2020-06-23
Magistrati e politici si spartiscono i posti
Altro che autonomia: le inchieste della Verità provano che non solo i giudici passano indisturbati dagli scranni in Aula, ma pure i parlamentari transitano dalle Camere al parlamentino (con biglietto di ritorno). Una cattiva pratica che unisce destra e sinistra.La cricca dei magistrati intrallazzoni non decideva solo le nomine ai vertici degli uffici giudiziari, come è ampiamente dimostrato dalle intercettazioni che abbiamo pubblicato nelle scorse settimane. Il gruppo di potere che si spartiva gli incarichi aveva agganci anche in Parlamento, al punto da poter influire sulle leggi in approvazione suggerendo quelle utili alle toghe o a una parte di esse. Non ci riferiamo ovviamente agli incontri tra Luca Palamara e Luca Lotti in cui si discuteva del futuro capo della Procura di Roma. Quella ormai è preistoria, vicenda assodata su cui si sono soffermati tutti e che all'ex capo dell'Anm è costata l'espulsione dalla stessa associazione che ha presieduto per ben quattro anni. No, parliamo dei contatti tra magistrati e politici avvenuti non nella sala da pranzo di un hotel, ma in luoghi più appartati, per poter esercitare pressioni allo scopo di ottenere che una norma fosse inserita all'interno di un provvedimento in via di approvazione. In cambio, la politica esercitava le sue pressioni per ottenere il via libera alla nomina ai vertici del Csm di un uomo di suo gradimento. Se l'ex responsabile Giustizia del Pd, Donatella Ferranti, magistrato che dopo un periodo in Parlamento è tornato ad amministrare la Giustizia, perorava la causa del compagno David Ermini come vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, ma anche quella di altri magistrati, poi alcuni giudici si facevano latori di messaggi per ottenere dalla politica un emendamento su misura. Giacomo Amadori e Fabio Amendolara su questo giornale hanno ricostruito il percorso di un provvedimento che doveva spianare la strada a chi era stato al Csm e voleva tornare al lavoro di magistrato, ma con un avanzamento di carriera. A dicembre 2017 infatti alcune toghe, tra cui lo stesso Palamara, trovano la via per inserire una norma nella legge di Stabilità. Vi state chiedendo che cosa c'entrasse il bilancio pubblico con le carriere dei magistrati? Nulla, ma come spesso accade la politica infila ciò che vuol nascondere in mezzo a tutt'altro, sperando che passi inosservato. E così è stato per l'emendamento che doveva permettere a Palamara e altri di saltare dalla poltrona del Csm a quella di capo di qualche Procura senza star fermo neppure un giro.A raccontare come andò, in un'intervista che pubblichiamo oggi, è l'ex deputato di Alternativa Popolare-Nuovo centrodestra Paolo Tancredi. Fu lui a presentare il famigerato emendamento che consentiva di assumere incarichi direttivi anche a quei togati che fino al giorno prima decidevano a chi affidare gli incarichi direttivi. Vi chiedete perché un ingegnere di Teramo esperto di logistica e di cuscinetti a sfera ha firmato una norma per favorire la carriera dei togati in servizio al Csm? A spiegarlo è stato lo stesso Tancredi che, interpellato dai nostri cronisti, ha raccontato di non aver saputo nulla di quell'emendamento fino al giorno in cui gli fu chiesto di metterci la firma, cioè di intestarselo senza fare troppe domande. Tancredi, che ora è uscito dal Parlamento, solleva il velo sugli scambi tra politica e magistratura, lasciando capire fino a che punto è arrivato il livello di compromissione. Altro che autonomia e indipendenza. Le porte sono girevoli. I magistrati passano dalla toga allo scranno in Parlamento e viceversa. E così pure i politici, che non diventano giudici, ma transitano senza soluzione di continuità da Montecitorio e Palazzo Madama al Csm, ovviamente con biglietto di ritorno. Maria Elisabetta Alberti Casellati, seconda carica dello Stato, avrebbe suggerito a Tancredi di far passare la norma che avrebbe potuto spalancare a Palamara le porte di una carriera ai vertici della Procura di Roma. Così per lo meno assicura oggi Tancredi nell'intervista che vi proponiamo. Il presidente del Senato nega di essersi mai occupata della faccenda, perché al Csm erano altre le cose da lei seguite. Una cosa però è certa ed è che il 29 dicembre di tre anni fa, mentre a Palazzo Chigi governava Paolo Gentiloni, cioè il Pd con i voti del Nuovo centrodestra di Angelino Alfano, l'emendamento passò con il voto di fiducia sulla legge di Stabilità. «Probabilmente era inammissibile, perché una norma ordinamentale non ha nulla a che vedere con le spese dello Stato», dice Tancredi. Ma guarda caso, fu approvata nell'indifferenza generale. Così magistratura e politica si spartivano - e probabilmente si spartiscono - i posti. Destra e sinistra uniti dalla toga.