2025-08-13
La Meloni prepara lo scudo anti-Pechino
Secondo Bloomberg il premier vuol ridurre la presenza cinese nelle aziende strategiche italiane (Pirelli, Ansaldo ecc) per evitare ripercussioni sugli affari negli Stati Uniti. L’ultimo raid Ue del Dragone è su Mediaworld. Palazzo Chigi attiverà i poteri speciali?Che alla fine fosse solo una questione di tempo non sorprende. Stringi stringi il groviglio di tutte le partite geopolitiche che partono dai dazi, si snodano attraverso le contesa su terre rare, chip e intelligenza artificiale e terminano nei conflitti internazionali si risolve nel dualismo tra le due attuali superpotenze globali: Usa e Cina. E quindi anche i continui strappi di Trump, sempre lì alla fine vanno a parare, l’obiettivo è mettere gli atri Paesi alle corde e costringerli a decidere con chi stare. Con The Donald o con Xi?Che l’Italia del governo Meloni questa scelta l’abbia fatta da tempo non è mai stato in discussione. L’afflato atlantista è nei fatti, ma, come logico che sia, il tentativo è stato di non rompere con Pechino. Adesso però stando a quanto riporta Bloomberg, Palazzo Chigi sarebbe pronto a un cambio di passo. L’esecutivo di centrodestra sta valutando piani per limitare le partecipazioni degli investitori cinesi in aziende strategiche ed evitare potenziali tensioni con gli Stati Uniti. Di Pirelli si sa tutto. Il governo ha applicato il Golden power per salvaguardare la gestione della società degli pneumatici limitando l’influenza del primo azionista Sinochem. Obiettivo? Soprattutto scongiurare impatti negativi sul mercato statunitense che impone rigidi paletti alla vendita di prodotti che fanno capo ad aziende partecipate da gruppi cinesi. Ma lo stesso potrebbe succedere per Ansaldo Energia, uno dei maggiori produttori mondiali di centrali elettriche. Secondo l’agenzia Usa anche se Shanghai Electric ha portato la sua partecipazione dal 40% allo 0,5%, «la presenza cinese continua a impedirle di partecipare ad alcune gare d’appalto e offerte nel settore energetico». Così come è centrale la partita su Cdp Reti che detiene partecipazioni di controllo nelle reti energetiche italiane ed è posseduta al 35% da State Grid Corporation of China, una delle più grande società elettrica al mondo con sede nel distretto di Xicheng a Pechino. State Grid ha due amministratori nel consiglio di amministrazione della società delle reti di Cassa Depositi e Prestiti e ha quindi tutte le possibilità per influenzare le decisioni della partecipata del Mef.Ci sono circa 700 aziende italiane con investitori cinesi, ma lo scudo del governo è concentrato sui settori strategici che partono dall’energia e arrivano fino a trasporti, tecnologia e finanza. Insomma, modalità e tempi sono tutti da verificare, ma è lecito attendersi da qui a breve un’ulteriore stretta sugli investimenti cinesi in Italia e una spinta sempre più decisa alla vendita di quelle partecipazioni che possono definirsi «pericolose».Mossa importante che però difficilmente si rivelerà decisiva. Anche perché Pechino non molla di un millimetro e forte della posizioni di vantaggio sia sul piano finanziario sia sulla possibilità di gestire alcune materie prime chiave per l’industria del futuro continua nella sua opera di penetrazione nel Vecchio continente. L’ultima tappa ha portato JD.com, la seconda piattaforma di commercio elettronico cinese, dietro solo al colosso Alibaba, ad acquisire la maggioranza di Ceconomy, holding tedesca che controlla alcuni big dell’elettronica di consumo come Saturn e Mediaworld. Berlino non ha mosso un dito, mentre alza le barricate contro Snam che ha puntato Open Grid Europe (Oge), il più grande operatore indipendente di trasporto del gas in Germania (rete da 12.000 chilometri con circa 21 miliardi di metri cubi all’anno di volumi riconsegnati). Motivo? Tra gli azionisti della società italiana c’è China State Grid. Paradossale. Strade spianate a un importante competitor asiatico del commercio elettronico e bastone tra le ruote a Snam per una partecipazione? Adesso tocca a Roma prendere una decisione, anche perché è bene ricordare che Mediaworld ha le mani su una consistente fetta del mercato italiano dell’elettronica da consumo, circa il 20%. Cosa farà il governo, anche alla luce della svolta di cui parla Bloomberg? Interverrà o lascerà fare?C’è un precedente recente che potrebbe dare un’indicazione. Circa un anno fa Fnac, la catena francese di negozi specializzata nella vendita di prodotti elettronici e di intrattenimento annunciava l’intenzione di acquisire Unieuro per consolidare la leadership europea nel settore dell’elettronica di consumo, elettrodomestici ecc. E su quell’operazione l’esecutivo italiano non ha mosso un dito. Difficile pensare che su MediaWorld Palazzo Chigi abbia lo stesso atteggiamento. Anche perché l’obiettivo cinese è abbastanza leggibile: sfruttare la rete di distribuzione fisica delle controllate di Ceconomy per andare all’assalto delle quote di mercato di Amazon. Come la prenderebbe l’amministrazione americana?
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