2023-11-13
Massimiliano Romeo: «Premierato sì, ma con l’autonomia»
Massimiliano Romeo (Ansa)
Il leghista: «La riforma darà stabilità al governo, però serve un contrappeso: bisogna valorizzare le Regioni. L’accordo con l’Albania? È falso che non ne sapessimo nulla, la trattativa è iniziata a Bruxelles mesi fa».Massimiliano Romeo, capogruppo della Lega al Senato: il premierato atterrerà prima a Palazzo Madama e non a Montecitorio. Dicono si tratti di un escamotage per tenere d’occhio la Lega sull’autonomia. Siete rimasti spiazzati?«Neanche un po’. Proviamo a spiegarlo all’opposizione, che su questo è in evidente stato confusionale. Abbiamo due grandi riforme nel programma: autonomia e premierato. Con la prima valorizziamo i territori; con la seconda diamo stabilità al governo. L’autonomia presto sarà approvata dal Senato e passerà alla Camera, mentre contestualmente il premierato inizierà l’iter a Palazzo Madama. Insomma, è solo un modo per evitare ingolfamenti».Quindi non ci sono problemi politici tra Lega e Fdi?«Problemi politici? Forse ci siamo già dimenticati cosa accadeva a sinistra ai tempi del Conte 2, quando ogni norma in consiglio dei ministri era approvata “salvo intese”. Che tradotto significa: oggi la approviamo, ma poi passano mesi senza decidere nulla. La nostra maggioranza non ha mai avuto di questi problemi».Si aspetta cambiamenti nella bozza di riforma?«L’importante è che vi siano i giusti contrappesi. Bene l’elezione diretta del premier, purché il Parlamento non ne esca depotenziato. Ma stiamo già andando nella direzione giusta. Garantire la stabilità di governo dopo le elezioni è essenziale. Ma capisco che il Pd sia contrario: da dieci anni perdono le elezioni e governano lo stesso…».Il premierato si aggancerà al sistema maggioritario?«Ovviamente sulla base della riforma bisognerà rivedere la legge elettorale. Occorre evitare quei ribaltoni che la gente non ha mai compreso. Le alleanze nate in Parlamento quasi mai si basano su un programma: di solito si fondano sulla volontà di escludere l’avversario dal potere. Se tuteliamo la volontà degli elettori, avremo buon gioco per vincere un eventuale referendum confermativo».Davvero?«È una riforma semplice, chiara e facilmente comprensibile. Non credo ci saranno problemi.»L’altro contrappeso al governo è rappresentato dai maggiori poteri concessi ai territori con l’autonomia?«Sì, con la valorizzazione delle Regioni. Ci accusano di voler spaccare il Paese, ma la verità è che senza il nostro progetto di autonomia nessuno avrebbe mai parlato dei “livelli essenziali” delle prestazioni. Siamo stati i primi a rimarcare i costi diversi da Regione a Regione, ad esempio sulle cure mediche».E le materie escluse dai cosiddetti «Lep»?«Pensiamo che per materie come ad esempio commercio con l’estero, professioni, protezione civile e altre che non richiedono l’individuazione dei Lep, l’autonomia possa già partire, senza aspettare tempi più lunghi».Rientra tra queste materie anche la gestione dei dissesti idrogeologici, come le alluvioni?«Con la competenza esclusiva del governo del territorio certamente. Succedono disastri sempre più spesso, e nessuno se ne prende la colpa. Parta subito l’Autonomia anche su questo, così da poter giudicare e valutare più chiaramente le classi dirigenti del territorio». È vero che gli alleati di Giorgia Meloni non sapevano nulla dell’accordo con l’Albania sui migranti?«A me risulta che sia una trattativa iniziata diversi mesi fa nella stessa Ue. In uno degli ultimi consigli europei, presente lo stesso ministro Piantedosi, s’era detto: lavoriamo per redistribuire i migranti, ma intanto ogni Stato può stringere accordi in solitaria con Paesi terzi. A Bruxelles erano tutti d’accordo su questo punto: dove sta il problema?»Forse nel fatto che ci sono diversi ostacoli tecnici, almeno sulla carta?«Ovviamente servono perfezionamenti, occorre una cornice giuridica. Vedremo i dettagli e ne discuteremo in Parlamento».Dunque il suo è un giudizio positivo sul protocollo italo-albanese?«Non mi piacciono le opposte tifoserie: da un lato quelli che parlano di “accordo storico”, dall’altro quelli che lo respingono in blocco. Vediamo se operativamente sarà utile. Di certo, se l’Albania ci dà una mano, è una buona notizia. Spero ci aiutino anche a trattenere in questi centri coloro che hanno commesso crimini, certamente certi personaggi non possono scorrazzare nelle strade italiane».I vostri avversari parlano di nuova Guantanamo in territorio albanese.«Sono in cattiva fede, il sistema dei Cpr prevede sostegno e assistenza. Con il Medio Oriente in fiamme e le piazze europee in cui si inneggia ad Hamas, oggi l’immigrazione non è più soltanto un tema sociale, ma una questione di sicurezza nazionale. Bene ha fatto il ministro Piantedosi a mobilitare 400 militari in più nelle stazioni ferroviarie, altri 1.400 ne arriveranno con la manovra. Il governo Conte Bis aveva tagliato i militari in strada, noi della Lega li abbiamo ripristinati».Il giurista Sabino Cassese ha detto che l’accordo con l’Albania è legittimo, e se il migrante abbandona irregolarmente quei centri, difficilmente potrà rientrare in Europa con spostamenti secondari.«Esatto, e questo è il vero deterrente agli arrivi. È un favore che facciamo anche agli altri Paesi europei, alcuni dei quali, peraltro, hanno già tentato la strada dei centri extraterritoriali. Persino alcuni Paesi a guida socialista ci hanno provato.»Qualcuno nel Pd vi ha messo in guardia: la magistratura potrebbe smontare l’accordo?«Se vogliamo davvero fare in modo che il principio dell’accoglienza venga coniugato con l’esigenza di sicurezza, tutte le istituzioni devono remare nella stessa direzione, per il bene di tutti. La grande maggioranza della magistratura italiana compie il suo lavoro con impegno e dedizione. Qualche singola toga cercherà di smontare i decreti dando interpretazioni prevenute e ostili al governo? Sarebbe un comportamento antinazionale, squalificante per la stessa magistratura. Per questo penso prevarrà il senso di responsabilità sull’ideologia».Anche la manovra economica non ha grandi slanci ideologici. Mancano i fondi.«Intanto sulle pensioni siamo tornati a quota 103 grazie all’intervento di Salvini, mentre l’obiettivo di legislatura resta quota 41 anni di contributi. Di certo, siamo riusciti a garantire più uscite entro la fine dell’anno. Basti pensare che avremo una platea di quasi 50.000 persone in più che tra il 2024 e il 2025 potranno andare in pensione proprio grazie a quota 103. Visto il contesto, di più non si poteva fare, almeno per il momento. È chiaro che ci sono alcuni dettagli da limare, come ad esempio la situazione dei medici, ma la speranza è che nel maxiemendamento del governo si introducano correzioni. E sono sicuro sarà così».Si aspettava di più per il ceto medio?«Senza toni trionfalistici, ma con concretezza brianzola, io giudico la manovra soddisfacente. Ha un grande respiro sociale: taglio del cuneo, taglio dell’aliquota per i redditi da 15.000 a 28.000 euro, quelli più colpiti dall’inflazione. Se aggiungiamo il bonus asili nido, gli incentivi alle imprese che assumono o ritornano dopo aver delocalizzato, direi che abbiamo fatto ottimi passi avanti. Una manovra di sostegno ai ceti medio bassi che la sinistra ha sempre desiderato realizzare, ma che in dieci anni non ha mai fatto».Perché avete avanzato un ddl per parametrare gli stipendi al costo della vita?«È una proposta della Lega che interviene sui trattamenti accessori, quelli che oggi vengono concessi per performance individuali o organizzative».Così torneranno ad accusarvi di voler dividere l’Italia anche sugli stipendi…«Qui stiamo parlando non della contrattazione collettiva nazionale, che non viene toccata. Parliamo della contrattazione di secondo livello ossia quella territoriale o aziendale: quella che il Cnel chiede di rafforzare, quella che Pd e Cgil fingono di non conoscere. Io la considero tutto sommato una proposta “federalista”».Volete tornare alle gabbie salariali?«Non parliamo necessariamente di nord e sud: c’è una evidente differenza di costo della vita anche nella stessa Regione, tra una grande città e un piccolo comune. Non è un caso che il 30% delle rinunce alle proposte di lavoro si basa sull’impossibilità di coprire il costo della vita. Non stiamo dicendo che la nostra è la soluzione impeccabile: vogliamo semplicemente sollevare il problema della qualità ed equità degli stipendi italiani. Discutiamone senza pregiudizi. Chi rifiuta a priori di parlarne, è staccato dalla realtà, o semplicemente vive sul pianeta Schlein».