2025-03-18
L’Ue sposa la linea italiana sui migranti: necessari hub e lista dei Paesi sicuri
Albania, migranti sbarcati dalla nave «Lybra» al porto di Shengijn (Ansa)
Ursula entra nella partita tra toghe e Chigi auspicando la nascita di centri per i rimpatri e allargando l’elenco degli Stati d’approdo.Doppietta del governo italiano nella partita con la magistratura sui migranti. Per una curiosa ma non casuale coincidenza, i due gol li ha segnati Ursula von der Leyen, che con una lettera di indirizzo ai leader dell’Unione in vista del Consiglio europeo di giovedì, ha anticipato i punti chiave delle sue proposte sulle politiche migratorie, al centro di una revisione sostanziale determinata anche dalle indicazioni elettorali di molti Stati membri. Nel documento sono contenute la necessità «di autorizzare la realizzazione di hub di rimpatrio in Paesi terzi» e «la volontà di rideterminare l’elenco dei Paesi sicuri».Una vittoria per la diplomazia di Giorgia Meloni, che ha fatto da apripista alla nuova strategia e ha convinto buona parte degli Stati membri (a cominciare da Francia, Olanda, Germania) nonostante le feroci polemiche sollevate dalla sinistra italiana, spalleggiata acriticamente come di consueto dal sistema mediatico al seguito. Ciò che propone Bruxelles è esattamente ciò che Palazzo Chigi sta chiedendo da tempo per superare l’impasse derivata dal catenaccio dei giudici italiani, che opponendosi ai centri di identificazione in Albania hanno fatto ricorso alla Corte di Giustizia europea. Le toghe si sono appellate all’insicurezza di alcuni Paesi terzi (nello specifico Egitto e Bangladesh) e sistematicamente non hanno riconosciuto la legittimità dei fermi e della procedura di identificazione accelerata, provocando un imbarazzante rimpallo di esseri umani da una parte all’altra dell’Adriatico. In attesa della sentenza prevista per maggio, Von der Leyen ha deciso di andare oltre i tribunali con parole chiarissime. «Apriamo la possibilità agli Stati membri di istituire hub di rimpatrio in Paesi terzi», ha scritto la presidente della Commissione. «Questa è stata una parte importante della nostra discussione su soluzioni innovative per contrastare vigorosamente l’immigrazione illegale, agendo in cooperazione con i Paesi partner e assicurando che i diritti fondamentali degli individui interessati siano garantiti in linea con il diritto internazionale». Per poi aggiungere nella lettera d’indirizzo: «Un elemento chiave del Patto di migrazione e asilo che ci consente di semplificare le procedure è l’uso di concetti di Paesi sicuri. La Commissione sta attualmente preparando un elenco Ue di Paesi di origine sicuri. A tal fine, stiamo attingendo a un’analisi dell’Agenzia dell’Ue per l’asilo e ad altre fonti di informazioni disponibili per valutare una prima selezione di Paesi scelti in base a criteri oggettivi. La nostra intenzione è di presentare nelle prossime settimane una proposta per un primo elenco Ue di paesi di origine sicuri». Un passo avanti per disinnescare ideologici ostruzionismi giudiziari che soprattutto in Italia impediscono l’applicazione di regole necessarie per gestire i flussi migratori di clandestini in situazioni di emergenza. In Germania avvengono rimpatri anche verso l’Afghanistan ma nessun giudice tedesco si è neppure immaginato di impedirli appigliandosi all’insicurezza dei talebani. I due punti chiave della proposta Von der Leyen sono di fatto risposte ai quesiti dirimenti del Tribunale di Roma, che si mise di traverso chiedendo se una legge dello Stato non bypassasse indebitamente «il diritto preminente dell’Unione». E se uno Stato possa essere considerato sicuro nel caso in cui una categoria di persone o anche una sola persona non lo fosse. La lettera è illuminante e c’è la sensazione che sia in consonanza con le esigenze italiane per essere usata come merce di scambio su altri, scottanti dossier, come il riarmo continentale. In ogni caso sarà l’Europa a promuovere gli hub in Stati terzi e sarà l’Europa a definire l’elenco dei Paesi sicuri. «Una volta adottato dal Parlamento europeo e dal Consiglio, questo elenco sarà dinamico e potrà essere ulteriormente ampliato o rivisto nel tempo», ha aggiunto la numero uno di Bruxelles. Quanto al cavillo leguleio «Paese insicuro se anche una sola categoria o persona non è sicura», la proposta Ue ribalta semplicemente il concetto riportandolo dentro il perimetro della razionalità: un Paese può essere considerato sicuro anche se non lo è per una persona o per un gruppo di persone in particolare. Quest’ultima curva era stata spiegata in aula dall’Avvocatura della Commissione di Bruxelles già nella prima udienza del processo in Lussemburgo sul caso italiano. Allora la legale Flavia Tomat dichiarò: «Le norme non impediscono di designare un Paese d’origine come sicuro anche quando la sicurezza non è garantita nel suo complesso per determinate categorie di persone. È ovvio che queste devono essere ben identificabili». E Lorenzo D’Ascia dell’Avvocatura di Stato italiana aggiunse: «La sicurezza di un Paese non deve necessariamente essere soddisfatta egualmente per tutti gli individui. Non c’è un concetto di Paese sicuro in senso assoluto, privo di alcun margine di insicurezza personale; si tratterebbe di una condizione sganciata dalla realtà». Ora il progetto passerà al vaglio dei leader europei, poi dell’Assemblea, ma il percorso sembra meno nebuloso rispetto al passato. È una vittoria della politica italiana. C’è solo da stabilire il prezzo.
(Ansa)
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Carlo Nordio, Matteo Piantedosi, Alfredo Mantovano (Ansa)