
Il premier annuncia che chiederà a Bruxelles la revisione delle regole sulla transizione ecologica che sta mettendo in crisi grandi settori industriali: «Nel deserto economico non cresce il verde». Poi si dice favorevole all’emissione di debito comune.Il Green deal europeo è stato presentato come il manifesto dell’Unione Europea per affrontare le sfide climatiche e promuovere lo sviluppo sostenibile. Un approccio dai forti contenuti ideologici che ieri Giorgia Meloni ha demolito nel corso delle comunicazioni al Parlamento in vista del Consiglio Europeo.La premier non ha risparmiato le critiche al radicalismo verde definendolo ideologico e ricordando gli effetti disastrosi per l’economia e l’industria. «Perchè», ha detto, «non c’è nulla di verde in un deserto»Le sue affermazioni sollevano interrogativi cruciali sul futuro della transizione verde in Europa e sulle sue implicazioni socio-economiche. «È una posizione che noi abbiamo sostenuto fin dall’inizio, spesso in splendida solitudine, e che oggi, finalmente, è diventata invece patrimonio comune». Le scelte in nome della transizione ecologica hanno portato alla perdita di posti di lavoro e alla dismissione di interi settori industriali. La critica si concentra sulla decarbonizzazione forzata, che non può avvenire a spese della capacità produttiva e della competitività dell’Europa.«Non è corretto affermare che l’unica via per proteggere la natura sia quella tracciata da una ristretta minoranza fortemente ideologizzata» ha affermato Meloni. Bisogna esplorare alternative tecnologiche piuttosto che impiccarsi alla sola auto elettrica.Uno degli aspetti più controversi delle affermazioni del premier riguarda proprio lo stop ai motori termici entro il 2035. Le case automobilistiche, i sindacati e i lavoratori si sono espressi in modo sempre più critico verso questa svolta, temendo che una transizione così rapida possa comportare la perdita di migliaia di posti di lavoro e un indebolimento dell’industria automobilistica europea. «Inseguire la decarbonizzazione al prezzo della deindustrializzazione è, semplicemente, un suicidio» ha affermato Meloni, evocando immagini forti per descrivere le potenziali conseguenze di politiche troppo radicali. «Anche i sostenitori più estremisti di questo approccio hanno riconosciuto che non ha senso compromettere migliaia di posti di lavoro, disfare interi settori industriali e creare nuove dipendenze strategiche per perseguire obiettivi irrealizzabili».Preoccupa la diffusione affrettata di nuove tecnologie, senza un adeguato supporto e una pianificazione strategica, che possa mettere in crisi non solo l’occupazione, ma anche l’intero tessuto economico di molte regioni. La Meloni ha chiamato a un «accompagnamento» del tessuto produttivo nella transizione ecologica, suggerendo che le politiche debbano essere più equilibrate e che sia fondamentale mantenere attivi i settori industriali esistenti.Meloni ha proposto un approccio di «neutralità tecnologica» come soluzione alle difficoltà. Questo concetto implica che tutte le tecnologie, incluse quelle tradizionali come il gas e i biocarburanti, debbano essere considerate nella transizione verso un’economia più sostenibile. «Abbiamo bisogno di tutte le tecnologie per trasformare l’economia da lineare a circolare» ha dichiarato, aggiungendo che il nucleare e l’idrogeno dovrebbero essere parte del mix energetico.Questo punto di vista suggerisce una riflessione più ampia su come le politiche ambientali dovrebbero essere formulate in modo da non compromettere la competitività economica. Meloni ha richiamato l’attenzione su come la mancanza di materie prime e di controllo sulle catene di approvvigionamento per le tecnologie elettriche potrebbe ostacolare ulteriormente l’industria europea.Le dichiarazioni di Meloni segnalano un cambiamento significativo nel dibattito europeo sul Green deal. Mentre in passato il discorso era dominato da una visione ottimistica della transizione verde, oggi molti leader politici e rappresentanti di settori industriali stanno esprimendo dubbi e preoccupazioni riguardo alla fattibilità e alla sostenibilità di un tale approccio. Le affermazioni della premier italiana riflettono un consenso crescente tra i leader europei che sostengono che la transizione ecologica non debba avvenire a scapito della crescita economica e della sicurezza occupazionale.Per unire l’Europa, invece, serve nuovo debito comune come quello che ha finanziato il Pnrr. «Completare l’Unione dei mercati dei capitali», ha dichiarato, «consentirebbe ai risparmi europei di diventare investimenti europei.Per arrivarci «servono azioni politiche concrete che trasformino le nostre priorità in una ambiziosa strategia industriale europea, per garantire la crescita delle aziende, la protezione dell’industria, la semplificazione del quadro normativo»
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Parla Roberto Catalucci, il maestro di generazioni di atleti: «Jannik è un fenomeno che esula da logiche federali, Alcaraz è l’unico al suo livello. Il passaggio dall’estetica all’efficienza ha segnato la svolta per il movimento».
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
Continua a leggereRiduci
2025-09-15
Dimmi La Verità | Fabio Amendolara: «La bambina di 12 anni violentata da figli di immigrati»
Ecco #DimmiLaVerità del 15 settembre 2025. Il nostro Fabio Amendolara ci racconta la terribile storia della bambina di 12 anni violentata da un coetaneo e da un maggiorenne. Tutti i protagonisti sono immigrati di seconda generazione.
John Elkann (Ansa)
Il tesoro di famiglia nascosto al Fisco fino al 2025, collegato dalle indagini al fondo Private Wealth in Lussemburgo.