Il mix di transizione elettrica e internalizzazione delle produzioni profittevoli uccide le imprese che lavorano da anni per la multinazionale. La strategia è dettata da Peugeot che intanto continua ad assumere in Francia.
Il mix di transizione elettrica e internalizzazione delle produzioni profittevoli uccide le imprese che lavorano da anni per la multinazionale. La strategia è dettata da Peugeot che intanto continua ad assumere in Francia.Marmitte, anziché pompe idrauliche o semplicemente sedili o la logistica: se ci sono produzioni o servizi che fanno utili li porto dentro e ci metto su la mia forza lavoro. Il fenomeno prende il nome di internalizzazione e tende a infischiarsene del futuro delle centinaia di piccole imprese che forniscono l’opera quasi in esclusiva per uno o un paio di grandi clienti. Nessun manager Stellantis si azzarderebbe mai a mettere per iscritto che l’azienda sta perseguendo questa strategia, ma basta sentire gli umori di sindacalisti e pmi dell’automotive per capire come la multinazionale a trazione francese (perché in questo Peugeot ha completamente ribaltato la logica della Fiat prima e di Fca poi) stia perseguendo in modo quasi scientifico la politica di cui sopra. Sulle forniture troppo esose di solito si chiede uno sconto: il consiglio più o meno esplicito è di delocalizzare per risparmiare sul costo del lavoro ed essere quindi in grado poi di mettere sul mercato quello stesso pezzo o servizio a un costo decisamente inferiore. Le conseguenze sono abbastanza intuibili. Da un lato Stellantis salva le apparenze su occupazione e produzione (che nel primo trimestre 2023 è in crescita sul 2022) ma intanto il bubbone scoppia nell’indotto. Parliamo in tutt’Italia di non meno di 15.000 persone potenzialmente coinvolte. Ovviamente da sito a sito ci sono grandi differenze. Anche perché il problema principale, quello dell’internalizzazione appunto, va a fondersi con un altro fenomeno ormai ineludibile e parzialmente governabile, la trasformazione verso l’auto elettrica. Che sta portando molte piccolissime imprese dedite solo alla produzione di componenti per vetture diesel e benzina Stellantis verso la chiusura. «La situazione più critica riguarda Melfi. Qui l’indotto è quasi completamente riconducibile a Stellantis. Ci sono almeno 6.000 persone a rischio perché sono legate a doppio filo con le 4 vetture completamente elettriche che verranno prodotte a partire dal 2024. Il problema è che mancano le assegnazioni e quindi tante piccole aziende che erano impegnate nella realizzazione di componenti tradizionali adesso non sanno cosa fare», spiega alla Verità Ferdinando Uliano, il segretario nazionale dei metalmeccanici della Cisl.A Cassino dall’inizio del 2022 le parole hanno lasciato spazio ai fatti. In ordine sparso hanno chiuso una piccola impresa (40 operai) dedita alla cosiddetta schiumatura dei furgone prodotti ad Atessa. Il processo è stato internalizzato. Quindi la stessa sorte è toccata ad altre due microaziende che davano complessivamente lavoro a una sessantina di addetti. Si occupavano del cosiddetto sequenziamento di Giulia e Stelvio, le vetture a marchio Alfa prodotte a Cassino. Recentissima è invece la vertenza che riguarda la Elpe di Termoli dove sono a rischio 80 posti. L’azienda lavora per il colosso della logistica Kuehne+Nagel che serve l'ex stabilimento Fiat di Termoli appunto dove sorgerà la gigafactory di batterie a sostegno della mobilità sostenibile. La crisi in questo caso è legata al calo delle vendite di motori endotermici, alla transizione verso l’elettrico e al fatto che Stellantis non ha fornito garanzie sulla durata dell’appalto in essere e quindi la multinazionale non può rinnovare il contratto con Elpe. Sono solo degli esempi di un fenomeno che si sta allargando a macchia di leopardo e che in molti casi - riguardando piccole aziende non sindacalizzate - è difficile da monitorare. «Il problema principale», spiega Giorgio Airaudo, segretario generale della Cgil Piemonte, «riguarda i numeri della produzione. È ovvio che il fenomeno dell’internalizzazione è più gestibile in Paesi come la Francia o la Germania dove si producono 1,5 e 5 milioni di auto piuttosto che in Italia dove siamo fermi poco sopra quota 400.000. Il problema è che da anni siamo nella serie B dell’automotive e non ce ne rendiamo conto». E Stellantis da questo punto di vista rappresenta un problema nei problemi. «Mi sembra evidente», continua Airaudo, «che le strategie vengano decise in Francia. La volontà di internalizzare tutte le produzioni più profittevoli è tipica di Peugeot ed è agli antipodi della tradizione della Fiat. Noi alla fine subiamo le decisioni e così mentre quest’anno negli stabilimenti transalpini è prevista l’assunzione di 1.200 persone per il passaggio all’elettrico, che fa il paio con le 1.050 del 2022, noi siamo costretti a importare una manciata di operai slovacchi perché guadagnano meno dei nostri».
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