2025-04-17
Meloni a Washington: tenaglia anti Pechino
Oggi l’incontro fra il nostro premier e Trump, che alla vigilia del vertice ha annunciato: «Tariffe ridotte a chi isola il Dragone». Si aprono spiragli per trattative bilaterali. Telefonata fra l’inquilina di Palazzo Chigi e la Von der Leyen prima della partenza.È arrivato il giorno più difficile per Giorgia Meloni. Rispetto alle premesse, nonostante la missione resti ostica, gli scenari potrebbero essere migliori di quanto dichiarato, almeno per l’Italia. Secondo il Wall Street Journal, infatti, Donald Trump intende usare i negoziati per isolare Pechino. Oltre 70 le nazioni con cui si andrà a trattativa e a tutte sarà chiesto di vietare alla Cina di spedire merci attraverso i loro territori, di impedire alle aziende cinesi di insediarvisi per eludere i dazi statunitensi e infine di non assorbire i beni industriali cinesi a basso costo nelle loro economie. Insomma il messaggio è chiaro: i partner commerciali limitino il coinvolgimento della Cina nelle loro economie e in cambio riceveranno concessioni sui dazi imposti dalla Casa Bianca. La mente di questa operazione è il Segretario al Tesoro Scott Bessent cui si attribuisce il merito di aver convinto Trump a congelare le misure doganali per 90 giorni. Ne mancano ancora 82, ma alla Meloni ne basterà uno per infilarsi in questo spiraglio di possibilità. Le richieste specifiche potrebbero variare notevolmente a seconda del Paese, dipenderà del livello di coinvolgimento nell’economia cinese, ma all’Italia conviene molto liberarsi del Dragone che già da tempo, grazie anche alla sponda che gli diede l’ex premier Giuseppe Conte, ha provato a infilarsi in ogni settore strategico, dalle comunicazioni ai porti. Pechino è stata anche accusata di influenzare le redazioni delle più grandi testate e agenzie di stampa italiane, ma anche se con la rottura della Via della seta la situazione è migliorata, la Cina resta ancora molto interconnessa al nostro Paese. Quindi, se si decidesse di mettere in pratica le misure richieste dalla Casa Bianca, si otterrebbero due obiettivi: esenzioni di alcuni prodotti strategici dai dazi e allontanamento dalla Cina. Lo stesso Trump ha accennato il tema in un programma tv, durante il quale ha detto che avrebbe preso in considerazione l’idea di far scegliere ai Paesi tra Stati Uniti e Cina. «Quando c’è la tempesta, l’Italia guarda i valori fondamentali della nostra civiltà e manteniamo salda la bussola che va verso Occidente», chiarisce il ministro delle Imprese, Adolfo Urso aggiungendo: «Altri invece perdono il senso di marcia, o di navigazione, e finiscono a Oriente. Sono preoccupato dalle reazioni che si possono innescare, come l’invasione anomala di prodotti nel nostro continente. Su questo, abbiamo già sollecitato nelle forme dovute la Commissione Ue per predisporre le misure di salvaguardia a fronte della strategia Usa per arginare i prodotti cinesi». Il Washington Post e il New York Times parlano del viaggio della Meloni come di una visita dalla «posta in gioco molto alta» perché, spiegano entrambi i quotidiani statunitensi, il rischio è che con un approccio «Italy first», si giochi la sua credibilità politica in Europa. Anche se, aggiunge il Wp: «Pochi leader europei sono ambasciatori migliori alla corte del presidente Donald Trump». È stato il sottosegretario a Palazzo Chigi, Giovanbattista Fazzolari a spiegare: «Meloni non ha un mandato a parlare per conto dell’Ue o per conto della Commissione. Ma i rapporti personali», ha aggiunto, citando Silvio Berlusconi, «sono fondamentali per le grandi scelte politiche ed economiche. C’è grande interesse da parte dell’Ue perché Meloni può avere maggiore facilità a parlare in modo chiaro e sincero per trovare un accordo conveniente per entrambi». Così anche Luca Ciriani, ministro per i Rapporti con il Parlamento: «Giorgia Meloni va a difendere con determinazione gli interessi dell’Italia, innanzitutto, che è un grande Paese esportatore, colpito da una politica di dazi. Ma è anche un segnale da parte dell’Ue, che non c’è l’interesse di nessuno ad avere una guerra commerciale». A ogni modo, sono giorni che il premier tiene vivo un filo diretto con il presidente della Commissione Ursula von der Leyen, sentita al telefono anche a poche ore dalla partenza per Washington. La Commissione non divulga nessuna «lettura specifica» della telefonata, ma assicura che «i messaggi sono in linea con quanto detto nei giorni precedenti, hanno coordinato questa visita». Insomma nonostante i gufi il viaggio del premier italiano non è visto come una spaccatura all’interno dell’Unione: «Qualsiasi azione di contatto con l’amministrazione statunitense è più che benvenuta», chiarisce la portavoce della Commissione Arianna Podestà, ricordando però che la competenza negoziale è soltanto di Bruxelles. «In questa fase tanto complessa quanto in rapida evoluzione è necessario ragionare con lucidità, lavorare con concretezza, lavorare con pragmatismo», ha commentato ieri la Meloni in un videomessaggio inviato all’assemblea generale del Consorzio per la tutela del formaggio grana padano. Uno dei prodotti che si spera venga esentato dalla lista dei dazi di Trump. Sul tavolo con il presidente, oltre alla questione cinese, diversi altri temi come la possibilità di un aumento dei volumi di Lng acquistati dagli Stati Uniti. «L’interesse c’è», ha confermato il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, ribadendo però che «il negoziato con le controparti è condotto dalla Commissione europea, con il supporto e sotto il controllo degli Stati membri».
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