2022-09-05
Maurizio Lupi: «La sinistra punta all’ingovernabilità»
Maurizio Lupi (Imagoeconomica)
Il leader di Noi moderati: «Mai vista una forza politica che non vuole vincere ma rendere l’Italia ingestibile. I patti di unità nazionale? Un’eccezione. Contro il caro bollette l’Ue usi i fondi regionali come contro il Covid».«Ripartiamo dagli studenti e dalle famiglie. E, oltre alle bollette, torniamo a parlare di natalità. Perché il nostro futuro passa da lì». Maurizio Lupi, leader di Noi moderati, vale a dire il «centro» del centrodestra, affronta il tema dell’emergenza gas, il ruolo dell’Europa, le sanzioni, ma decide di partire dalla gioventù. Mica vorrà sbarcare anche lei su Tik Tok?«Non lo uso, e non amo parlare ai giovani come fossero animali da circo. Mi limito a dire ciò che penso da anni: dobbiamo fare attenzione, anche nei momenti più difficili come questo, a non dimenticare di valorizzare l’educazione e la cultura. Temi cruciali, ma assenti dal dibattito». Eppure non si contano le proposte dedicate ai ragazzi…«Non venitemi a dire che il problema dei giovani è avere il voto a 16 anni o una dote economica a 18. Serve ben altro. Le famiglie che investono nella formazione dei figli danno un contributo all’intera società: dunque quelle spese devono essere integralmente dedotte fiscalmente, dall’asilo all’università».Un tema dimenticato?«Anche dopo l’assegno unico, spendiamo per la famiglia e per la natalità 12 miliardi in meno rispetto alla media dei Paesi europei. Eppure, in questa campagna elettorale parliamo di tutto, tranne che di natalità…».Comprensibile. Le bollette alle stelle hanno inevitabilmente monopolizzato l’attenzione. «Questa crisi è peggiore del Covid, non c’è dubbio. E riconosco anche che tutti, a cominciare da chi governa l’Europa, hanno commesso l’errore di sottovalutare il problema energetico. Procediamo per sottovalutazioni, come accadde per la pandemia, e poi per la crisi in Ucraina». Un’Europa ancora una volta distratta?«Volevano convocare il tavolo di crisi addirittura a ottobre, quando le imprese in apnea contano i giorni, non certo le settimane. Una bufera che travolge tutti, dal panettiere, all’imprenditore, al commerciante: tutta gente che in queste ore sta pensando di non aprire la saracinesca, perché vorrebbe dire lavorare in perdita». Dunque? Dove troviamo i fondi per sostenere l’industria? «Dobbiamo chiedere all’Europa di poter attingere immediatamente ai fondi europei a disposizione delle Regioni, come fece in occasione della pandemia. Sono soldi già pronti: usiamoli subito». Tassare gli extraprofitti delle aziende energetiche non risolve il problema?«Il punto non è tassare gli extraprofitti, ma chiedersi da dove arrivano. Indagare sulla dinamica di formazione dei prezzi. Interrompere il meccanismo perverso che lega il gas all’energia elettrica. Un meccanismo su cui prospera la speculazione finanziaria». Dopo quello sul petrolio, l’Europa sarebbe pronta al tetto sul prezzo del gas. La Russia per tutta risposta chiuderà i rubinetti per vendere il metano a qualcun altro? «C’è questo rischio, e perciò serve un piano europeo, sul quale siano tutti d’accordo. Scontiamo errori del passato: per perseguire una politica energetica sbagliata, ci siamo legati mani e piedi alla Russia, trascurando il Mediterraneo». Il tetto politico al prezzo del gas prevederebbe necessariamente uno scostamento di bilancio. Fa bene Draghi a opporsi, temendo l’impennata dello spread e dell’inflazione? «La cosa più logica da fare è un debito comune europeo, per dare risposte più concrete e affidabili in tempi di emergenza». Purché l’Unione Europea non si arroghi il diritto di chiederci il conto, magari con una tassazione comunitaria. «L’Europa nasce sull’aiuto reciproco in materia di acciaio e carbone. Torni allo spirito originario, quello che puntava al benessere generale nel rispetto dei diritti individuali». A proposito di solidarietà europea: forse i Paesi «frugali», che sul gas si stanno arricchendo, dovrebbero fare qualche sacrificio per calmierare il prezzo? «Sì, e con l’Olanda e la Norvegia bisognerebbe alzare la voce. Se abbiamo fatto la scelta di schierarci con l’Ucraina contro l’invasore russo, dovremmo avere a livello comunitario la capacità di affrontare la crisi compatti. Se ognuno va per conto suo, anche la scelta pro Ucraina diventa più debole. E il risultato è che siamo ancora più ricattabili dalla Russia». Le sanzioni non si devono ridiscutere?«No, ma credo che dietro le sanzioni sarebbero dovuto esserci dei piani d’emergenza. Delle strategie precise. Era prevedibile una reazione di Vladimir Putin sul piano energetico, ma sembra che molti siano stati colti di sorpresa. Temo che l’Occidente abbia scelto le sanzioni senza convinzione, e dunque mancano quei piani indispensabili per affrontare le conseguenze di certe scelte. Mentre si va allo scontro con Mosca, peraltro, nessuno ha intavolato un dialogo serio con la Cina e il continente africano. Resteremo sempre atlantisti ed europeisti, ma ammetto che errori ci sono stati. Eppure siamo ancora in tempo per raddrizzare la barra, magari con meno retorica e più concretezza». La transizione ecologica rischia di essere una zavorra che ci trascina ancor più a fondo?«Qualche giorno fa Ursula von der Leyen in Slovenia ha detto che con il “green deal” rischiamo una duplice dipendenza: dalla Russia per il gas, e dalla Cina per le rinnovabili. Se le materie prime delle batterie arrivano dall’Oriente, ecco che ti esponi a un’altra forma di subalternità. I vertici europei lo scoprono solo oggi: anche su questo punto non sono stati esattamente lungimiranti». Perché ha detto che senza Noi moderati non si governa? «È un modo per dire che il centrodestra senza centro non può esistere. Senza concretezza e cultura di governo non si va lontano. E noi moderati siamo qui per questo. Questo lo pensavo quando militavo in un partito che aveva il 40%, e lo penso adesso che puntiamo al 3». Un centro ci sarebbe già: il terzo polo. «Si autoproclamano “centro autentico”, ma è solo presunzione. Come la rana della favola, Carlo Calenda e Matteo Renzi gonfiano il petto, si considerano i più bravi e i più competenti. Ma a furia di gonfiarsi il petto prima o poi scoppieranno». Puntano al 10% per bloccare il centrodestra al Senato. «Non ho mai visto una forza politica che anziché candidarsi a governare il Paese, insegue al contrario l’ingovernabilità. E lo ammette apertamente. Vogliono il ritorno di Mario Draghi, le maggioranze Ursula, l’unità nazionale perpetua. Io credo invece che i governi di unità nazionale debbano essere l’eccezione alla regola democratica. Dal 2013 non abbiamo una chiara maggioranza politica: e questa è una debolezza, non certo una forza». Il fondatore del Pd, Romano Prodi, ha detto che con il centrodestra al governo avremo uno Stato meno liberale. «Questo è il difetto di fabbrica che la sinistra si porta dietro da trent’anni: considerare gli avversari come il male assoluto da abbattere. Prima il mostro era Silvio Berlusconi, poi Matteo Salvini, adesso Giorgia Meloni. Ecco, usare la paura è un metodo tipico delle ideologie, e delle proposte politiche deboli. E poi trasformare la campagna elettorale in una scelta “buoni contro cattivi” lo considero un torto a tutti gli italiani, perché nuoce all’immagine del Paese all’estero». C’è la gara a intestarsi l’eredità di Draghi. «Al Meeting di Rimini, il premier ha affermato che qualunque scelta faranno gli elettori, l’Italia sarà guidata da un governo autorevole. Anziché limitarsi a tirare Draghi per la giacca, la sinistra dovrebbe anche ascoltarlo, ogni tanto». Sosterrete il nome Giorgia Meloni per Palazzo Chigi?«Anzitutto chiediamo agli italiani di dare un peso politico forte alla componente moderata all’interno della coalizione. Per il resto, credo sia giusto che il leader più votato dell’alleanza venga indicato alla presidenza del Consiglio. Abbiamo già adottato questa regola in passato, quando il nome era quello di Berlusconi e poi di Salvini: non ci sono ragioni per adottare un altro criterio con Giorgia Meloni». Se Fratelli d’Italia farà il pieno di voti a spese degli alleati, non c’è il rischio che Forza Italia e Lega guardino più verso il centro, piuttosto che inchinarsi al ruolo di comprimari? «Non c’è questo rischio. Io mi occupo di dare forza alla nostra proposta politica, che considero un contributo di autorevolezza al centrodestra. Detto questo, quanti più voti incassa Giorgia Meloni, tanto più forte sarà la coalizione». Enrico Letta vi accusa di essere i rappresentanti dei no vax. Giorgia Meloni dichiara che non ci saranno più green pass. È d’accordo con lei?«Mi limito a dire che in futuro, da questo punto di vista, bisogna puntare di più sulla libertà e sulla responsabilità dei cittadini. Riproporre in autunno un altro lockdown sarebbe certamente una stupidata».