2018-04-01
Martin Luther King arruolato
tra partigiani, migranti e ultrà europei
Esce con L'Espresso una surreale graphic novel che mescola il leader nero, l'Anpi, gli immigrati e l'Ue. Un frullato buonista che fa propaganda citando icone a caso. E che dipinge l'Italia come l'America della segregazione razzialeRicordate quando Martin Luther King fondò l'Unione europea insieme ai partigiani migranti? D'accordo, messa così sembra un po' uno di quei vecchi film nazionalpopolari: Zorro contro Maciste, Godzilla e King kong, Ercole sfida Mandrake. Ma è esattamente questa l'impressione che si riceve osservando, increduli, la locandina di presentazione de «Il sogno a colori», il racconto a fumetti di Mauro Biani e Carlo Gubitosa in uscita oggi su L'Espresso. Nella pubblicità che ne ha fatto in questi giorni Repubblica, disegnata dal vignettista del Manifesto, appare innanzitutto lui, il leader nero, in primo piano, con sguardo carismatico e braccia conserte. Dietro di lui, tre migranti e un bambino, sempre straniero. Tutti e quattro hanno però al collo il fazzoletto tricolore dell'Anpi. Ma non è tutto, perché uno degli immigrati tiene in mano una bandiera dell'Unione europea. Insomma, un frullato di buonismo senza senso. Mancano solo Gino Strada, i curdi, la Pimpa, e Roberto Saviano. Secondo il sito dell'Espresso, si tratta di un omaggio ai 50 anni dalla morte di Martin Luther King, «dove le parole del premio Nobel per la Pace, descrivono il lungo cammino del nostro paese ancora pieno di discriminazioni, senza accoglienza, senza integrazione, senza ius soli, verso una società integrata, verso quel sogno di cambiamento». La sensazione di straniamento non accenna a passare. Se abbiamo capito bene, Martin Luther King ci spiegherà l'Italia del 2018. Perché? Che senso ha? Nessuno, ovviamente, ma si sa che, in certi casi, tutto fa brodo. Bisogna approvare lo ius soli, lo ha detto anche Martin Luther King, chi siete voi per contraddire il martire dei diritti civili? Il titolo della graphic novel fa peraltro riferimento al celebre discorso di King del 1963: «I have a dream…». Il messaggio è chiaro: l'Italia di oggi è come gli Usa degli anni Sessanta, quella delle leggi Jim Crow, con i posti sugli autobus diversi per bianchi e neri, il matrimonio fra razze diverse proibito in ventuno stati. Il tutto con buona pace del senso della misura e della realtà storica. Vale inoltre la pena di ricordare che qualche tempo fa, in America, furono desecretati dei documenti riservati sulla vita privata del leader nero, in cui si parlava di sesso sfrenato, orge, prostitute, una possibile figlia segreta avuta dalla moglie di un noto dentista, persino una relazione con la cantante Joan Baez. Nel febbraio del 1968, si legge del documento, King tenne a Miami dei seminari, ma dietro le quinte c'era stata «ubriachezza, fornicazione e omosessualità». Prostitute bianche e di colore furono convocate nell'albergo per un'orgia durata tutta la notte nella quale «una varietà di atti sessuali devianti dalla norma» furono praticati. In un'altra scena di orgia a Washington nel '64 «molti degli astanti erano ingaggiati in atti sessuali naturali e non, e quando una delle prostitute si era rifiutata di prodursi in uno degli atti non naturali, il reverendo King discusse con altri della necessità di iniziarla a tale pratica». È bene specificare che, al netto della notoria infedeltà di King (che, ricordiamolo, era un pastore protestante), il resto dei dettagli piccanti è frutto di voci non verificate. Per lo più si tratta di accuse formulate dai suoi detrattori, che non hanno mai subito un contro esame. Ma il caso che ha investito Harvey Weinstein ci insegna che, in cose di letto e di relazioni con l'altro sesso, le verifiche sono superflue. Ed è bene sapere che, se vivesse oggi, è proprio così che sarebbe raccontato Martin Luther King sui media: come un maschilista, nemico delle donne e della loro dignità. Insomma, come un altro Weinstein. Ma le stranezze e le ipocrisie del patchwork buonista dell'Espresso non sono finite. Prendiamo i migranti partigiani ed europeisti. Almeno uno dei quali ha peraltro tratti arabi: chissà che non sia discendente di qualcuno dei milioni di musulmani che, durante la guerra, simpatizzarono apertamente per l'Asse. A meno che non ci si riferisca a qualche erede dei goumier inquadrati nel Corpo di spedizione francese in Italia, quello che in Ciociaria violentò e depredò tutto quello che si poteva violentare e depredare. Ma in tal caso non sarebbe un riferimento troppo felice. La verità è che mettere il fazzoletto dell'Anpi a degli africani significa solo inserire popoli, culture e tradizioni altre in una narrazione a uso e consumo dei «bianchi», usare lo straniero come un feticcio decontestualizzato, strumentalizzarlo ai fini di bassa cucina politica. Lo sfruttamento iconico del migrante «per sé» al posto della dignità del migrante «in sé». Quanto alla bandiera dell'Ue, basta fare un giro su Google e accostare il nome dell'Unione a quello di Biani: compaiono vignette in cui il drappo è rivisitato con il filo spinato al posto delle stelle, in un'altra c'è una mano scura che affonda nel mare tenendo stretto un bigliettino con su scritto «Welcome to Europe», e ancora, un disegno in cui due muri si dicono «il mio è più lungo del tuo», sempre all'ombra del simbolo dell'Ue. Ma insomma, l'organismo di Bruxelles è una macchina mangia migranti o il loro nuovo Eldorado? Chi ci capisce è bravo.
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