2020-04-26
Messe vietate, ma per il 25 aprile le sfilate in strada si fanno lo stesso
Le funzioni religiose a partecipazione ridotta sono considerate pericolose per la salute a arrivano pure i carabinieri a fermarle. Per la liberazione, invece, cortei liberi. E Avvenire si schiera con i «resistenti».Lorenzo Cipriani, presidente di sinistra del quartiere Porto-Saragozza di Bologna, ieri è apparso davanti ai giornalisti con la mascherina calata. «Non avevamo organizzato niente con l'Anpi, ma mi aspettavo che soprattutto in via del Pratello ci sarebbe stata una partecipazione importante», ha detto compiaciuto. Poi ha improvvisato un comizietto per il 25 aprile. Dopo di lui, ha parlato la presidente dell'Anpi di zona. Tutt'intorno c'erano decine di persone. Uomini, donne, bambini. Qualcuno cantava Bella ciao, mentre dalle finestra sventolavano bandiere rosse e arcobaleno. Dopo un po', a cerimonia ormai finita, sono apparsi i carabinieri. Ma, come specifica l'emittente emiliana È tv, non ci sono state sanzioni. I vertici dell'Anpi hanno anche diffuso un comunicato in cui sostengono che la folla fosse composta da «passanti», mentre alla celebrazione ufficiale erano state invitate soltanto dieci persone. Curioso davvero. Perché a noi risulta che qualche giorno fa, nel Cremonese, per una messa con 12 persone (più il parroco) siano fioccate multe da diverse centinaia di euro, sia per il prete sia per i fedeli. Abbiamo sentito storie di messe interrotte un po' ovunque in Italia. Abbiamo visto video di carabinieri che salivano fin sull'altare nel tentativo di interrompere le celebrazioni. Esattamente come abbiamo assistito a grottesche cacce all'uomo su spiagge deserte e all'interno di pinete ricche soltanto di alberi. Eppure ieri nessun drone è planato su Bologna al fine di scacciare i manifestanti del 25 aprile, divieto o non divieto. Nessun blindato si è presentato a disperdere la folla che si è riunita al Pigneto, a Roma, per dare prova di antifascismo militante. Sempre nella Capitale, a Porta San Paolo, un altro assembramento si è formato sotto gli occhi del sindaco Virginia Raggi. Il Messaggero riporta che ad assistere al discorso della prima cittadina c'era «mezza Anpi romana». Anche lì, però, niente multe. Solo a Milano, in via Padova, c'è stata un po' di tensione fra agenti e manifestanti (ma, di nuovo, sanzioni zero). Per il resto, tutto tranquillo. Intendiamoci: mica bisogna stupirsi per quanto accaduto. Era ovvio che sarebbe finita così. Un paio di giorni fa abbiamo raccontato il ridicolo dietrofont del governo, che prima ha inviato una circolare per ribadire la necessità del distanziamento durante le celebrazioni del 25 aprile poi, di fronte alle proteste dell'Anpi che non voleva essere esclusa dagli eventi ufficiali, ha subito raddrizzato il tiro, spiegando che ai partigiani sarebbe stato concesso di manifestare. Ed ecco il risultato: nei territori più rossi si sono formati dei robusti gruppi di persone. Alla faccia dei divieti, alla faccia degli italiani costretti a restare in casa, degli anziani che non possono vedere i nipoti e i figli, dei fedeli che vorrebbero assistere a una messa ma non possono farlo in nome della ragion di Stato. Il tutto diventa ancora più sgradevole quando si pensa che gli ardenti progressisti sono stati i più ostinati tifosi della chiusura. Hanno accusato di fascismo i cristiani che chiedevano di poter riunirsi per condividere il corpo di Cristo. Per giorni hanno gridato al «pericolo nero», puntando il dito contro le irresponsabili formazioni della destra estrema pronte a scendere in piazza nel giorno della liberazione. E invece in strada, ieri, c'erano soprattutto militanti di sinistra, impegnati a godersi beatamente il sole. Ma, dicevamo, non bisogna sorprendersi. La sinistra italiana ci ha abituato da decenni all'uso sregolato di due pesi e due misure. Stupisce molto di più, a dirla tutta, l'atteggiamento di una larga fetta del mondo cattolico (o, meglio, delle gerarchie ecclesiastiche). Per settimane i vescovi hanno ribadito la necessità di chiudere tutto e non si sono opposti all'interruzione delle messe. Alcuni hanno addirittura biasimato pubblicamente i parroci «disobbedienti». Poi, soltanto dopo Pasqua, dalla Cei ha iniziato a levarsi una flebile voce che ha sommessamente chiesto di prendere in considerazione l'idea di una ripresa dei riti religiosi. Quando c'era da difendere la libertà di culto, insomma, i prelati si sono tirati indietro. Ieri, tuttavia, il loro giornale ha sparato fuochi d'artificio. Il titolone di prima pagina di Avvenire recitava: «25 aprile: resistere, resistere, resistere». A corredo, un emozionante articolo del direttore Marco Tarquinio e una foto ricca di bandiere della pace e di tricolori con la scritta «viva la Resistenza». In un colpo solo il giornale dei vescovi ha beatificato due dei vizi peggiori della sinistra italica: il giustizialismo di Mani pulite (replicando le «tre R» di Francesco Saverio Borrelli) e la più bieca retorica resistenziale. Le messe sono proibite, i partigiani possono sfilare e ai vescovi va benissimo così.