2022-05-20
Manifattura, perso più di 1 miliardo
L’Italia, terza potenza europea, esportava in Russia il 16% dei prodotti. Ma le sanzioni hanno azzoppato soprattutto il settore dei macchinari, l’abbigliamento e il chimico.Prima dell’inizio della guerra, le aziende manifatturiere italiane esportavano il 16,2% dei loro prodotti in Russia. Ora, a causa delle sanzioni imposte dall’Ue verso Mosca, gran parte di quel fatturato non esiste più. Il dato viene dall’Osservatorio Mecspe. D’altronde basta dare uno sguardo al sito Infomercatiesteri della Farnesina per capire che alcuni settori sono stati spazzati via. Si tratta, per intenderci, di tutte quelle filiere che prevedono la trasformazione di materia prima in prodotto finito. L’Italia è una delle potenze manifatturiere europee (terza dopo Germania e Francia) e mondiali (settima). Numeri alla mano, secondo la Farnesina, nel 2021 abbiamo esportato in Russia macchinari per 2,1 miliardi, il che significa 175 milioni di euro di merce al mese. Visto che la guerra è iniziata circa tre mesi fa si può stimare che l’Italia abbia detto addio a 525 milioni solo in apparecchiature. Il secondo settore tra i più danneggiati è quello dell’abbigliamento, che nel 2021 valeva 862 milioni di euro di fatturato verso la Russia. Tre mesi di conflitto significano quindi altri 215 milioni di mancati ricavi. Lo stesso vale per i prodotti chimici, che come esportazioni l’anno scorso valevano 720 milioni di euro. Calcoli alla mano, si sta parlando di 180 milioni persi in un trimestre di guerra. Nel 2021 l’export verso Mosca delle apparecchiature elettriche e per uso domestico non elettriche pesavano 461,5 milioni di fatturato generato con il mercato russo: circa 115 milioni in tre mesi di guerra. Già solo considerando questi settori siamo oltre il miliardo di mancato fatturato. La lista può essere ancora lunga, con 425 milioni di prodotti alimentari esportati in Russia nel 2021, 106 milioni di mancato fatturato in tre mesi di crisi. Mancano all’appello anche i prodotti farmaceutici (194 milioni di esportazioni nel 2021, 48,5 milioni di merce in tre mesi), i prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi (162 milioni nel 2021, 40 milioni in tre mesi di guerra), i prodotti elettromedicali (147 milioni in un anno, 36,7 milioni in tre mesi) e la produzione di mezzi di trasporto come navi, yacht, aerei o treni che nel 2021 abbiamo esportato in Russia per un valore di 105,6 milioni di euro, circa 26,4 milioni in tre mesi. Si capisce, insomma, che la guerra sta costando moltissimo anche all’economia italiana. D’altronde, oltre ai mancati introiti per diversi settori manifatturieri che non possono esportare i propri prodotti verso il mercato russo, c’è anche da considerare il caro energia. Secondo una indagine dello Studio Temporary Manager, «il prezzo medio dell’energia elettrica a carico delle imprese italiane a marzo 2022 è cresciuto del 500% rispetto allo stesso periodo del 2021, con il prezzo unico nazionale dell’energia passato da 55 euro per megawattora a picchi di oltre 310, un dato in linea con Francia e Spagna, ma del 34% più alto della Germania e del 50% rispetto alla Polonia, aggravato dai maggiori oneri di distribuzione e imposte esistenti in Italia».Secondo l’indagine, a conti fatti, «tutto questo comporta per la manifattura italiana un significativo incremento di costi per la fornitura di energia, anche al netto degli interventi governativi, con stime che portano dagli 8 miliardi circa del 2020 a una spesa di 21 miliardi nel 2021, ma che potrebbe raggiungere quota 40 miliardi nel 2022 (+500% sul 2020)».