2019-01-07
Malta sui clandestini continua a fare furbate. E il Papa pretende di aprire gli altri porti
La Valletta da mesi dirotta in Italia i migranti. Matteo Salvini: «Mi spetta l'ultima parola». La sinistra s'affida al soccorso rosso di Jorge Bergoglio.Non c'è settimana senza una furbata di Malta. E non c'è domenica senza una predica di papa Jorge Mario Bergoglio sempre e solo sull'immigrazione. Cominciamo da Malta: ieri anche Il Fatto Quotidiano, che pure ha una linea assai diversa dalla Verità, ha correttamente riconosciuto ciò che questo giornale denuncia da tempo. I fatti si riferiscono ad agosto, al caso Diciotti, e al racconto di un superstite: «Quando i maltesi si sono avvicinati, eravamo contenti: immaginavamo che ci avrebbero soccorso». E invece? «Hanno detto che non ci avrebbero condotto a Malta, hanno aggiunto che avevamo sbagliato posto e che ci avrebbero fatto vedere la direzione per andare in Italia». Conclusione: «Di notte siamo stati abbandonati, il mare era molto agitato, la nostra barca imbarcava molta acqua e temevamo di affondare. Poi siamo stati avvicinati da una nave italiana che, senza chiederci nulla, ci ha salvati».Chi legge La Verità sa che, anche nei mesi successivi, episodi del genere si sono ripetuti. Da quando, quest'estate, forzando sul caso Aquarius, Matteo Salvini è riuscito a bloccare le grandi navi delle Ong, i trafficanti di uomini hanno cambiato tattica, facendo ripartire il viavai delle barche più piccole. Ricorderete che, da fine agosto, era infatti ripreso lo stillicidio degli sbarchi a Lampedusa. Piccole imbarcazioni, «casualmente» in difficoltà nei pressi di Malta, e altrettanto «casualmente» accompagnate verso l'Italia dalla Guardia costiera di quel Paese. A novembre, un episodio ancora più clamoroso: i maltesi intercettano una barca con 13 immigrati. Elementari doveri e rispetto delle regole dovrebbero indurre la Guardia costiera a scortarli nel porto sicuro più vicino, cioè nel territorio di Malta. E invece? E invece i maltesi finiscono per operare quasi da «vice scafisti», fornendo all'imbarcazione tutto il necessario per raggiungere l'Italia: una bussola per non sbagliare rotta, alcune taniche di carburante, dell'acqua, e - sembra uno scherzo - perfino giubbotti salvagente griffati «Mecca Marine», cioè l'azienda che produce uniformi e materiale per la Guardia costiera di Malta. Anche a novembre sono stati i superstiti a raccontare i fatti, una volta giunti a Lampedusa. La cosa curiosa è che, alle motivate proteste di Salvini, fece riscontro una surreale replica del ministro dell'Interno maltese, Michael Farrugia: «Malta ha sempre rispettato gli obblighi e il principio del luogo sicuro più vicino. Salvini dovrebbe capire che le barche di migranti in alto mare non sono sempre in difficoltà. Se le persone a bordo non vogliono essere salvate, nessuna autorità può impedir loro di continuare il viaggio. Malta ha fatto molto più del dovuto». Pistolotto difensivo che, se pronunciato in un'aula giudiziaria, non avrebbe giovato alla causa del maltese: non spiega il fattaccio dei giubbotti e della bussola, non spiega come mai abbiano considerato Lampedusa (anziché le loro coste) il porto sicuro più vicino, né sembra convincente dare una veste «umanitaria» a una furbesca azione quasi da scafisti di complemento. E, due mesi dopo, cioè ieri, anche il primo ministro maltese Joseph Muscat ha tenuto il punto, ribadendo che Malta non intende aprire i porti, e che non ha intenzione di «creare un precedente» accogliendo Sea-Watch: «Il governo deve trovare un equilibrio tra protezione di vite umane e proteggere Malta e la sua sicurezza, evitando che siano minacciate». Al maltese (e pure all'Ue) ha risposto Luigi Di Maio: «L'Italia i precedenti li ha creati per anni e ha accolto tutto quel che arrivava dal Mediterraneo, adesso Malta faccia la sua parte. Sul caso Diciotti questi signori li abbiamo sentiti dal giorno prima, non dal giorno dopo, mentre quando si parla delle imbarcazioni che stanno al largo di Malta sembra che Malta sia giustificata». Tornando all'Italia, secondo Di Maio, in materia di immigrazione «decide l'intero governo».Quanto a Matteo Salvini, ieri ha postato sia su Twitter sia su Facebook un articolo della Verità, commentandolo così: «Crollo degli sbarchi, meno partenze, meno tragedie nel Mediterraneo. L'ho detto per anni e sono contento di averlo fatto: stop alla mangiatoia sui clandestini, stop al traffico di esseri umani. Io vado avanti». Su Facebook Salvini ha anche risposto alla polemica dell'Ong Sea Eye che aveva detto: «L'Italia non è Salvinia». Il Ministro dell'Interno ha replicato così: «Fate quello che volete, ma per chi non rispetta le leggi, i porti italiani sono e rimarranno chiusi». Tornando alla politica e all'interlocuzione con il M5s, Salvini ha anche rivendicato a sé l'ultima parola in materia di immigrazione, parlando al Messaggero: «Giusto che Di Maio parli e che dica il suo pensiero. E va benissimo che parlino pure Roberto Fico e Alessandro Di Battista e che si discuta tra di noi e con il premier Giuseppe Conte, ma in materia di migranti quello che decide sono io». Detto di Malta, spostiamoci in Vaticano per l'Angelus di papa Bergoglio, dal copione prevedibile: mega appello a far sbarcare i migranti di SeaWatch e Sea Eye: «Da parecchi giorni 49 persone salvate nel Mar Mediterraneo sono a bordo di due navi Ong, in cerca di un porto sicuro dove sbarcare. Rivolgo un accorato appello ai leader europei, perché dimostrino concreta solidarietà nei confronti di queste persone».Non stupisce che, anche il giorno dell'Epifania, sia prevalsa una linea da Ong-onlus: con l'immigrazione che ha ormai sopravanzato qualunque altro tema nella scaletta mediatica del Pontefice. E non sorprende più nemmeno il silenzio, o anzi l'esplicito assenso, di chi - a sinistra e non solo - in passato era abituato a denunciare con forza le vere o presunte ingerenze vaticane nella politica. Ma per papa Bergoglio e la sua agenda immigrazionista, giornaloni (e laiconi di complemento) prevedono invece solo applausi.
Il fiume Nilo Azzurro nei pressi della Grande Diga Etiope della Rinascita (GERD) a Guba, in Etiopia (Getty Images)
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