2024-08-02
Musk, Rowling, Navratilova: il match indigna il mondo. Meloni vede subito Carini
Angela Carini e Giorgia Meloni (Ansa)
Solidarietà globale alla pugile italiana. Il premier la rincuora: «Gara ad armi impari». Boldrini invece attacca: «Colpa della destra. Poteva vincere se non si ritirava».«So che non mollerai, Angela, e so che un giorno guadagnerai con sforzo e sudore quello che meriti. In una competizione finalmente equa» così il presidente del Consiglio Giorgia Meloni incontrando Angela Carini ritiratasi dal match con l’atleta algerino intersex, Imane Khelif, a seguito dei colpi «troppo forti al volto» inflitti dall’avversaria. Il premier arrivato a Parigi, a Casa Italia, non aveva risparmiato critiche al Comitato Olimpico Internazionale per aver riammesso in attività, e quindi ai Giochi olimpici, il pugile algerino iperandrogino. «Non sono d’accordo con la scelta del Cio, non lo siamo da anni, quando nel 2021 cambiò il regolamento su questa materia, noi presentammo una mozione per segnalare le conseguenze che poteva avere - ha ricordato Meloni. «È un fatto che con i livelli di testosterone presenti nel sangue dell’atleta algerina, la gara in partenza non fosse equa e penso che bisogna fare attenzione, nel tentativo di non discriminare, a discriminare». Anche il ministro delle pari opportunità, Eugenia Roccella, torna sul tema: «Tutta la nostra solidarietà ad Angela Carini, vittima di un’ideologia che colpisce lei e con lei tutte le donne. Oggi è una pagina nera per le donne, è una pagina nera per lo sport, e anche per la verità. Una verità che ancora questa mattina in tanti hanno provato a mascherare, affermando che Khelif sarebbe “sempre stata donna”, in quanto intersex». Ma «la persona che oggi ha ingiustamente vinto una competizione che di sportivo non ha avuto nulla, è una persona con cromosomi maschili, con corpo e fisicità maschili». E ancora: «Possiamo solo sperare che le lacrime che hanno riempito gli occhi di Angela Carini già dopo i primi colpi, possano servire alle altre atlete, e chiarire le idee a chi ancora fa finta di non vedere le nuove forme di ingiustizia a cui l’ideologia rischia di sottoporre le donne e tutta la nostra società». In Italia in molti hanno commentato l’episodio. Così il presidente del Senato, Ignazio La Russa: «Il suo ritiro le fa onore. L’aspetto in Senato per abbracciarla». Indignato il vicepremier Matteo Salvini: «Vergogna a quei burocrati che hanno permesso un match che evidentemente non era ad armi pari». Non solo Italia, perché il caso ha attirato l’attenzione del mondo intero. L’amministratore delegato di Tesla e X, Elon Musk, ha espresso sul social il supporto all’atleta italiana: «Gli sport da donne non appartengono agli uomini» in un post con l’hashtag «Sto con Carini». Per la scrittrice J.K. Rowling «a una giovane pugile è stato appena portato via tutto ciò per cui aveva lavorato e si era allenata perché avete permesso a un maschio di salire sul ring con lei. Siete una vergogna». E poi, pubblicando una foto di fine match: «Il sorrisetto di un maschio che sa di essere protetto da un sistema sportivo misogino e si gode il disagio di una donna a cui ha appena dato un pugno in testa e alla quale ha appena distrutto l’ambizione di una vita». Tra migliaia di messaggi, spiccano quelli di Martina Navratilova, leggenda del tennis e punto di riferimento della comunità Lgbtq. «Questa è tutta colpa dei dirigenti e delle persone al vertice del Cio: spero siate orgogliosi», scrive. «È deplorevole», aggiunge l’ex tennista, che rilancia altri post, come: «Un uomo in gara contro una donna alle Olimpiadi» e ancora: «Il momento in cui le Olimpiadi sono morte». Per la deputata del Pd, Laura Boldrini, è invece colpa della destra se Carini ha deciso di ritirarsi: «Era tanta e tale la foga di scatenare i peggiori istinti, di fomentare l’odio verso la comunità Lgbtq attaccando un’atleta perché non rientra nei loro canoni, che non si sono minimamente preoccupati delle conseguenze che tutto questo avrebbe avuto sull’azzurra che dicevano di voler tutelare». La dem continua: «Se non si fosse ritirata avrebbe anche potuto vincere» . Ma la paladine arcobaleno non è l’unica a mancare di empatia nei confronti dell’atleta italiana. Come lei, anche Vladimir Luxuria: «Adesso correranno da Angela per renderla simbolo ed eroina nazionale, magari cercheranno di candidarla. Diventerà un simbolo martire di questa ideologia gender inesistente. È la prima volta che c’è tutto questo trionfalismi per una che perde. Ricordo che è stata una sua scelta ritirarsi». «Il Comitato olimpico dell’Algeria (Coa) si pronuncia nei termini più forti contro gli attacchi maliziosi e non etici alla nostra illustre atleta, Imane Khelif, da parte di alcuni media stranieri», è la replica del comitato algerino a quanto è stato detto e scritto sulla sfida tra Khelif e Carini. Il Coa sottolinea che «considera del tutto ingiusto» il trattamento riservato alla loro atleta. Intanto c’è chi si muove a livello europeo. L’eurodeputata di Fratelli d’Italia- Ecr Elena Donazzan, ha presentato un’interrogazione alla Commissione Ue chiedendo come valuti questo episodio, quali misure intenda adottare per evitare ulteriori discriminazioni contro le donne nel mondo dello sport e se chiederà una revisione degli attuali protocolli.
Gli abissi del Mar dei Caraibi lo hanno cullato per più di tre secoli, da quell’8 giugno del 1708, quando il galeone spagnolo «San José» sparì tra i flutti in pochi minuti.
Il suo relitto racchiude -secondo la storia e la cronaca- il più prezioso dei tesori in fondo al mare, tanto che negli anni il galeone si è meritato l’appellativo di «Sacro Graal dei relitti». Nel 2015, dopo decenni di ipotesi, leggende e tentativi di localizzazione partiti nel 1981, è stato individuato a circa 16 miglia nautiche (circa 30 km.) dalle coste colombiane di Cartagena ad una profondità di circa 600 metri. Nella sua stiva, oro argento e smeraldi che tre secoli fa il veliero da guerra e da trasporto avrebbe dovuto portare in Patria. Il tesoro, che ha generato una contesa tra Colombia e Spagna, ammonterebbe a svariati miliardi di dollari.
La fine del «San José» si inquadra storicamente durante la guerra di Successione spagnola, che vide fronteggiarsi Francia e Spagna da una parte e Inghilterra, Olanda e Austria dall’altra. Un conflitto per il predominio sul mondo, compreso il Nuovo continente da cui proveniva la ricchezza che aveva fatto della Spagna la più grande delle potenze. Il «San José» faceva parte di quell’Invencible Armada che dominò i mari per secoli, armato con 64 bocche da fuoco per una lunghezza dello scafo di circa 50 metri. Varato nel 1696, nel giugno del 1708 si trovava inquadrato nella «Flotta spagnola del tesoro» a Portobelo, odierna Panama. Dopo il carico di beni preziosi, avrebbe dovuto raggiungere Cuba dove una scorta francese l’attendeva per il viaggio di ritorno in Spagna, passando per Cartagena. Nello stesso periodo la flotta britannica preparò un’incursione nei Caraibi, con 4 navi da guerra al comando dell’ammiraglio Charles Wager. Si appostò alle isole Rosario, un piccolo arcipelago poco distanti dalle coste di Cartagena, coperte dalla penisola di Barù. Gli spagnoli durante le ricognizioni si accorsero della presenza del nemico, tuttavia avevano necessità di salpare dal porto di Cartagena per raggiungere rapidamente L’Avana a causa dell’avvicinarsi della stagione degli uragani. Così il comandante del «San José» José Fernandez de Santillàn decise di levare le ancore la mattina dell’8 giugno. Poco dopo la partenza le navi spagnole furono intercettate dai galeoni della Royal Navy a poca distanza da Barù, dove iniziò l’inseguimento. Il «San José» fu raggiunto dalla «Expedition», la nave ammiraglia dove si trovava il comandante della spedizione Wager. Seguì un cannoneggiamento ravvicinato dove gli inglesi ebbero la meglio sul galeone colmo di merce preziosa. Una cannonata colpì in pieno la santabarbara, la polveriera del galeone spagnolo che si incendiò venendo inghiottito dai flutti in pochi minuti. Solo una dozzina di marinai si salvarono, su un equipaggio di 600 uomini. L’ammiraglio britannico, la cui azione sarà ricordata come l’«Azione di Wager» non fu tuttavia in grado di recuperare il tesoro della nave nemica, che per tre secoli dormirà sul fondo del Mare dei Caraibi .
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Il Comune di Merano rappresentato dal sindaco Katharina Zeller ha reso omaggio ai particolari meriti letterari e culturali della poetessa, saggista e traduttrice Mary de Rachewiltz, conferendole la cittadinanza onoraria di Merano. La cerimonia si e' svolta al Pavillon des Fleurs alla presenza della centenaria, figlia di Ezra Pound.