2023-03-19
Marcatura «a omo» tra Pd e 5 stelle per conquistare la piazza arcobaleno
Elly Schlein e Beppe Sala (Imagoeconomica)
C’erano Elly Schlein, Alessandro Zan e Chiara Appendino al presidio di Milano contro il blocco alla registrazione dei figli delle coppie omosessuali. Beppe Sala in ritirata: «Tocca al Parlamento». Show trash di Francesca Pascale con il redivivo Piero Ricca.«Giù le mani dai nostri figli». Detto da chi i figli li compra alle fiere dell’eugenetica all’estero invece di procrearli è già un ossimoro invalicabile. Ripetuto da chi, portandoli in Italia, è perfettamente consapevole di chiedere agli uffici di compiere un reato, dà la cifra dell’incoerenza che aleggia su una manifestazione molto milanese e molto arcobaleno. È organizzata dalle lobby transgender (Arcigay, Sentinelli) con il supporto della sinistra dei «diritti universali», quindi del Pd nouvelle vague di Elly Schlein al quale si è accodato il Movimento 5 stelle, per non lasciare spazi a sinistra nell’intestarsi ogni scaramuccia di facciata.Le prove tecniche del partito radicale di massa avvengono in piazza della Scala dove un migliaio di persone protesta per il blocco alla registrazione dei figli di coppie omogenitoriali deciso dal Comune dopo un warning della prefettura (quindi del ministero dell’Interno) e della Procura, pronta a denunciare per abuso d’ufficio i dirigenti firmatari di atti illegali.Sfidando le pernacchie di chi, come il Partito Gay, gli chiedeva «di riprendere le trascrizioni con un atto di disobbedienza civile», il sindaco Beppe Sala spiega dal palco di avere le spalle al muro. «Voglio che sappiate che sono sempre con voi, ma la battaglia va portata in Parlamento. Oggi, se registro e la Procura impugna, cosa dico alle famiglie? Sono disposto a riprendere i certificati di riconoscimento quando in Parlamento si riapre il dibattito». Traduzione: andate avanti voi, una denuncia penale non fa piacere a nessuno. L’incedere ondivago del Vanity sindaco è un segnale, a Sala non resta che protestare perché «la destra calpesta le istanze del Paese su una questione fondamentale».Una dichiarazione lunare ed esclusivamente politica, poiché le famiglie omogenitoriali in gioco sono una decina, il tema è residuale e il Paese reale - che non ha famigliarità con Alexandria Ocasio Cortez e le mode californiane - cammina dall’altra parte della piazza, osserva l’eccentricità del presidio, fotografa le biro a mano alzata e le penne di cartone (simbolo delle firme sospese), poi passa oltre grattandosi la pera.Ha visto Vladimir Luxuria tirare le fila della kermesse; ha visto Tiziano Ferro, Paola Turci, Alessandro Cattelan in un Gay Pride mignon; ha visto Francesca Pascale esibirsi in una rissa verbale con spintoni con l’immaginifico Piero Ricca, personaggio in cerca d’autore da 25 anni. Lui accusava lei di essere stata berlusconiana, lei replicava: «Sei un deficiente». Vette altissime di dialettica politica di due comparse che devono tutto al Cavaliere.È la sinistra in movimento, quella che conosce a fondo le priorità del Paese reale e che sta preparando una nuova offensiva alla Camera in perfetto stile Alessandro Zan. Come spiega Schlein, «ci stiamo muovendo per una nuova legge e c’è qui anche Zan per portare avanti in Parlamento le aspettative che sono emerse dalla piazza. Cioè di poter vedere riconosciuto per legge il diritto delle coppie omogenitoriali. Saremo al loro fianco come in piazza anche in Parlamento». Per non essere da meno, Giuseppe Conte ha mandato a Milano Chiara Appendino, che da sindaco di Torino fu la prima a riconoscere un figlio di genitori gay; sembra una marcatura a uomo fra squadre di calcio anni Settanta per un punto in più nei sondaggi settimanali. Lei coglie l’attimo e tuona: «Non scarichiamo sui piccoli il furore ideologico dei grandi».Così il «Giù le mani dai nostri figli», risuona nell’aria del Municipio 1, santuario del radicalismo meneghino. Potrebbe pronunciare la frase con qualche diritto anche chi, i figli, li ha dovuti tenere relegati in casa durante la pandemia con percentuali di mortalità da zero virgola; potrebbe ripeterlo chi è costretto ad annullare la Festa del papà per «non discriminare»; chi viene rieducato inconsapevolmente dalla Disney Lgbtq+; chi è invitato a effettuare la transizione sessuale a nove anni per eventualmente essere libero di cambiare idea a 15. Giù le mani dai nostri figli è uno slogan enorme, declinabile in mille modi, perfino imbarazzante per chi lo scandisce a senso unico in piazza della Scala.Chiamata in causa come la strega cattiva, la ministra della Famiglia, Eugenia Roccella, solleva un altro problema, centrale e dirimente. «Vorremmo vedere qualcuno manifestare anche contro il mercato dell’utero in affitto e dei bambini. Mi piacerebbe che a sinistra, tra persone così sensibili ai diritti, ci fosse qualcuno disposto a difendere dallo sfruttamento le donne che per motivi di bisogno e di povertà sono disposte a portare avanti una gravidanza e cedere il figlio».Il segretario di +Europa, Riccardo Magi, invita i figli di due padri a festeggiare due volte la Festa del papà. Roccella risponde: «Proponiamo per analogia che gli stessi bimbi, nella Festa della mamma, ricordino le mamme cancellate dalla maternità surrogata». È la parte più dolorosa. È una lacerazione sociale che nell’allegra piazza delle penne a sfera semplicemente non esiste.
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