridotti alla canna del gas, ma nelle città (e quasi sempre le persone con maggiori entrate vivono nei capoluoghi) si fa fatica ad arrivare a fine mese con uno stipendio che per metà e forse più se ne va per l’affitto. Negli ultimi anni le finanziarie del governo Meloni hanno favorito le fasce di reddito basse e medie. Ora è la volta di chi guadagna un po’di più, ma non molto di più, e che ha visto in questi anni il proprio potere d’acquisto eroso dall’inflazione. Ma a sinistra non se la prendono solo con i redditi oltre i 50.000 euro. Vogliono anche colpire il patrimonio e così rispolverano una tassa che punisca le grandi ricchezze e le proprietà immobiliari. Premesso che le due cose non vanno di pari passo: si può anche possedere un appartamento del valore di un paio di milioni ma, avendolo ereditato dai geni tori, non avere i soldi per ristrutturarlo e dunque nemmeno per pagare ogni anno una tassa.
Dunque, possedere un alloggio in centro, dove si vive, non sempre è indice di patrimonio da ricchi. E poi chi ha una seconda casa paga già u n’imposta sul valore immobiliare detenuto ed è l’I mu, che nel 2024 ha consentito allo Stato di incassare l’astronomica cifra di 17 miliardi di euro, il livello più alto raggiunto negli ultimi cinque anni. Milionari e miliardari, quelli veri e non immaginati dai compagni, certo non hanno il problema di pagare una tassa sui palazzi che possiedono, ma non hanno neppure alcuna difficoltà a ingaggiare i migliori fiscali sti per sottrarsi alle pretese del fisco e, nel caso in cui neppure i professionisti sia no in grado di metterli al riparo dall’Agenzia delle entrate, possono sempre traslocare, spostando i propri soldi altrove. Come è noto, la finanza non ha confini e l’apertura dei mercati consente di portare le proprie attività dove è più conveniente. Quando proprio il Pd, all’e poca guidato da Matteo Renzi, decise di introdurre una flat tax per i Paperoni stranieri, migliaia di nababbi presero la residenza da noi. E se domani l’imposta venisse abolita probabilmente andrebbero altrove, seguiti quasi certamente dai ricconi italiani. Del resto, la Svizzera è vicina e, come insegna Carlo De Benedetti, è sempre pronta ad accogliere chi emigra con le tasche piene di soldi. Inoltre uno studio ha recentemente documentato che l’introduzione negli Usa di una patrimoniale per ogni dollaro incassato farebbe calare il Pil di 1 euro e 20 centesimi, con una perdita secca del 20 per cento. Risultato, la nuova lotta di classe di Elly Schlein e compagni rischia di colpire solo il ceto medio, cancellando gli sgravi fiscali e inasprendo le imposte patrimoniali. Quando Mario Monti, con al fianco la professoressa dalla lacrima facile, fece i compiti a casa per conto di Sarkozy e Merkel , l’Italia entrò in de pressione, ma oggi una patrimoniale potrebbe essere il colpo di grazia.
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