2023-07-01
Mezzo passo falso dell’Ue sull’immigrazione
Giorgia Meloni, Viktor Orban e Mateusz Morawiecki (Imagoeconomica)
Nessun accordo dei capi di governo sull’obbligo di accoglienza e sui 20.000 euro a migrante da versare come compensazione. Nonostante il tentativo di mediazione di Giorgia Meloni, Ungheria e Polonia restano contrarie. Progressi su Tunisia e confini comuni.Due giorni di discussioni tra i capi di Stato e di governo dell’Unione europea non sono bastati a trovare un’intesa sull’immigrazione. Nonostante la mediazione italiana, Polonia e Ungheria sono rimaste sulla loro posizione: più che pensare a come ripartire gli arrivi e con quali soldi, bisogna semplicemente imparare a bloccare le frontiere esterne dell’Europa. Una petizione di principio sulla quale, per altro, è d’accordo anche il governo di Giorgia Meloni, che ha tenuto a sottolineare di «non essere mai delusa da chi difende i propri interessi nazionali». Chissà, invece, quali interessi aveva in mente Olaf Scholz quando ha allargato le braccia e ha sospirato: «L’importante è che le trattative sul Patto per l’asilo e per la migrazione siano concluse rapidamente prima delle Europee». Forse il cancelliere tedesco ha percezione che gran parte degli elettori sia decisamente nervosa sul tema dei migranti. Certo involontariamente, Scholz ha spiegato perché il Consiglio europeo che si è chiuso ieri pomeriggio abbia portato a una fumata grigia, con le semplici dichiarazioni conclusive del presidente Charles Michel a sostituire il mancato accordo sulle migrazioni. In Europa si vota nella prossima primavera e quindi avanti con calma.Sul tavolo del Consiglio di Bruxelles c’erano una serie di misure giù discusse dalla Commissione e approvate a maggioranza in Lussemburgo, tra le quali un obbligo per tutti i 27 paesi membri di accogliere i migranti, in base a dei coefficienti di ripartizione, oppure di pagare 20.000 euro a persona alla nazione che se li vede arrivare. In più, a latere, c’erano le solite buone intenzioni su «accordi bilaterali» (insomma, altri soldi europei) con le varie nazioni del Nord Africa da cui parte il traffico di esseri umani.Le posizioni di Polonia e Ungheria erano chiare da tempo. Varsavia non darà mai il via libera a un meccanismo di ricollocazione che non sia su base volontaria e sul tema vuole comunque un referendum. Budapest, già piuttosto innervosita dal blocco dei miliardi europei del Fondo per la ripresa per dissidi sullo stato di diritto, aveva denunciato con il presidente Viktor Orban che «invece di fermare l’immigrazione illegale, Bruxelles vuole spendere altri miliardi per sistemare i migranti illegali in Europa». Nella notte tra giovedì e venerdì, Polonia e Ungheria hanno dunque bloccato l’accordo e ieri mattina il presidente Michel ha chiesto a Giorgia Meloni di provare una mediazione oggettivamente disperata. Una mediazione che non è andata a buon fine, nonostante i buoni rapporti tra i rispettivi leader, ovvero Meloni, Orban e Mateusz Morawiecki. «Comprendo la posizione di Polonia e Ungheria, che in questo caso è diversa dalla nostra», ha premesso Meloni al termine del summit. Per poi raccontare: «Io ho tentato di spiegare dall’inizio che finché noi cerchiamo delle soluzioni su come gestire il problema dei migranti quando arrivano sul territorio europeo non troveremo mai l’unanimità perché la geografia è diversa, perché le necessità è diversa, perché le situazioni sono diverse, perché la politica è diversa». «L’unico modo per affrontare la questione tutti insieme», ha proseguito il premier italiano, «è concentrarsi sulla dimensione esterna. Ed è su questo che noi siamo riusciti a imprimere una svolta totale». Insomma, per l’Italia, tutto sommato, il Patto per la migrazione e l’asilo è una questione secondaria perché questo governo non chiede i ricollocamenti come risposta prioritaria, ma di «fermare l’immigrazione illegale a monte e di farlo con un partenariato strategico con i paesi africani», ha concluso Meloni. Quanto alle posizioni polacche e ungheresi, anche per evitare strumentalizzazioni da parte di chi sperava in una lite, il premier italiano ha voluto pubblicamente ribadire massimo rispetto, perché «io non sono mai delusa da chi difende gli interessi nazionali». Garbata anche la risposta del premier polacco Morawiecki: «Non ho riserve nei confronti della mia amica Giorgia e sono soddisfatto del ruolo che ha svolto, ma abbiamo convenuto sul fatto di non essere d’accordo sul tema dell’immigrazione: lo siamo su tutto il resto». Sul fronte degli accordi bilaterali, fuori dal Patto, è stato invece raggiunto il consenso sull’impegno Ue verso la Tunisia, dossier al quale l’Italia teneva molto. Nel comunicato finale si parla di «un pacchetto di partenariato globale reciprocamente vantaggioso con la Tunisia, basato sui pilastri dello sviluppo economico, degli investimenti e del commercio, della transizione verso l’energia verde, della migrazione e dei contatti interpersonali». Così come vanno ricordati i passi avanti sui «confini comuni dell’Europa».E se a Scholz, davanti all’impasse, è sfuggito che tanto per le elezioni c’è tempo, anche Mark Rutte ha fatto capire una volta di più quanto l’Ue sia preoccupata dell’immigrazione clandestina. Il premier olandese ha affermato che l’insuccesso del Consiglio europeo «non è una catastrofe» e che comunque, sui migranti, «tutto ciò che sta progredendo al momento continuerà». Insomma, Rutte sta sereno.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)
Ecco #DimmiLaVerità del 17 settembre 2025. Il nostro Giorgio Gandola commenta le trattative nel centrodestra per la candidatura a presidente in Veneto, Campania e Puglia.