2023-01-17
Microsoft vuole il piano Marshall per Mosca
Bradford Lee Smith (Getty Images)
Il presidente del colosso dell’informatica, Bradford Lee Smith, lancia l’idea di un programma di aiuti per la Russia. Parla in proprio o svela la linea Usa? Intanto, a quanto risulta, la multinazionale di Redmond non avrebbe mai interrotto i servizi cloud per il Cremlino.Il presidente di Microsoft, Bradford Lee Smith, è stato in Italia. Ha incontrato il premier Giorgia Meloni, il numero uno di Acn, l’agenzia di cybersecurity Roberto Baldoni, e, appena di là dal Tevere, il Papa. L’incontro in Vaticano è stato quello più lungo e lì Smith ha sottoscritto un manifesto dell’intelligenza artificiale promosso dalla Pontificia accademia per la vita spinto dalle tre religioni ambramitiche e dal titolo esemplificativo di «Rome call for Ai ethics». Insomma, come sviluppare il business futuro senza smontare i paletti della cultura occidentale. A Palazzo Chigi l’incontro è durato il tempo necessario di una stretta di mano e l’introduzione (virtuale) con il capo della nostra cybersecutity. I temi affrontati sono stati l’autonomia Ue nel campo del cloud e della sicurezza virtuale. Su questo non abbiamo fonti dirette, ma lo deduciamo semplicemente dall’intervista che il numero uno di Microsoft ha rilasciato domenica mattina al quotidiano di Confindustria. Intervista che se fosse uscita prima avrebbe sicuramente messo in difficoltà lo stesso Baldoni, per non parlare di Palazzo Chigi. La vera notizia nella chiacchierata con il Sole 24 Ore è infatti nascosta all’interno ed è duplice. Da un lato, il presidente di Microsoft, rispondendo a una domanda sull’Ucraina e dopo aver rivendicato un impegno con Kiev da circa 400 milioni, aggiunge che a «Wasghinton si è parlato di un piano Marshall per la Russia». Badate bene non solo per l’Ucraina ma anche per la Russia. «In fondo nel secolo scorso fu fatto per i Paesi che persero la guerra, non per quelli che avevano vinto...». L’uscita ha un valore incredibile. Smith non è certo un passante e soprattutto Microsoft con tale dichiarazioni riaccende i fari sulle proprie attività in Russia. E qui c’è l’altro lato delicato della notizia. Appena scoppiata la guerra, la società di Redmond dichiarò che non avrebbe sottoscritto alcun nuovo contratto con la controparte russa. Al contrario, tuttavia, mai ha dichiarato di aver interrotto quelli già in essere. D’altronde non avrebbe a oggi nessun obbligo di farlo. Né l’Ue né gli Stati Uniti, nelle innumerevoli sedute dedicate alle filiera merceologiche da mettere sotto embargo, si sono mai spinti sui temi del cloud o della tecnologia relativa. Per essere precisi, non è mai stato dichiarato illegale nemmeno fornire tecnologia, questa specifica tecnologia, al governo di Mosca o alla grande ragnatela di intelligence russa. Ecco che l’uscita di Smith rafforza questa posizione ed è incredibile che avvenga all’indomani dell’incontro con il capo della nostra cybersecurity con cui immaginiamo possano esserci numerosi punti di collaborazione. Il mondo del cloud è pieno di muri e filtri, però vista la posizione del nostro governo e vista la totale accettazione dell’embargo voluto dall’Ue e spinto dagli Usa, sarebbe strano condividere partner «industriali» con la Russia. Tanto più se e nel caso in cui lavorino anche con la componente pubblica e quindi il Cremlino. Al di là del tema Italia, viene inoltre da domandarsi quanti tavoli di trattative ci siano. Ieri la Germania ha inviato una batteria di missili Patriot all’Ucraina, il nostro Paese ha accettato di mandare mezza batteria di Samp/T e la Slovacchia invierà altri Patriot. Lo schema sarà chiaro dopo la primavera. Ma porta nella direzione di una creazione di un sistema di difesa aerea per Kiev, al quale c’è da scommettere saranno aggiunti anche i caccia F16 (pilotati da mercenari?). Difficile immaginare l’invio di tale tecnologia per abbattere i droni. Più facile invece pensare che vadano a supporto dell’aviazione. Nel complesso gli Usa potrebbero muoversi così per creare deterrenza e poi imporre al Cremlino un tavolo di trattative o magari, sul fronte del business, nuove partnership dirette con gli Usa e non più mediate dalla Germania. Certo, il piano Marshall per la Russia potrebbe essere solo un desiderata di Smith, eppure anche Edward Luttwak in una recentissima intervista ha ricordato che sarà importante collaborare con la Russia in futuro. Aggiungiamo noi, soprattutto in chiave anti cinese. Riportiamo anche l’interrogativo avanzato su queste colonne da Carlo Pelanda. «La Russia non potrà mai sostituire il dominio dell’impero delle democrazie sul pianeta, ma la Cina potrebbe farlo con facilità non facilmente sfidabile se prendesse un’influenza forte su Mosca e sull’Asia centrale; pertanto è conveniente lasciare la Russia in mani cinesi?». La risposta è no. Non è dunque così difficile immaginare che, eccetto il punto di vista energetico dove la scelta di campo è stata ormai fatta, ma per i temi delle nuove tecnologie che vanno dal cloud al digitale fino all’automotive ci possano essere terreni da coltivare assieme. In futuro o almeno dopo che qualcuno avrà ridefinito il concetto di vittoria o sconfitta in Ucraina. Diversamente dovremmo immaginare che Microsoft si sia spinta troppo in là con le sue dichiarazioni. Lo scopriremo.