2023-05-06
Macron ringhia su Roma perché è isolato nell’Ue. Già pronti i nuovi agguati
Il presidente francese cala nei sondaggi. Ma teme soprattutto le europee del 2024, che potrebbero incoronare il centrodestra. Da Parigi intanto non arrivano scuse.No, quella di Gérald Darmanin contro Giorgia Meloni e il governo italiano non è stata una voce dal sen fuggita né un passo falso casuale. C’entrano - come il direttore Maurizio Belpietro ha ampiamente spiegato ieri - le ambizioni personali del ministro dell’Interno francese e soprattutto i timori crescenti dei macronisti rispetto ai sondaggi che vedono in grande difficoltà il partito dell’inquilino dell’Eliseo, a fronte di una salita costante della lista di Marine Le Pen e Jordan Bardella. Da questo punto di vista, Emmanuel Macron è terrorizzato rispetto all’eventuale pieno successo dell’esperimento del governo italiano a guida Fdi: crollerebbe il teorema sulla sua indispensabilità, sul fatto che si debba «fare argine a destra» e che non esistano alternative.Ma - se possibile - il contesto che ha portato il ministro francese alla «sbroccata» dell’altro giorno è ancora più articolato, e non riguarda solo la Francia, ma un insieme di Paesi e di famiglie politiche che sono da tempo immemorabile egemoni in Europa e che ora si sentono mancare la terra sotto i piedi. Forse in Italia non è ancora chiaro a tutti, ma la posta in gioco alle elezioni europee del 2024 è storica. Non si tratta solo di registrare un punto in più o in meno per l’una o l’altra lista. Stavolta può invece succedere ciò che è stato sempre impensabile, e cioè che o i socialisti o i macronisti o addirittura entrambe queste forze finiscano fuori dal perimetro della nuova maggioranza a Bruxelles, o almeno (se anche questo non avvenisse in modo totale) che possano subire un potente ridimensionamento e una drastica marginalizzazione.Ponete che si realizzino simultaneamente - e può succedere - alcune delle cose che sto per elencare: che in Italia il partito di Giorgia Meloni confermi i sondaggi intorno al 30%; che Lega e Forza Italia consolidino i loro buoni risultati delle ultime politiche; che vada in porto l’intesa tra i Conservatori europei (Ecr) guidati dalla Meloni e il Ppe; che gli stessi leghisti, in una forma o nell’altra, rimanendo o meno legati al loro attuale gruppo, siano politicamente sempre più vicini al nucleo di centrodestra europeo che va formandosi; e ancora, che in Francia le liste di Emmanuel Macron siano sopravanzate da quelle dei suoi avversari di destra; che in Spagna Popolari e Vox colgano un chiaro successo (peraltro a Madrid, prima delle europee, ci saranno pure le elezioni politiche, che potrebbero segnare la sconfitta dell’alleanza di sinistra-sinistra tra Socialisti e Podemos); e infine che in Germania questi mesi di opposizione rivitalizzino la Cdu-Csu. Se queste cose (o molte di esse) avvenissero contemporaneamente, non solo - dopo le elezioni di primavera 2024 - ci sarebbe una maggioranza di centrodestra al Parlamento europeo, ma quella maggioranza potrebbe esprimere il vertice e la direzione politica della nuova Commissione. Di più: gli stessi equilibri nel Consiglio (l’organo dove sono rappresentati i capi di stato e di governo) cambierebbero clamorosamente. E per di più il perno politico della coalizione sarebbe rappresentato da Giorgia Meloni, che assumerebbe (come non è mai accaduto a un italiano) il ruolo della leader che dà le carte in Europa. Questa è la posta in gioco che sta terrorizzando socialisti e macronisti, da Parigi a Berlino a Bruxelles. Ed è per questo che, da qui a maggio-giugno 2024, contro il governo italiano c’è chi tenterà letteralmente di tutto. Correranno ad approvare una riforma truffaldina del Patto di stabilità, nel tentativo di ingabbiarci già dalla prossima legge di bilancio. Torneranno alla carica con la gabbia del Mes. È possibile che (nonostante gli eccellenti impegni assunti nel vertice europeo di febbraio, grazie al pressing della Meloni) l’Ue cerchi di traccheggiare sull’immigrazione, per lasciare Roma alle prese con un’estate difficilissima. Ancora: cercheranno di fiaccarci con le sette ecotrappole predisposte da Frans Timmermans (su casa, auto, pesca, allevamenti, coltivazioni, imballaggi, Ets). Morale (vale per le parole di Darmanin così come per ognuno dei dossier che ho appena elencato): ciascuna di queste partite non va considerata singolarmente, ma come parte di una strategia complessiva di logoramento. Aspettiamoci letteralmente di tutto, perché quelli che attaccano sono politicamente disperati.Tuttavia, sottovalutano alcune armi che sono nelle mani della Meloni: il suo consenso personale fortissimo, un rapporto fresco e solido con l’opinione pubblica italiana, e soprattutto il fatto che - essendo una donna libera - potrà al momento opportuno parlare e, se necessario, denunciare la mancata collaborazione sull’immigrazione o gli altri ordigni a orologeria preparati contro la proprietà, i risparmi e le imprese degli italiani. Il tempo dei governi italiani che dicevano sempre e solo sì è finito. E semmai - rispetto alla diatriba con Parigi - resta da capire cos’abbiano da dire coloro che avevano magnificato il Trattato dell’Eliseo. A proposito di Parigi, ieri il portavoce del governo francese, Olivier Véran, ha cercato di mettere una pezza: nelle parole di Darmanin, ha detto, «non c’era nessuna volontà di ostracizzare l’Italia». E ancora: «Con gli italiani si discute, adorano la politica, ma [...] vogliono essere lasciati liberi di assumere le loro scelte». E mancherebbe altro che non fosse così, come se Roma dovesse chiedere il permesso a Parigi. Dunque, lo strappo resta, anche perché non sono arrivate esplicite scuse, come ha fatto notare Antonio Tajani: «Il comunicato non è sufficiente perché non ci sono le scuse».
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