2023-02-26
Costanzo inventò la tv specchio della realtà dove tutti potevano dire qualcosa
Grazie all’infallibile intuito, rese celebrità degli sconosciuti. E il primo articolo della sua «costituzione» recita: «La sovranità appartiene al popolo dei telespettatori che la esercita come vuole».Maurizio Costanzo è stato, almeno in Italia, l’inventore di un nuovo modo di fare televisione: la tv specchio che ha riprodotto, specchiandola, di volta in volta, pezzi di realtà, di vita quotidiana, di cinema, di comicità, di riflessioni,di teatro, di arte, di politica, di drammi e successi della vita di singoli, spesso sconosciuti e poi, grazie al suo infallibile intuito televisivo, divenuti delle celebrità quando non dei veri e propri fenomeni televisivi come, per esempio, Vittorio Sgarbi.La tv specchio della vita. Ha scritto bene lo stesso Sgarbi: «Ha portato il teatro della vita in tv». E la vita è tutto, è un impasto, a volte un groviglio, un arabesco, non è mai un percorso: accanto al sublime, convive il pecoreccio; accanto all’uomo colto vive l’ignorante che comunque vive e ragiona, a suo modo, come quello che ha studiato. Ecco, Costanzo ha fatto parlare tutti in un mix che solo lui ha saputo cucinare con la maestria di chi inventa un genere, un linguaggio, un modo di fare televisione.Nella tv di Costanzo si specchiava tutta la realtà perché era uno specchio mobile, come gli specchietti retrovisori delle auto. A volte lo spostava verso l’alto, a volte verso il basso, a volte verso l’attore arcinoto e a volte verso il talento sconosciuto, a volte lo focalizzava su una causa giusta tipo la lotta alla mafia - che per un pelo non gli costò la vita -, a volte su personaggi eccentrici, inventori improbabili, casi umani di vario tipo.Per Costanzo, in tv doveva entrare la vita reale, tutta la vita reale e pensava, perché spesso me lo ha detto nei nostri frequenti dialoghi, magari anche solo telefonici, che tutti in tv dovessero avere legittimità a parlare. Non importava come lo dicevano - bene o male, in un buon italiano o in un italiano sgangherato -, l’importante è che lo dicessero perché il grande specchio, in quel momento, era tutto per loro.Fu criticato per questo da qualche «esperto» di tv che non ci capì niente. Tutta gente che ama parlare, a volte, del popolo, ma ama anche che il popolo, il volgo, non parli perché abbassa il livello della discussione, perché imbarbarisce la tv che deve essere pulita, oggi si dice politically correct. Costanzo era incorrect perché ha messo sempre insieme quello che, secondo molti, va tenuto separato. Il popolo va istruito, non ascoltato. È il popolo che deve ascoltare noi - pensano questi intelligentoni -, non noi il popolo. E, soprattutto, se lo si vuole ascoltare, lo si deve fare in separata sede, non mischiando - come ha sempre fatto Costanzo - il cosiddetto alto e il cosiddetto basso. Come se la vita non fosse tutto insieme e come se la tv non potesse rappresentarla tutta insieme così com’è, in uno specchio, appunto.Pur conoscendoci da fine anni Ottanta e pur non facendo io televisione, ci incontravamo non di rado e ci sentivamo. Era un grande ascoltatore. Era curioso di tutto, soprattutto nei territori che era meno avvezzo a frequentare. Quando, poi, cominciai, molti anni dopo, a fare tv, soprattutto alla sera, ci sentivamo più spesso e, comunque, prima di cominciare andai da lui a chiedere consiglio. Mi disse due cose: ascolta tutti, tanta gente, tante storie di tutti i tipi e sii te stesso. Il modello da seguire sei tu, come sei, stai attento perché il pubblico è sensibilissimo a come ti vede, non cercare di essere ciò che non sei, al pubblico non piace. «Vedi», mi disse «io ho la pancia, ma questo mi fa sentire più vicino al pubblico perché sono come molti di loro. Pensa al tuo pubblico, fottitene di tutto il resto che non conta nulla».Quanta ragione aveva. Io ho il pubblico in studio, ma gli ho sempre invidiato da morire il pubblico del Teatro Parioli. Non c’è altro espediente al mondo che il pubblico, la gente in studio per godere di quel calore e rendere la trasmissione uno specchio anche per chi vi partecipa direttamente. Perché non c’è artificio, c’è realtà. Tutto questo l’ho capito grazie a Maurizio Costanzo. E ho provato, e provo, non a imitarlo, ma a tenere sempre conto della sovranità che in tv spetta al pubblico.«La televisione è un mezzo per tutti, dove tutti possono avere la possibilità di parlare. La sovranità appartiene al popolo dei telespettatori che la esercita come vuole». Questo è il primo articolo della costituzione televisiva che ci lascia Maurizio Costanzo. Gli devo moltissimo e moltissimo mi mancherà.
La nave Mediterranea nel porto di Trapani (Ansa)