2018-10-14
Effetto Riace: Magistratura democratica attacca Salvini ma si spacca in due su Lucano
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Doveva essere la stagione della riscossa della magistratura con l'arrivo dei 5 Stelle al governo. Invece i rapporti tra le varie correnti non sono mai stati così tesi, così come il dialogo con il ministro di Grazia e Giustizia, Alfonso Bonafede. Agli addetti ai lavori di Csm e Anm non è sfuggita l'intervista a Dimartedì di Piercamillo Davigo, ora consigliere a palazzo dei Marescialli, dove l'ex pm di Mani Pulite non ha fatto sconti a nessuno, in particolare a quella politica grillina che in questi anni lo ha assecondato più volte. Di sicuro la nomina di David Ermini, renziano di ferro, ex Margherita, alla vicepresidenza del Csm, non è stata digerita soprattutto dalla vecchia ala sinistra dei togati, quella Magistratura democratica che nelle ultime settimane ha iniziato a spaccarsi al suo interno sull'arresto del sindaco di Riace, Mimmo Lucano. In teoria la corrente di sinistra sta facendo una dura opposizione al ministro dell'Interno, Matteo Salvini, sin dai primi di settembre, dopo le prime indagini sul numero uno del Viminale per la nave Diciotti e le inchieste sui conti della Lega. Eppure sono spaccati al loro interno. Se ne è accorto il quotidiano Il Dubbio, che la scorsa settimana raccontava delle divisioni interne alla storica corrente delle toghe rosse. Del resto non si era mai visto che su un caso di cronaca di questo tipo si scatenasse una guerra a colpi di comunicati stampa e persino pubblicazione di intercettazioni, in contrasto con l'articolo 114 del codice di procedura penale, cioè al divieto di pubblicazione degli atti prima del dibattimento. La scorsa settimana infatti Il procuratore capo di Locri Luigi D'Alessio, iscritto a Md, ha pubblicato un comunicato lungo cinque pagine in cui oltre ad essere riportati ampi stralci delle intercettazioni telefoniche, ha criticato la decisione del Gip che ha ridimensionato le accuse nei confronti di Lucano, sindaco di Riace e ha anticipato l'intenzione di volersi appellare al tribunale del Riesame. Allo stesso tempo il sito di Magistratura Democratica Questione Giustizia, con il commento di Riccardo de Vido, presidente della stessa corrente, ridimensionava le accuse al sindaco ed anticipava di fatto l'esito del giudizio. «Crediamo che la lettura dell'ordinanza sia il miglior antidoto alla grancassa della speculazione che si è messa subito in moto, con il ministro dell'interno a chiedere «cosa diranno adesso Saviano e tutti i buonisti che vorrebbero riempire l'Italia di immigrati», si legge, e con il blog ufficiale di una delle due forze di governo a decretare «finita l'era del business dell'immigrazione». Dall'esame del provvedimento», scrive De Vido, «emerge che il giudice per le indagini preliminari ha escluso la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per le imputazioni di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale, concussione, malversazione a danno dello Stato, associazione a delinquere». Insomma Md, in barba a quanto deciso da uno dei suoi storici fondatori ovvero Armando Spataro, che a Torino, ha posto un freno alla pubblicazione delle intercettazioni sui giornali, pare celebrare un processo parallelo al suo interno. Non a caso l'ex consigliere del Csm, Pierantonio Zanettin, ora parlamentare di Forza Italia, ha presentato nei giorni scorsi un'interpellanza «per sapere quali iniziative, di propria competenza il Ministro intenda assumere, per contrastare la criticabile abitudine, alla quale pare non sottrarsi nessuno, magistrati compresi, di trattare mediaticamente i procedimenti giudiziari, dando vita ad una sorta di processo parallelo». Del resto, ricorda sempre Zanettin, il Parlamento non si è mai permesso di legiferare in materia di esternazioni dei magistrati, perché consapevole del difficile punto di equilibrio da raggiungere tra il dovere di sobrietà e riservatezza, imposto ai magistrati, il diritto all'informazione e di cronaca ed infine la libertà di opinione ed espressione, che viene garantita dalla Costituzione anche ai magistrati. «Per evitare dannosi conflitti finora ci si è affidati al self restraint dei singoli magistrati, ma gli abusi non sono mancati. Anche nella precedente veste di consigliere Csm, l'interrogante ha criticato varie esternazioni sui social network o le dichiarazioni di Nino di Matteo contro Silvio Berlusconi e Matteo Renzi». A palazzo dei Marescialli sotto la guida di Giovanni Legnini ci fu il tentativo di fissare linee guida, cui i magistrati dovrebbero attenersi nei rapporto con i media. La commissione incaricata era composta dal Presidente emerito della Cassazione, Giovanni Canzio, Francesco Giorgino e Gianrico Carofiglio e le sue conclusioni erano state approvate all'unanimità dal plenum del Csm. Ma ora è tutto dimenticato. Per attaccare Salvini vale questo e altro ancora.
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