2021-04-14
Ai medici protezioni facciali contraffatte. La Procura sequestra 190 milioni di pezzi
L'indagine dei pm di Gorizia: un dispositivo su due non filtra. Le forniture arrivano dalla Cina, erano state ordinate da Domenico Arcuri.In barba alle rassicurazioni del ministro Roberto Speranza, che solo un mese fa aveva sentenziato che «le mascherine in commercio in Italia sono sicure», è scattato l'allarme rosso sui dispositivi cinesi distribuiti ai sanitari che non rispettano i requisiti di protezione previsti. E continuano a fioccare i sequestri in tutta Italia, come disposto a fine marzo dalla Procura di Gorizia, che nei giorni scorsi ha notificato a tutte le regioni il decreto di sequestro delle mascherine, ordinando il ritiro di tutte le tipologie indicate e la loro raccolta in un unico punto entro dieci giorni. Si tratta di 190 milioni di pezzi, dei quali risulta impossibile stabilire quanti ne siano già stati utilizzati, soprattutto nei settori della sanità, perché erano destinati alle Asl. In tutto, comprese quelle già sequestrate in Friuli Venezia Giulia, regione che per prima ha ritirato le mascherine dalle strutture sanitarie e inviato un esposto ai magistrati, il conto ammonta a 250 milioni. Il provvedimento riguarda il materiale fornito da 12 produttori. Ma a marzo il procuratore di Gorizia Massimo Lia e il sostituto Paolo Ancora hanno mandato i finanzieri, con un decreto di perquisizione previo ordine di consegna di atti, anche nella sede di Invitalia, dove si trova una parte della struttura commissariale per l'emergenza Covid, per acquisire la «documentazione tecnica e certificativa attestante la conformità dei dispositivi e la loro corrispondente sicurezza», nonché gli «stralci dei verbali del Comitato tecnico scientifico relativi alle verifiche e alle conseguenti validazioni dei dispositivi». Ma al centro dell'inchiesta ci sono anche i «contratti di fornitura» e la «documentazione a essi afferente, sia antecedente che successiva». La necessità, spiegano i finanzieri, è «ricostruire le responsabilità nella catena di approvvigionamento e verificare quante mascherine della stessa tipologia siano state impiegate o siano tuttora in uso su tutto il territorio nazionale». I finanzieri hanno precisato anche che il recupero del materiale è stato messo a punto «grazie alla collaborazione offerta dall'attuale staff del commissario per l'emergenza», guidato dal generale Francesco Paolo Figliuolo. Molte delle mascherine che vengono rastrellate in queste ore sembrano far parte della maxi commessa delle mascherine acquistate dalla struttura commissariale dell'ex commissario Domenico Arcuri e dal suo braccio destro Antonio Fabbrocini, su cui la Procura di Roma indaga i mediatori per traffico illecito di influenze, tra i quali il giornalista in aspettativa Mario Benotti, l'imprenditore milanese Andrea Tommasi, il finanziere sammarinese Daniele Guidi e il trader ecuadoriano Jorge Solis (accusato anche di riciclaggio), per traffico illecito di influenze, mentre l'ex commissario e il suo collaboratore sono indagati per peculato. Infatti tra i 12 produttori delle mascherine oggetto di sequestro, almeno sette corrispondono, secondo l'elenco dei dispositivi validati dal Cts, a fabbricanti riconducibili alle tre aziende fornitrici della maxicommessa da 801 milioni di mascherine pagate 1,25 miliardi di euro su cui sta indagando la Procura di Roma. Un dispositivo su due non filtra come dovrebbe. E i documenti che ne attestano la conformità secondo le direttive Ue appaiono contraffatti, nonostante le validazioni del Comitato tecnico scientifico. «In alcuni casi», hanno spiegato gli investigatori, «la capacità filtrante è risultata inferiore di dieci volte rispetto a quanto dichiarato». Dopo aver mandato a due laboratori diversi campioni, è saltato fuori il dettaglio più raccapricciante: «Dopo tutta una serie di test, spiega il comandante provinciale della Guardia di finanza di Gorizia Antonino Magro, «i dispositivi hanno evidenziato una protezione solo del 10 per cento, quindi il rischio per gli operatori sanitari è elevatissimo». Da qui l'esigenza di toglierle tutte e subito dalla circolazione. All'epoca La Verità aveva chiesto all'ufficio stampa di Arcuri se l'ex commissario intendesse attuare provvedimenti cautelativi. E la risposta fu questa: «La struttura del commissario non c'entra nulla con l'autorizzazione sanitaria o con la qualità delle mascherine, quella viene sottoposta agli enti che si occupano di questo aspetto prima che venga effettuato l'acquisto, per cui non è che prima si comprano le mascherine e poi si portano al Cts. Sono certificate quando vengono proposte, vengono valutate da più istituti e poi vengono acquistate». Le indagini ora si sono concentrate anche sui prezzi. «Stiamo facendo anche queste verifiche», spiega il colonnello Magro, che annuncia: «Si è anche inteso avviare degli approfondimenti inerenti la spesa pubblica. Non sono in grado di commentarla questa indagine, ma ha del clamoroso perché effettivamente sono mascherine destinate al nostro sistema sanitario». E se al momento il reato contestato è «la vendita di prodotti industriali con segni mendaci», punito con due anni di carcere (la Procura di Gorizia per ora ha iscritto l'indagine a carico di ignoti), presto il reato potrebbe trasformarsi in quello più grave di frode in pubbliche forniture.