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2025-10-28
La Meloni impone 5 miliardi di tasse alle banche
Giorgia Meloni (Getty Images)
La manovra di bilancio entra nel vivo e con lei si spostano gli equilibri interni alla maggioranza. A creare maggior dibattito il contributo delle banche. Per il premier Giorgia Meloni: «Se su 44 miliardi di profitti nel 2025 ce ne mettono a disposizione circa 5 per aiutare le fasce più deboli della società, credo che possiamo essere soddisfatti noi e che in fin dei conti possano esserlo anche loro». Alle banche il governo chiede «un contributo sulla rendita accumulata per condizioni di mercato che la politica del governo ha fortemente contribuito a creare». E ancora puntualizza: «per mantenere i conti in ordine, occorrono delle risorse e le abbiamo chieste a chi, grazie a questa politica, ha avuto dei grandi benefici: se cresce lo spread, se sale il rating dell’Italia, se le banche hanno potuto approfittare dei 200 miliardi messi a disposizione dal governo Conte per rinegoziare con la garanzia dello Stato prestiti che avevano già erogato, o dei crediti del Superbonus, sempre grazie a Giuseppe Conte, è giusto che quelle stesse banche ci diano una mano a continuare in una politica così profittevole».
Una posizione netta la sua, che non lascia spazio a trattative e che si avvicina molto a quella del suo vicepremier Matteo Salvini, meno a quella dell’altro vice, Antonio Tajani.
Ad avvicinare Lega e Fratelli d’Italia c’è il Piano casa. «Stiamo lavorando alla definizione di un grande Piano casa per mettere a disposizione delle giovani coppie alloggi a prezzi calmierati» ha detto Meloni. «Perché senza una casa è difficile costruire una famiglia, e senza famiglie non può esserci una nazione prospera e vitale». Per Salvini il tema banche e quello del Piano casa, dialogano tra di loro. «Non c’è nessun accanimento sulle banche, io sono un liberale e un iperliberista. Negli ultimi 3 anni le banche italiane hanno fatto 112 miliardi di utili, una parte di questi coperti da garanzie dello Stato. Quindi penso, e chiederò, che sul Piano casa che è scoperto nel 2026, una parte di fondi arrivi con gioia ed entusiasmo da parte di un sistema che sta facendo margini notevolissimi e che può contribuire». Il Piano casa, annunciato dallo stessa premier al Meeting di Comunione e Liberazione a Rimini, è un progetto ambizioso e strategico, ma ha il grande difetto che per il momento ha potuto stanziare davvero poco. «Lo abbiamo potenziato economicamente stanziando 670 milioni di euro» ha spiegato il premier, ma per fare la differenza ci vogliono molti più soldi, ed è qui che Salvini ritiene di far intervenire le banche. «Abbiamo 660 milioni di euro per i primi progetti pilota. Il problema è che questi denari sono dal ‘27 in poi, io ho bisogno di usarli anche nel ‘26 per la progettazione. Mi piacerebbe avere un progetto pilota per ciascuna delle 20 Regioni» ha spiegato il vicepremier. Tuttavia «ovviamente senza soldi non si fa nulla e ho bisogno che in conversione di legge di bilancio le risorse stanziate per il 2027 vengano anticipate per la pianificazione nel 2026. Si vota nel 2027, non posso perdere un anno prezioso».
Tajani invece sul tema resta rigido: «L’accordo sulle banche è chiuso, non si cambia perché c’è un accordo generale di tutti. Gli emendamenti che presenteremo riguardano gli affitti brevi, l’articolo 18 e forze dell’ordine e forze armate». Il tema della casa è certamente e storicamente caro agli azzurri di Forza Italia, per questo sarà difficile contestare un contributo destinato direttamente per costruire nuovi alloggi. Ancora più duro il capogruppo di Fi alla Camera Paolo Barelli: «L’accordo sulle banche è stato fatto da Tajani al Mef insieme a Maurizio Leo e Giancarlo Giorgetti, quando il 4% di indeducibilità, per cui è deducibile solo il 96%, è passato da strutturale a scalare in 3 anni. Quello è l’accordo, quello si fa. Cosa significa? Significa che se la Lega che continua a sparare a destra e a manca, vuol dire che hanno il 50% dei voti in Parlamento e riescono a far quello che vogliono, ma non è così; quindi, credo sia una boutade». Poi aggiunge: «Io sono d’accordo con Marco Osnato (Fdi, ndr), che da quello che mi risulta parla con la Meloni, e dice la stessa cosa. L’accordo c’è, è stato digerito dalle banche anche con l’apporto di Fi. Adesso c’è il problema dell’articolo 18, i dividendi. Su questo ancora non si è parlato ed è un’ulteriore tassa a una tassa che c’è. Su questo anche Leo è consapevole che va rivisto».
Il ministro dell’Economia Giorgetti, intanto, intervistato a Quarta Repubblica, su Rete 4, coglie l’occasione per chiarire alcune questioni. Per quanto riguarda gli affitti brevi «l’aumento dell’aliquota non è che sia entrata per distrazione. Io non sono mai distratto. Perché quando curo i soldi di tutti, ho il dovere di essere sempre concentrato. Giustamente anche Salvini, come tutti, non è che condivide tutti gli articoli della legge di bilancio. Come ho detto, il Parlamento c’è per migliorare perché io, come ministro dell’Economia, non ho la presunzione di fare tutte le cose giuste», ma pone la questione: «Bisogna capire se premiare le locazioni per abitazione oppure le locazioni per i turisti stranieri». «Non c’è nessun intento di punire i proprietari» sottolinea, ma evita una questione: se non ci fosse un tema di coperture si sarebbero potute incentivare le locazioni residenziali. Infine, rivendica: «La classe media per la prima volta ha delle riduzioni di imposte che siamo riusciti a fare grazie al lavoro impostato con grande serietà in questi tre anni».
Arriva l’aumento per gli infermieri nonostante l’opposizione di Cgil e Uil
Da una parte scende in piazza per protestare contro il mancato aumento dei salari, dall’altro, quando si tratta di firmare contratti che andrebbero a rimpinguare le buste paga, si tira indietro. Difficile capire cosa muove la Cgil di Maurizio Landini a cui spesso si accoda anche la Uil.
L’ultimo caso è quello del rinnovo del contratto della Sanità. L’accordo per il 2022-2024 raggiunto ieri, vede la firma di Fials, Cisl, Nursind e Nursing Up, mentre Cgil e Uil hanno ribadito il loro no, come nella pre intesa siglata a giugno. Il contratto riguarda 581.000 professionisti, tra infermieri, ostetriche e amministrativi che riceveranno aumenti medi mensili di 172,37 euro per 13 mensilità, cioè il 6,8% in più delle retribuzioni attuali. Gli arretrati medi saranno di 1.200 euro. Si prevedono risorse complessive pari a 1,784 miliardi di euro.
Sono incluse le indennità: 175 milioni di euro per quella di pronto soccorso; 35 milioni per l’indennità di specificità infermieristica e 15 milioni per l’indennità di tutela del malato.
Il contratto prevede rilevanti innovazioni per migliorare le condizioni di lavoro e a valorizzare le competenze professionali. Esattamente quello che i sindacati e anche la Cgil e la Uil vanno chiedendo da tempo. Quante volte Cgil e Uil hanno lamentato la difficile situazione del personale della sanità, sottopagato. Ora a fronte di soldi e cambiamenti organizzativi si mettono di traverso.
Il contratto amplia la platea dei possibili dipendenti che possono partecipare all’accesso all’area di elevata qualificazione: oltre a chi ha la laurea magistrale accompagnata da un incarico di funzione di almeno 3 anni, si apre al personale con laurea triennale accompagnata da un periodo di incarico di funzione di almeno 7 anni.
Altra novità è l’arrivo, con adesione volontaria, della settimana di 36 ore su quattro giorni.
Per migliorare le condizioni di lavoro, è previsto il buono pasto in lavoro agile e la priorità di accesso a questo istituto contrattuale per chi è in situazioni di disabilità o per assistenza a famigliari disabili. C’è anche la possibilità di coniugare lo straordinario in presenza di incarico fino al valore di 5.000 euro. Inoltre è stato introdotto il nuovo profilo di assistente infermiere, una figura intermedia fra i profili dell’area dei professionisti della salute e dei funzionari e dell’area degli operatori, e sono state estese alcune tutele su permessi, assenze e congedi.
Un altro tema è quello delle aggressioni del personale per le quali è previsto il patrocinio legale da parte dell’azienda e la possibilità di un supporto psicologico.
Questo accordo è significativo anche perché sblocca l’iter della prossima tornata contrattuale 2025-2027, che prevede altri 150-170 euro in più in busta paga.
Il sindacato degli infermieri Nursind, sottolinea le «novità normative e sul piano dei diritti, al netto delle purtroppo poche risorse stanziate» e per la Cisl Fp «è un traguardo atteso da oltre 600.000 lavoratori che ora possono contare su nuove certezze economiche e normative».
La Funzione Pubblica Cgil, invece, parla di un contratto che «impoverisce e fa perdere potere d’acquisto» perché «mentre il costo della vita, è balzato al +16%, i salari aumentano appena del 5,7%».
Il ministro per la Pubblica amministrazione, Paolo Zangrillo, ha messo in evidenza «gli importanti incrementi delle indennità specifiche, tra cui quella del pronto soccorso, che può arrivare anche a 500 euro. Importanti anche gli arretrati visto che il contratto viene firmato nel 2025».
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Il premier: «Su 44 miliardi di profitti, gli istituti ne verseranno cinque». E annuncia un piano per «alloggi a prezzi calmierati per giovani coppie». Due punti su cui c’è sintonia col Carroccio, che però insiste: «Servono più soldi». Tajani: «Non dal credito».Infermieri, firmato l’accordo grazie alla Cisl: 172 euro al mese in più per il personale sanitario.Lo speciale contiene due articoli.La manovra di bilancio entra nel vivo e con lei si spostano gli equilibri interni alla maggioranza. A creare maggior dibattito il contributo delle banche. Per il premier Giorgia Meloni: «Se su 44 miliardi di profitti nel 2025 ce ne mettono a disposizione circa 5 per aiutare le fasce più deboli della società, credo che possiamo essere soddisfatti noi e che in fin dei conti possano esserlo anche loro». Alle banche il governo chiede «un contributo sulla rendita accumulata per condizioni di mercato che la politica del governo ha fortemente contribuito a creare». E ancora puntualizza: «per mantenere i conti in ordine, occorrono delle risorse e le abbiamo chieste a chi, grazie a questa politica, ha avuto dei grandi benefici: se cresce lo spread, se sale il rating dell’Italia, se le banche hanno potuto approfittare dei 200 miliardi messi a disposizione dal governo Conte per rinegoziare con la garanzia dello Stato prestiti che avevano già erogato, o dei crediti del Superbonus, sempre grazie a Giuseppe Conte, è giusto che quelle stesse banche ci diano una mano a continuare in una politica così profittevole».Una posizione netta la sua, che non lascia spazio a trattative e che si avvicina molto a quella del suo vicepremier Matteo Salvini, meno a quella dell’altro vice, Antonio Tajani. Ad avvicinare Lega e Fratelli d’Italia c’è il Piano casa. «Stiamo lavorando alla definizione di un grande Piano casa per mettere a disposizione delle giovani coppie alloggi a prezzi calmierati» ha detto Meloni. «Perché senza una casa è difficile costruire una famiglia, e senza famiglie non può esserci una nazione prospera e vitale». Per Salvini il tema banche e quello del Piano casa, dialogano tra di loro. «Non c’è nessun accanimento sulle banche, io sono un liberale e un iperliberista. Negli ultimi 3 anni le banche italiane hanno fatto 112 miliardi di utili, una parte di questi coperti da garanzie dello Stato. Quindi penso, e chiederò, che sul Piano casa che è scoperto nel 2026, una parte di fondi arrivi con gioia ed entusiasmo da parte di un sistema che sta facendo margini notevolissimi e che può contribuire». Il Piano casa, annunciato dallo stessa premier al Meeting di Comunione e Liberazione a Rimini, è un progetto ambizioso e strategico, ma ha il grande difetto che per il momento ha potuto stanziare davvero poco. «Lo abbiamo potenziato economicamente stanziando 670 milioni di euro» ha spiegato il premier, ma per fare la differenza ci vogliono molti più soldi, ed è qui che Salvini ritiene di far intervenire le banche. «Abbiamo 660 milioni di euro per i primi progetti pilota. Il problema è che questi denari sono dal ‘27 in poi, io ho bisogno di usarli anche nel ‘26 per la progettazione. Mi piacerebbe avere un progetto pilota per ciascuna delle 20 Regioni» ha spiegato il vicepremier. Tuttavia «ovviamente senza soldi non si fa nulla e ho bisogno che in conversione di legge di bilancio le risorse stanziate per il 2027 vengano anticipate per la pianificazione nel 2026. Si vota nel 2027, non posso perdere un anno prezioso».Tajani invece sul tema resta rigido: «L’accordo sulle banche è chiuso, non si cambia perché c’è un accordo generale di tutti. Gli emendamenti che presenteremo riguardano gli affitti brevi, l’articolo 18 e forze dell’ordine e forze armate». Il tema della casa è certamente e storicamente caro agli azzurri di Forza Italia, per questo sarà difficile contestare un contributo destinato direttamente per costruire nuovi alloggi. Ancora più duro il capogruppo di Fi alla Camera Paolo Barelli: «L’accordo sulle banche è stato fatto da Tajani al Mef insieme a Maurizio Leo e Giancarlo Giorgetti, quando il 4% di indeducibilità, per cui è deducibile solo il 96%, è passato da strutturale a scalare in 3 anni. Quello è l’accordo, quello si fa. Cosa significa? Significa che se la Lega che continua a sparare a destra e a manca, vuol dire che hanno il 50% dei voti in Parlamento e riescono a far quello che vogliono, ma non è così; quindi, credo sia una boutade». Poi aggiunge: «Io sono d’accordo con Marco Osnato (Fdi, ndr), che da quello che mi risulta parla con la Meloni, e dice la stessa cosa. L’accordo c’è, è stato digerito dalle banche anche con l’apporto di Fi. Adesso c’è il problema dell’articolo 18, i dividendi. Su questo ancora non si è parlato ed è un’ulteriore tassa a una tassa che c’è. Su questo anche Leo è consapevole che va rivisto». Il ministro dell’Economia Giorgetti, intanto, intervistato a Quarta Repubblica, su Rete 4, coglie l’occasione per chiarire alcune questioni. Per quanto riguarda gli affitti brevi «l’aumento dell’aliquota non è che sia entrata per distrazione. Io non sono mai distratto. Perché quando curo i soldi di tutti, ho il dovere di essere sempre concentrato. Giustamente anche Salvini, come tutti, non è che condivide tutti gli articoli della legge di bilancio. Come ho detto, il Parlamento c’è per migliorare perché io, come ministro dell’Economia, non ho la presunzione di fare tutte le cose giuste», ma pone la questione: «Bisogna capire se premiare le locazioni per abitazione oppure le locazioni per i turisti stranieri». «Non c’è nessun intento di punire i proprietari» sottolinea, ma evita una questione: se non ci fosse un tema di coperture si sarebbero potute incentivare le locazioni residenziali. 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L’accordo per il 2022-2024 raggiunto ieri, vede la firma di Fials, Cisl, Nursind e Nursing Up, mentre Cgil e Uil hanno ribadito il loro no, come nella pre intesa siglata a giugno. Il contratto riguarda 581.000 professionisti, tra infermieri, ostetriche e amministrativi che riceveranno aumenti medi mensili di 172,37 euro per 13 mensilità, cioè il 6,8% in più delle retribuzioni attuali. Gli arretrati medi saranno di 1.200 euro. Si prevedono risorse complessive pari a 1,784 miliardi di euro.Sono incluse le indennità: 175 milioni di euro per quella di pronto soccorso; 35 milioni per l’indennità di specificità infermieristica e 15 milioni per l’indennità di tutela del malato.Il contratto prevede rilevanti innovazioni per migliorare le condizioni di lavoro e a valorizzare le competenze professionali. Esattamente quello che i sindacati e anche la Cgil e la Uil vanno chiedendo da tempo. Quante volte Cgil e Uil hanno lamentato la difficile situazione del personale della sanità, sottopagato. Ora a fronte di soldi e cambiamenti organizzativi si mettono di traverso.Il contratto amplia la platea dei possibili dipendenti che possono partecipare all’accesso all’area di elevata qualificazione: oltre a chi ha la laurea magistrale accompagnata da un incarico di funzione di almeno 3 anni, si apre al personale con laurea triennale accompagnata da un periodo di incarico di funzione di almeno 7 anni.Altra novità è l’arrivo, con adesione volontaria, della settimana di 36 ore su quattro giorni.Per migliorare le condizioni di lavoro, è previsto il buono pasto in lavoro agile e la priorità di accesso a questo istituto contrattuale per chi è in situazioni di disabilità o per assistenza a famigliari disabili. C’è anche la possibilità di coniugare lo straordinario in presenza di incarico fino al valore di 5.000 euro. Inoltre è stato introdotto il nuovo profilo di assistente infermiere, una figura intermedia fra i profili dell’area dei professionisti della salute e dei funzionari e dell’area degli operatori, e sono state estese alcune tutele su permessi, assenze e congedi.Un altro tema è quello delle aggressioni del personale per le quali è previsto il patrocinio legale da parte dell’azienda e la possibilità di un supporto psicologico.Questo accordo è significativo anche perché sblocca l’iter della prossima tornata contrattuale 2025-2027, che prevede altri 150-170 euro in più in busta paga.Il sindacato degli infermieri Nursind, sottolinea le «novità normative e sul piano dei diritti, al netto delle purtroppo poche risorse stanziate» e per la Cisl Fp «è un traguardo atteso da oltre 600.000 lavoratori che ora possono contare su nuove certezze economiche e normative».La Funzione Pubblica Cgil, invece, parla di un contratto che «impoverisce e fa perdere potere d’acquisto» perché «mentre il costo della vita, è balzato al +16%, i salari aumentano appena del 5,7%».Il ministro per la Pubblica amministrazione, Paolo Zangrillo, ha messo in evidenza «gli importanti incrementi delle indennità specifiche, tra cui quella del pronto soccorso, che può arrivare anche a 500 euro. Importanti anche gli arretrati visto che il contratto viene firmato nel 2025».
Michele Emiliano (Ansa)
Fino ad oggi, però, nessun risultato. Forse la comunicazione non è stata così «forte» come fu la lettera che proprio l’allora governatore dem inviò a tutti i dirigenti e dipendenti della Regione, delle sue agenzie e società partecipate, invitandoli a interrompere i rapporti con il governo di Netanyahu «a causa del genocidio di inermi palestinesi e con tutti quei soggetti ad esso riconducibili che non siano apertamente e dichiaratamente motivati dalla volontà di organizzare iniziative per far cessare il massacro nella Striscia di Gaza».
Ora, dopo l’addio di Emiliano e l’arrivo del neo governatore Antonio Decaro, gli sprechi non sarebbero stati eliminati dalle sette società nel mirino, parzialmente o interamente controllate dalla Regione Puglia: Acquedotto spa, InnovaPuglia, Aeroporti di Puglia, Puglia valore immobiliare, Terme di Santa Cesarea, Puglia sviluppo e Aseco. Infatti, secondo il report approdato in giunta regionale nel corso dell’ultima seduta, è stato evidenziato che non c’è stata riduzione di spesa di funzionamento in nessuna di queste, anzi in tre hanno addirittura superato i limiti per consulenze (Puglia sviluppo, Acquedotto e Terme di Santa Cesarea), mentre il dato peggiore è sulle spese di acquisto, manutenzione, noleggio delle auto o di acquisto di buoni taxi. Quattro società non hanno comunicato alcun dato, mentre Aeroporti ha certificato lo sforamento. Nel dettaglio, Acquedotto pugliese, anziché contenere le spese di funzionamento, le ha incrementate di 17 milioni di euro rispetto al 2024. La giustificazione? Il maggior costo del personale «riconducibile al rinnovo del contratto collettivo nazionale», ma pure «l’incremento delle risorse in forza alla società, spese legali, assicurazioni, convegni, pubblicità e marketing, buoni pasto, costi postali non ribaltabili all’utenza nell’ambito della tariffa del Servizio idrico integrato».
Per quanto riguarda le consulenze, invece, Aqp sostiene che, essendo entrati i Comuni nell’assetto societario, nella fase di trasformazione sono stati necessari 639.000 euro per le consulenze.
Aeroporti di Puglia attribuisce l’aumento di spese all’organizzazione del G7, anche se l’incremento dell’8,44%, secondo la società, «è comunque inferiore all’aumento del traffico registrato nel 2024 rispetto al 2023 (+10,51%) e quindi dei ricavi. Spese superate, alla faccia del risparmio, anche per auto e taxi: 120.000 euro in più. Costi lievitati anche per InnovaPuglia, la controllata che si occupa di programmazione strategica a sostegno dell’innovazione: 12 milioni di euro nel 2024 a fronte dei 7 milioni del 2023, passando, in termini percentuali sul valore della produzione, dal 18,21% al 43,68%. Di Aseco, la società in house controllata da Aqp e Ager che si occupa di smaltimento di fanghi e frazione organica dei rifiuti urbani, non si hanno dati aggiornati al punto che è stata sollecitata dalla stessa Regione a comunicarli.
Insomma, secondo la Regione, se aumentano i costi vanno ridotti i servizi poiché il Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica prevede quella di contenere le spese di funzionamento individuando specifici obiettivi di spesa come quelli per il personale e quelli per consulenze, studi e ricerche. E la stessa Regione, che ha potere di vigilanza e di controllo, dove accerta «il mancato e ingiustificato raggiungimento degli obiettivi di contenimento della spesa» può «revocare gli incarichi degli organi di direzione, amministrazione e controllo nominati nelle società». La palla passa a Decaro.
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Inizialmente, la presentazione della strategia della Commissione avrebbe dovuto avvenire mercoledì, ma la lettera di Friedrich Merz del 28 novembre diretta a Ursula von der Leyen ha costretto a ritardare la comunicazione. In quel giorno Merz, appena ottenuto dal Bundestag il via libera alla costosa riforma delle pensioni, si era subito rivolto a Von der Leyen chiedendo modifiche pesanti alle regole sul bando delle auto Ice al 2035. Questa contemporaneità ha reso evidente che il via libera alla richiesta di rilassamento delle regole sulle auto arrivava dalla Spd come contropartita al sì della Cdu alla riforma delle pensioni, come spiegato sulla Verità del 2 dicembre.
Se il contenuto della revisione dovesse essere quello circolato ieri, vorrebbe dire che la posizione tedesca è stata interamente accolta. I punti di cui Bloomberg parla, infatti, sono quelli contenuti nella lettera di Merz.
Non è ancora chiaro quale sarà la quota di veicoli ibridi plug-in e ad autonomia estesa che potranno essere immatricolati dopo il 2035, né se la data del 2040 sarà mantenuta. Anche i dettagli tecnici chiave sugli e-fuel e sui biocarburanti avanzati non ci sono. Resta poi ancora da precisare (da anni) quale metodo sarà utilizzato per il Life cycle assessment (Lca), ovvero i criteri con cui si valutano le emissioni nell’intero ciclo di vita dei veicoli elettrici. Non si tratta di un banale dettaglio tecnico, ma dell’architrave delle nuove regole, da cui dipenderanno tecnologie e modelli in futuro. Un Lca avrebbe già dovuto essere definito entro il 31 dicembre di quest’anno dalla Commissione, ma ancora non si è visto nulla. Contabilizzare l’acciaio green nella produzione di veicoli significa dotarsi di un metodo Lca condiviso, così finalmente si saprà quanto emette davvero un veicolo elettrico (sempre se il Lca è fatto bene).
Qualche giorno fa, sei governi Ue, tra cui quello italiano, affiancato da Polonia, Ungheria, Slovacchia, Bulgaria e Repubblica Ceca, in scia alla Germania, avevano chiesto alla Commissione di proporre un allentamento delle regole sulle auto, consentendo gli ibridi plug-in e le auto con autonomia estesa anche dopo il 2035. In una situazione in cui l’assalto al mercato europeo da parte dei marchi cinesi è appena iniziato, le case del Vecchio continente faticano a tenere il passo. L’incertezza normativa è però anche peggio di una regola fatta male. L’industria europea dell’auto si sta preparando a mantenere in produzione modelli con il motore a scoppio anche dopo il 2035, con la relativa componentistica, ma tutta la filiera, che coinvolge milioni di lavoratori in Europa e fuori, ha bisogno di certezze.
Intanto, l’applicazione al settore auto della norma «made in Europe», che dovrebbe servire a proteggere l’industria europea stabilendo quote minime di componenti fatti al 100% in Europa, è stata rinviata a fine gennaio. La regola, fortemente voluta dalla Francia ma che lascia la Germania fredda, si intreccia con la richiesta di dazi sulle merci cinesi fatta da Macron. Avanti (o indietro) in ordine sparso.
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Giancarlo Giorgetti (Ansa)
Un concetto già smentito da Fdi che in un dossier sulle fake news relative proprio all’oro di Bankitalia, ha precisato l’infondatezza dell’allarmismo basato sulla errata idea di volersi impossessare delle riserve auree per ridurre il debito. E nello stesso documento si ricordava invece come questa idea non dispiacesse al governo di sinistra di Romano Prodi del 2007. Peraltro nel dossier si precisa che la finalità dell’emendamento è di «non far correre il rischio all’Italia che soggetti privati rivendichino diritti sulle riserve auree degli italiani».
Per due volte la Banca centrale europea ha puntato i piedi, probabilmente spinta dal retropensiero che il governo voglia mettere le mani sull’oro detenuto e gestito da Bankitalia, per venderlo. Ma anche su questo punto da Fdi hanno tranquillizzato. Nel documento esplicativo precisano che «al contrario, vogliamo affermare che la proprietà dell’oro detenuto dalla Banca d’Italia è dello Stato proprio per proteggere le riserve auree da speculazioni». Il capitale dell’istituto centrale è diviso in 300.000 quote e nessun azionista può detenere più del 5%. I principali soci di Via Nazionale sono grandi banche e casse di previdenza. Dai dati pubblicati sul sito Bankitalia, primo azionista risulta Unicredit (15.000 quote pari al 5%), seguono con il 4,93% ciascuna Inarcassa (la Cassa di previdenza di ingegneri e architetti), Fondazione Enpam (Ente di previdenza dei medici e degli odontoiatri) e la Cassa forense. Del 4,91% la partecipazione detenuta da Intesa Sanpaolo. Al sesto posto tra gli azionisti, troviamo la Cassa di previdenza dei commercialisti con il 3,66%. Seguono Bper Banca con il 3,25%, Iccrea Banca col 3,12%, Generali col 3,02%. Pari al decimo posto, con il 3% ciascuna, Inps, Inail, Cassa di sovvenzioni e risparmio fra il personale della Banca d'Italia, Cassa di Risparmio di Asti. Primo azionista a controllo straniero è la Bmnl (Gruppo Bnp Paribas) col 2,83% seguita da Credit Agricole Italia (2,81%). Bff Bank (partecipata da fondi italiani e internazionali) detiene l’1,67% mentre Banco Bpm (i cui principali azionisti sono Credit Agricole con circa il 20% e Blackrock con circa il 5%) ha l’1,51%.
Un motivo fondato quindi per esplicitare che le riserve auree sono di proprietà di tutti gli italiani. Il che, a differenza di quanto sostenuto da politici e analisti di sinistra, «non mette in discussione l’indipendenza della Banca d’Italia, né viola i trattati europei. Non si comprende quindi la levata di scudi di queste ore nei confronti della proposta di Fdi. A meno che, ed è lecito domandarselo, chi oggi si agita non abbia altri motivi per farlo».
C’è poi il fatto che «alcuni Stati, anche membri dell’Ue, hanno già chiarito che la proprietà delle riserve appartiene al popolo, nella propria legislazione, mettendolo nero su bianco, a dimostrazione del fatto che ciò è perfettamente compatibile con i Trattati europei». Pertanto si tratta di un emendamento «di buon senso».
La riformulazione della proposta potrebbe essere presentata oggi, come annunciato dal capogruppo di Fdi in Senato, Lucio Malan. «Si tratta di dare», ha specificato, «una formulazione che dia maggiore chiarezza». Nella risposta alle richieste della presidente della Bce, Christine Lagarde, il ministro Giorgetti, avrebbe precisato che la disponibilità e gestione delle riserve auree del popolo italiano sono in capo alla Banca d’Italia in conformità alle regole dei Trattati e che la riformulazione della norma trasmessa è il frutto di apposite interlocuzioni con quest’ultima per addivenire a una formulazione pienamente coerente con le regole europee.
Risolto questo fronte, altri agitano l’iter della manovra. L’obiettivo è portare la discussione in Aula per il weekend. Il lavoro è tutto sulle coperture. Ci sono i malumori delle forze dell’ordine per la mancanza di nuovi fondi, rinviati a quando il Paese uscirà dalla procedura di infrazione, e ieri quelli dei sindacati dei medici, Anaao Assomed e Cimo-Fesmed, che hanno minacciato lo stato di agitazione se saranno confermate le voci «del tentativo del ministero dell’Economia di bloccare l’emendamento, peraltro segnalato, a firma Francesco Zaffini, presidente della commissione Sanità del Senato con il sostegno del ministro della Salute», che prevede un aumento delle indennità di specificità dei medici, dirigenti sanitari e infermieri. In ballo, affermano le due sigle, ci sono circa 500 milioni già preventivati. E reclamano che il Mef «licenzi al più presto la pre-intesa del Ccnl 2022-2024 per consentire la firma e quindi il pagamento di arretrati e aumenti».
Intanto in una riformulazione del governo l’aliquota della Tobin Tax è stata raddoppiata dallo 0,2% allo 0,4%.
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